Mafie

L’appello alla politica di Maria Falcone: “A restare in carcere devono essere i boss che non collaborano”. Ma Salvini non capisce: “Cambiare la legge sui pentiti”

Nel giorno della Repubblica la sorella della vittima più illustre di Brusca lancia il suo appello al Parlamento: "Traduca lo sdegno espresso per la liberazione di Giovanni Brusca in un impegno reale per un’approvazione veloce della riforma della legge sull'ergastolo ostativo sollecitata dalla Corte Costituzionale". Il leader della Lega, però, insiste a proporre la modifica della legge sui pentiti

Un appello alla politica: mettere in sicurezza la legge sull’ergastolo ostativo ed evitare che in futuro escano dal carcere i boss delle stragi. Non quelli che hanno collaborato con la giustizia, come Giovanni Brusca, ma gli altri, gli irriducibili come i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano o Leoluca Bagarella. Maria Falcone sceglie il giorno della Repubblica per inviare il suo messaggio al mondo politico: mettere mano alla norma sull’ergastolo ostativo considerata incostituzionale dalla Consulta. Un pezzo di politica, però, sembra non capire. Matteo Salvini, come già aveva fatto ieri, invece di assicurare il proprio impegno sull’ergastolo ostativo rilancia la proposta di modificare la legge sui pentiti, voluta a suo tempo da Falcone. Una proposta che segnerebbe la fine della lotta a Cosa nostra ma che segue l’animato dibattito scatenato nei giorni scorsi dalla scarcerazione di Brusca.

Da collaboratore di giustizia il boss di San Giuseppe Jato ha ottenuto una serie di sconti di pena: dopo 25 anni di detenzione è tornato libero. Nelle scorse ore la sorella della vittima più illustre del boia di Capaci è stata tra le poche a mantenere lucidità: “Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge. Una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata”, ha spiegato commentando la scarcerazione di Brusca. Oggi Maria Falcone torna sul tema per lanciare un appello al mondo politico: “In questi giorni ho evitato sovraesposizioni mediatiche e dichiarazioni rabbiose rispettando una legge che è stata e continua a essere fondamentale nella guerra contro Cosa nostra, ma nessuno può essere più addolorato e indignato di noi davanti alla scarcerazione di uno degli individui peggiori che la storia del Paese abbia conosciuto. Ho ascoltato moltissime dichiarazioni di politici e assistito a un’ondata di indignazione dell’opinione pubblica che dimostra quanto la coscienza dei nostri concittadini sia mutata e maturata in questi 29 anni”, dice la presidente della Fondazione Falcone e Morvillo, riferendosi alle numerose polemiche. “Oggi – aggiunge – in un giorno tanto importante per la nostra Nazione in cui, come ha detto il capo dello Stato Sergio Mattarella, rinnoviamo la gratitudine a chi ha sacrificato la vita per l’Italia, voglio lanciare un appello alla politica affinchè traduca lo sdegno espresso per la liberazione di Giovanni Brusca in un impegno reale per un’approvazione veloce della riforma della legge sull’ergastolo ostativo sollecitata dalla Corte Costituzionale”.

In maniera semplificata funziona così: tutti i condannati al fine pena mai dopo 26 anni di carcere possono accedere alla libertà vigilata. Tutti, tranne quelli condannati per reati di mafia o terrorismo: per loro il fine pena mai vuol dire carcere a vita nel vero senso della parola. Solo che nelle scorse settimane la Consulta ha detto che quella norma – l’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario – è incostituzionale: il Parlamento ha tempo fino al maggio del 2022 per riscriverla. “Voglio dire a tutti i nostri parlamentari e a tutte le forze politiche molte delle quali peraltro votarono la legge sui pentiti voluta da mio fratello – continua la Falcone – che oggi hanno l’occasione per dimostrare che la lotta alla mafia resta una priorità del Paese e che possono, al di là delle parole, attraverso una normativa giusta, evitare scarcerazioni e permessi a boss che mai hanno interrotto il loro perverso legame con l’associazione mafiosa. La sorella del giudice assassinato spiega quale è il cuore del problema: “Concedere benefici a chi neppure ha dato un contributo alla giustizia sarebbe inammissibile e determinerebbe una reazione della società civile ancora più forte di quella causata dalla liberazione, purtroppo inevitabile, del ‘macellaio’ di Capaci. Il prossimo 23 maggio saranno trascorsi 30 anni dall’attentato in cui persero la vita mio fratello Giovanni, sua moglie Francesca, Antonio, Vito e Rocco: sarà il momento in cui tirare le somme sull’azione della politica nella lotta alla mafia e capire chi alle parole ha fatto seguire i fatti”.

Le parole della sorella del magistrato ucciso nella strage di Capaci sono chiarissime. Eppure la politica continua a essere concentrata su un altro punto che andrebbe in senso completamente opposto all’appello della Falcone: modificare la legge sui collaboratori di giustizia. Dopo i molteplici interventi di ieri, oggi Salvini è tornato a ripetere: “Questa è la legge ma nel 2021 si può aggiornare la legge. Chi ha sciolto un bambino nell’acido, non può passeggiare libero come se nulla fosse”. E ha aggiunto: “Sapere che oggi, nella giornata della festa della Repubblica, è a spasso libero e sorridente anche un delinquente, assassino, mafioso e spregevole personaggio come Brusca, non può essere l’idea di giustizia che abbiamo in testa. Chi ammazza deve stare in galera fino alla fine dei suoi giorni senza sconti e senza scorciatoie“. Solo ieri Piero Grasso ha spiegato cosa potrebbe succede se davvero Salvini e (ma anche i berlusconiani) “facessero quello che dicono, ovvero ridurre gli sconti per chi collabora con la giustizia: diminuirebbe l’incentivo a pentirsi”. L’effetto sarebbe paradossale: gli uomini che custodiscono i segreti delle stragi escono anche se rimangono muti, quelli che parlano invece rimangono in carcere. Una legislazione basata sul principio l’omertà.