Ironico, graffiante, precursore dei tempi, Rino Gaetano ha lasciato un segno profondissimo nella musica italiana seppur abbia avuto un’esistenza breve. Il cantautore infatti è morto 40 anni fa, il 2 giugno 1981, in un incidente stradale a soli 31 anni. Rino Gaetano stava tornando nella sua casa di Roma e sulla via Nomentana, all’altezza di via Carlo Fea, all’improvviso (pare per un colpo di sonno) ha invaso con la sua auto la corsia opposta, mentre un camionista era in arrivo. Impossibile evitare l’urto. Quando i soccorsi sono arrivati, l’artista era già in coma. Al Policlinico Umberto I gli sono state riscontrate fratture varie. In assenza di un reparto adeguato per gli interventi d’urgenza, il cantante è stato trasferito al Gemelli dove è morto alle 6 del mattino. Un epilogo che in qualche modo è stato “predetto” da Rino Gaetano stesso, nove anni prima, in un suo brano intitolato “La ballata di Renzo”, dove raccontava di un uomo che venne rifiutato da tre ospedali e perfino dal cimitero, citando pure i nomi dei due ospedali romani che hanno rifiutato il ricovero a Renzo, esattamente quegli ospedali che non hanno salvato l’artista.
Rino Gaetano era un poeta ironico e giocoliere dalla forte teatralità, ha recitato anche in un piccolo ruolo in “Pinocchio” di Carmelo Bene. Un artista che ha creato una vera e propria frattura nella musica del nostro Paese perché non ha mai avuto maestri e non ha fatto parte di correnti già precostituite. Era lui stesso l’onda nuova di una corrente che non avrebbe poi avuto eguali. La musica italiana era politicamente impegnata negli Anni ’70, Rino Gaetano con il suo sguardo sensibile e a tratti disincantato ha affrontato le problematiche sociali ed esistenziali, raccontava gli operai ma anche la gente del Sud, toccando la storia ma anche la politica.
“Era un periodo di boom economico in Italia, che ci ricordiamo tutti quanti, c’era Paul Anka che faceva Diana, quell’altro che faceva un’altra canzone divertente, Morandi che faceva ‘Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte‘, oggi il latte costa troppo quindi non si può assolutamente parlare di queste cose qui – ha detto in una intervista radiofonica concessa ad Enzo Siciliano il 15 luglio 1978 – E si parlava d’amore. Invece, dal momento che il boom economico non c’è più, ci sono dei problemi e chiaramente io, come uomo, non sono cieco. Però, nello stesso tempo, cerco di scrivere canzoni evasive, ma non essendo cieco sono costretto purtroppo a scrivere e cantare canzoni come ‘Fabbricando Case‘, ‘Stoccolma‘, ‘Dans le château‘ e ‘Gianna‘”. C’era anche molto di personale nelle canzoni di Gaetano, nato a Crotone il 29 ottobre 1950, e trasferitosi con i genitori nel quartiere popolare di Monte Sacro a Roma, quando era ancora un bambino. Figlio di una sartina e di un portiere, vivevano in un seminterrato di un condominio e proprio tra quelle mura è nato uno dei suoi brani più amati, “Ma il cielo è sempre più blu”, uscito nell’estate 1975. Rino Gaetano viveva appieno la realtà del ragazzo di quartiere che piano piano diventava un artista popolare. Godeva dei suoi primi guadagnati con semplicità, comprando la lavatrice o frigorifero ai genitori.
Dunque la personalità di Rino Gaetano così marcata lo ha messo subito in contrasto con l’ambiente della musica italiana. Il suo anticonformismo e la sua cifra stilistica lo hanno posto subito come caposcuola di un qualcosa di “diverso”. Il debutto avviene nel 1973 con il 45 giri “I love you Marianna“, sotto lo pseudonimo salgariano di “Kammamuri’s“. Nel 1974 il primo album, praticamente ignorato, “Ingresso libero“. Nel disco c’è il brano “Agapito Malteni”, storia di un ferroviere che ha negli occhi il dramma dell’emigrazione. Intere famiglie che lasciano le proprie case per trovare fortuna in altri Paesi. Arriva il 1975 ed esplode “Ma il cielo è sempre più blu” sulle contraddizioni della società in cui viveva. A cui fa seguito un altro disco. “Mio fratello è figlio unico è un LP che si basa sul concetto dell’emarginato e dell’escluso. – ha dichiarato ad ‘Adesso Musica‘ nel 1976 – Penso al cane, chi meglio del cane (ritratto sulla copertina del disco, ndr) può incarnare la solitudine per eccellenza. Noi siamo come il cane, e cioè abbastanza avulsi dall’incontro umano, abbastanza soli, messi da parte”. Nel disco c’è il brano “Berta filava” che nel suo testo ha un significato radicato nell’attualità politica della metà degli Anni ’70. C’è chi ha visto in Berta Bert, il soprannome di Robert E. Gross, il fondatore della Lockheed, al centro di un grosso giro di tangenti internazionali. Ma c’è anche chi ha puntato il dito su Aldo Moro che tramava le alleanze con i partiti d’opposizione. Il santo messo sul rogo sarebbe il segretario del PCI, Enrico Berlinguer, alle prese con i militanti comunisti, insoddisfatti delle condizioni dell’accordo.
Nel 1977 esce “Aida” che si pone come unicum nella storia della musica italiana. Il brano infatti raccontava la storia dell’Italia del ‘900, ma Rino Gaetano la associava alla vita di una donna meravigliosa. Si toccano tantissimi temi come il nazionalismo, il conflitto mondiale del 10 giugno 1940 con l’annuncio di Benito Mussolini dal balcone di Palazzo Venezia, le campagne del Nord Africa, il periodo buio della storia italiana che lasciò “un paese diviso” e “più nero nel viso”. La sofferenza e l’assemblea costituente fino alla democrazia che forse rimane una illusione. Ha fatto molto discutere anche la canzone contenuta in questo disco “Spendi, Spandi, Effendi”. Il brano era dedicato alla crisi petrolifera degli Anni ’70. L’italiano medio pur di avere un “litro di oro nero”, sarebbe disposto anche a cedere la propria compagna “Cristina” al sultano.
Arriva poi la questione spinosa di “Nuntareggae più” del 1978 che Rino Gaetano voleva assolutamente portare al Festival di Sanremo ma è stato diffidato dai discografici. L’artista davanti a un muro di gomma ci era rimasto un po’ male. I discografici temevano che i temi politici toccati avrebbero potuto creare problemi alla sua carriera. Rino Gaetano aveva però messo le mani avanti già allora in una intervista in radio: “Credo che si rischi il qualunquismo quando uno attribuisce a una canzone l’effetto di un comizio politico. Questa è una canzone evasiva. Io non faccio commenti politici. Quando canto voglio cercare di fare l’evasivo in tutti i modi e di scrivere delle canzoni d’amore. Questa è una canzone d’amore per la nostra società”. Il titolo giocava sull’assonanza fra il genere musicale giamaicano e la coniugazione romanesca del verbo reggere e la canzone è una lista di personaggi che invadevano i media a quei tempi. Nel 1981 la magistratura scopre la lista della loggia massonica di Licio Gelli in cui ci sono alcuni nomi già citati da Gaetano nel 1978. Ancora una volta l’artista si è rivelato preveggente. Sempre nello stesso album c’è anche la canzone “Fabbricando Case”, una vera e propria denuncia contro la speculazione edilizia massiva tipica di quegli anni. Sempre in questo capitolo discografico è contenuto “Capofortuna” in cui l’artista punta il dito contro il politico che prima ammalia gli elettori con il suo stile elegante ma poi con il suo programma politico crea una frattura definitiva la gente. Un tema purtroppo che ricorre ancora oggi.
Il grande successo popolare e commerciale viene sancito da “Gianna”, presentata al Festival di Sanremo 1978 e arrivata al terzo posto con un grande successo di vendite. Un boom che Rino Gaetano però aveva vissuto male. Un brano che non lo rappresentava del tutto, soffrendo molto di questa cosa. Però il brano in quell’anno aveva dato uno scossone forte alla kermesse musicale. Rino Gaetano ha 28 anni ed entra in crisi, capisce di aver smarrito il suo percorso anche passando alla nuova etichetta RCA e collaborando con Mogol. L’album “Resta vile maschio dove vai?” del 1979 già dalla copertina evidenziava una frattura rispetto all’immagine conosciuta di Rino Gaetano. L’artista viene ritratto in mezzo a due bellissime donne seminude, lucide che si baciano. Nonostante poi si fosse ripreso con un altro singolo, sempre tratto dall’album, “Ahi Maria” il cantautore si era incupito. Il giocattolo si era rotto, non amava quel tipo di successo commerciale, soprattutto sembrava non divertirsi più. Nel bel mezzo del periodo di crisi tenta una strada diversa collaborando con Riccardo Cocciante e la band Perigeo. Nel 1980 esce quello che sarà purtroppo l’ultimo album della sua carriera: “Io non ci sto”. Non sapremo mai quel nuovo percorso artistico dove lo avrebbe portato. La discografia di Rino Gaetano rimane, a 40 anni di distanza, un vero e proprio testamento e anche un monito a rimanere vigili e a non farsi censurare. “C’è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio! Io non li temo. – spiegava con convinzione l’artista nel 1978, durante un suo concerto – Non ci riusciranno, sento che, in futuro le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni che, grazie alla comunicazione di massa capiranno che cosa voglio dire questa sera. Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale”.
RINO GAETANO, IL REGALO DI TVLOFT AGLI UTENTI DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT
TvLoft rende accessibile a tutti, abbonati e non, la puntata dedicata al grande cantante (la terza della serie, ndr) condotta da Andrea Scanzi in compagnia del giornalista Massimo Cotto e del cantautore Peppe Voltarelli. Cinquanta minuti interamente dedicati all’esistenza e ai successi di questo “alieno meraviglioso” raccontati in uno dei sette episodi di ‘Amici fragili’, il programma disponibile su www.tvloft.it. Oltre a Rino Gaetano, Scanzi ha ripercorso la vita e le straordinarie carriere di Fabrizio De André, Lucio Dalla, Giorgio Gaber, Pino Daniele, Ivan Graziani, Lucio Battisti intervistando chi li ha conosciuti e ci ha lavorato, avvalendosi dell’aiuto musicale de I Terza Corsia.
‘Amici fragili’ è un format realizzato da Loft Produzioni e pubblicato in esclusiva su su sito, app e smart tv di TvLoft con la direzione artistica di Duccio Forzano, la collaborazione di Matteo Corfiati, Matteo Billi, Simone Rota, Daniele Sanzone e la regia di Matteo Forzano.