La ricostruzione dopo il fascismo, il terrorismo, la lotta alla mafia, le grandi tragedie collettive come l’inondazione del Polesine, il Vajont, il terremoto del Belice. Ma anche le grandi riforme, il fondamentale ruolo delle donne, persino una citazione di Francesco De Gregori: “La storia siamo noi, nessuno si senta escluso”. Ed è proprio una storia della Repubblica italiana quella che Sergio Mattarella ripercorre nel suo discorso per il 2 giugno. Il referendum per scegliere tra l’attuale forma di Stato e la monarchia compie 75 anni, ma non c’è solo un anniversario tondo a rendere importante il discorso dell’inquilino del Quirinale. Facendo gli scongiuri, infatti, il Paese si appresta a imboccare la via d’uscita dalla pandemia. E quindi il capo dello Stato non ha potuto evitare un paragone tra ieri e oggi, volgendo sempre lo sguardo al futuro: l’ineludibile futuro al quale il dodicesimo presidente ha dedicato gran parte degli interventi più importanti dei suoi sei anni e mezzo di mandato.
“Ancora troppe ingiustizie” – “Sono passati settantacinque anni da quando, con il voto nel referendum del 2 giugno 1946, gli italiani, scegliendo la Repubblica, cominciarono a costruire una nuova storia. Anche oggi siamo a un tornante del nostro cammino dopo le due grandi crisi globali, quella economico finanziaria e quella provocata dalla pandemia. Come lo fu allora, questo è tempo di costruire il futuro“, è l’incipit dell’inquilino del Colle. Che non pronuncia un discorso dai toni esclusivamente entusiastici. Dopo 75 anni, Mattarella vede una Repubblica ancora “imperfetta” perché ancora oggi segnata da “troppe ingiustizie. Ancora diseguaglianze. Ancora condizioni non sopportabili per la coscienza collettiva, come l’evasione fiscale o le morti sul lavoro”. A questo proposiito il capo dello Stato ha ricordato l’ultima giovane vittima:” Il ricordo del “sorriso di Luana D’Orazio impegni tutti al dovere di affrontare il tema della sicurezza dei lavoratori con determinazione e con rigore”.
“Uguaglianza della Carta non ancora conquistato” – Ma la Repubblica è imperfetta anche per un altro motivo: non ha realizzato pienamente quello che era stato scritto sulla Carta. “C’è un articolo, in particolare, della nostra Costituzione, quello sull’uguaglianza, che suggerisce una riflessione su quanto sia lungo, faticoso e contrastato il cammino per tradurre nella realtà un diritto pur solennemente sancito. Questo principio, vero pilastro della nostra Carta, ha rappresentato e continua a rappresentare una meta da conquistare. Con difficoltà, talvolta al prezzo di dure battaglie. Per molti aspetti un cammino ancora incompiuto. Penso alle differenze economiche, sociali, fra territori. Penso alla condizione femminile, all’impegno delle donne per una piena, concreta affermazione del diritto all’uguaglianza”. Su questo punto, quello della disparità tra uomo e donna, il capo dello Stato insiste: “Non siamo ancora al traguardo di una piena parità. Soprattutto riguardo alla condizione delle donne nel mondo del lavoro, al loro numero, al trattamento economico, alle prospettive di carriera, alla tutela della maternità, alla conciliazione dei tempi. Permangono disparità mentre cresce l’inaccettabile violenza contro di loro“. Per questo lungo tutto il suo intervento il presidente cita Lina Merlin, Tina Anselmi, Nilde Iotti, l’astronauta Samantha Cristoforetti. E poi anche Liliana Segre: “Un lento accidentato cammino abbiamo vissuto per la piena affermazione della dignità della persona e dei suoi diritti, combattendo una difficile battaglia per sradicare ogni forma di discriminazione. Possiamo dire con orgoglio che, su questo versante, l’Italia di oggi, anche sul piano dei diritti civili, è più matura e consapevole, migliore di quella di settantacinque anni fa. Lo è anche grazie al valore della memoria raccontata da persone come Liliana Segre, instancabile testimone di civiltà e umanità”.
“Grazie alla marina che salva migranti in mare” – E a proposito di diritti Mattarella ha ricordato che “la Repubblica è umanità e difesa della pace e della vita. Sempre e ovunque. Come testimonia l’impegno della nostra Guardia costiera e della Marina militare per salvare la vita di persone spinte dalla disperazione alla deriva nel Mediterraneo”. Ma la Repubblica, dice l’inquilino del Colle, è anche legalità: “E mentre lo diciamo avvertiamo il dovere di fare memoria di chi ha pagato con la vita il proprio impegno contro le mafie. Quelli noti e quelli meno ricordati. Uomini dello Stato, semplici cittadini, esponenti politici, sacerdoti, giornalisti, che con il loro sacrificio hanno saputo dare speranza e coraggio a chi non si rassegna alla prepotenza criminale”.Non manca, dentro al discorso per il 2 giugno, un richiamo ai partiti: “La democrazia – avverte Mattarella – è qualcosa di più di un insieme di regole: è un continuo processo in cui si cerca la composizione possibile delle aspirazioni e dei propositi, nella consapevolezza della centralità delle persone, più importanti degli interessi. In questo cammino un ruolo fondamentale lo giocano i partiti, le forze sociali, i soggetti della società civile. A volte le istituzioni possono sembrare fragili, esposte a sfide inedite“.
“A salvare la democrazia fu la mobilitazione popolare” – Un cammino cominciato proprio con la scelta della Repubblica: “Si apriva una storia di libertà, dopo il ventennio della dittatura fascista. Storia di democrazia. Storia di pace, dopo la tragedia, i lutti e le devastazioni della guerra e dell’occupazione nazista. La nuova stagione era stata preparata negli anni più bui, dalle donne e dagli uomini che avevano mostrato il coraggio di resistere e di lottare. E che avevano iniziato, nello stesso tempo, a pensare come dar forma all’Italia libera. Da dove ricominciare, per rimettere in piedi un Paese dilaniato, ferito, isolato agli occhi della comunità internazionale”. È da qui che Mattarella ha iniziato per la sua celebrazione della Repubblica: “Dalle donne e dagli uomini della Costituente, dalla loro lungimiranza, dal coraggio con cui seppero cercare e trovare i punti di sintesi. Nei cinquantacinque giorni dopo l’eccidio di via Fani e il rapimento di Aldo Moro la Repubblica visse il suo momento più difficile. La risposta degli apparati dello Stato per molti aspetti apparve incerta di fronte all’attacco terroristico. A salvare la democrazia in quel passaggio drammatico, stringendosi intorno alle istituzioni democratiche, fu prima di tutto la straordinaria mobilitazione popolare. Il no alla violenza netto, forte, determinato dei partiti, dei sindacati, dei cittadini”.
“Il Paese non è fermo, con la pandemia riscoperto senso civico” – Per questo, come spesso fa nei suoi discorsi, Mattarella invita a guardare anche il bicchiere mezzo pieno: “La storia repubblicana è tutt’altro che una sequela di insuccessi: è la storia di una democrazia ben radicata e di successo. Risollevare il Paese, sgomberando le macerie materiali e morali che la Repubblica aveva trovato, portandolo a essere una delle principali realtà economiche e industriali del mondo, è stata una grande impresa. Un’impresa collettiva, risultato dello sforzo di tanti”. Qui il capo dello Stato ha ricordato che “qualcuno, a volte, manifesta l’impressione che questo spirito, che animò i costruttori di allora, sia andato smarrito. Che il Paese si sia fermato, imbrigliato da inerzie e pigrizie, bloccato da rendite di posizione, dall’illusione di poter sopravvivere seguendo la logica emergenziale del “giorno per giorno”. Per Mattarella quest’analisi è falsa: “Il Paese non è fermo. Affiora talvolta la tentazione di rinchiudersi nel presente, trascurando il futuro”. Per il presidente che tra le sue urgenze ha la preparazione all’ineludibile futuro “non può essere così“. Ma, prosegue Mattarella, “l’Italia, la nostra Patria, ha le carte in regola per farcela. Lo abbiamo visto anche nella lotta alla pandemia. Tra lutti e sofferenze, che mai dimenticheremo, abbiamo riscoperto il senso civico di chi si è trovato a operare nella frontiera più esposta, quella degli ospedali e delle strutture sanitarie, abbiamo apprezzato il sacrificio di chi ha lavorato nei servizi, per la pubblica sicurezza, nelle catene alimentari. Ci è apparso ancora una volta, in tutta la sua evidenza, il valore della scienza e la conseguente necessità di promuoverla e sostenerla”.
Ai giovani: “Combattete odio sui social” – Il capo dello Stato trova anche spazio per un riferimento all’Unione Europea: “Abbiamo una risorsa, grande, che proprio la Repubblica ha fatto crescere in questi decenni, muovendo dalla coscienza del male che è stato causa delle guerre e delle dittature. Questa risorsa, questo orizzonte, si chiama Europa. Una costruzione faticosa, che si è sviluppata in modo non sempre lineare. Talvolta minacciata da regressioni per illusori interessi particolari ma, nei passaggi più critici, capace di grandi rilanci. Come sta avvenendo”. L’Unione Europea, ha ricordato il presidente “è essa stessa – per noi – figlia della scelta repubblicana. L’Europa è il compimento del destino nazionale. E’ luogo e presidio di sovranità democratica. È un’oasi di pace in un mondo di guerre e tensioni. Il filo tessuto con il Risorgimento e la Resistenza ricompone qui la tela di una civiltà democratica che sa parlare al mondo, senza essere in balia di forze e potenze che la sovrastano”. In chiusura una richiesta ai giovani: “Impegnatevi nelle sfide nuove, a cominciare da quella della transizione verso un pianeta fondato sul rispetto dell’ambiente e delle persone come unica possibilità di futuro. Adoperatevi per trasmettere valori e cultura attraverso i nuovi mezzi di comunicazione. Per promuovere un uso dei social che avvicini le persone e le faccia crescere dal punto di vista umano e sociale, combattendo con determinazione la subcultura dell’odio, del disprezzo dell’altro”.