Il problema della seconda dose era sorto quando era scoppiato il caso dei rari casi di trombosi indotti dal vaccino Astrazeneca. In alcuni paesi come Francia e Spagna la seconda dose per gli under 60 è prevista con un vaccino diverso anche se viene data la possibilità di fare comunque il richiamo con Astrazeneca.
Da diverse settimane si discute della possibilità di somministrare una seconda dose di un vaccino diverso da quello della prima dose. Il problema era sorto quando era scoppiato il caso dei rari casi di trombosi indotti dal vaccino Astrazeneca. Intanto sono stati avviati gli studi in alcuni paesi europei per testare il mix. Capofila della sperimentazione la Gran Bretagna, ma anche uno studio spagnolo ha recentemente confermato la “bontà” del mix. Ed è a queste ricerche che probabilmente fa riferimento il commissario per l’Emergenza Francesco Figliuolo rispondendo a una domanda durante la puntata di Elisir su Rai 3. “Ci sono studi avanzati sulla seconda dose eterologa, ovvero fare la prima dose con Astrazeneca e la seconda con Pfizer o Moderna” e “sembra che diano un’ottima risposta“. In alcuni paesi come Francia e Spagna la seconda dose per gli under 60 è prevista con un vaccino diverso anche se viene data la possibilità di fare comunque il richiamo con Astrazeneca.
La posizione dell’Ema – Sul punto si è espressa qualche giorno fa anche l’Agenzia europea per i farmaci. La possibilità di mixare vaccini diversi fra prima e seconda dose “è un tema molto importante che è in discussione adesso. Ci sono alcuni dati rispetto a questa possibilità, in particolare con AstraZeneca e un vaccino a mRna” per la seconda dose. “Uno studio è stato condotto in Uk e un altro dovrebbe dare risultati dalla Spagna. Ma non ci sono particolari preoccupazioni da un punto di vista della sicurezza e anche quei pochi dati che abbiamo visto mostrano che anche in termini di immunogenicità sembra un approccio efficace per generare una robusta risposta immune dopo una seconda dose di diverso vaccino. Comunque stiamo cercando di raccogliere più evidenze e di passare in rassegna gli studi per essere sicuri che questo approccio sia buono come sembra” aveva spiegato Marco Cavaleri, responsabile Vaccini e Prodotti terapeutici per Covid-19 dell’Ema.
Lo studio britannico e quello spagnolo – Ecco cosa dicono gli studi noti. L’utilizzo di un mix di vaccini anti Covid (AstraZeneca e Pfizer) – sperimentato in Gran Bretagna – appare in grado di produrre una frequenza leggermente maggiore di effetti collaterali non gravi “a breve termine”, ma non comporta “preoccupazioni per la sicurezza” delle persone. I risultati arrivano dal test preliminare condotto appunto nel Regno Uniito dai ricercatori del Com-Cov dell’Università di Oxford su 830 volontari dai 50 anni in su un cui estratto è stato pubblicato in una lettera inviata al Lancet. Il progetto dell’Università di Oxford – avviato a febbraio – è stato stato esteso per studiare anche l’interazione tra iniezioni di Moderna e Novavax (gli altri vaccini di cui il paese ha fatto scorta) con l’intento dichiarato di capire se il mix di vaccini possa favorire periodi più lunghi di immunità al virus.
Lo studio – sull’uso del vaccino a Rna messaggero e quello a vettore virale – non ha verificato sostanziale differenze tra la somministrazione di una prima dose AstraZeneca e un richiamo Pfizer e quella inversa. Le reazioni rilevate come più frequenti rispetto all’uso di una doppia dose dello stesso vaccino, con l’uno o con l’altro siero, riguardano fenomeni come mal di testa, febbre o affaticamento: ossia effetti collaterali base, limitati di regola a un giorno, e descritti come “lievi” (mild) o al massimo moderati. “I nostri risultati – aveva spiegato a Sky News uno dei coordinatori del trial, il professor Matthew Snape, pediatria e virologo a Oxford – indicano che mixare le dosi può comportare un incremento delle assenze dal lavoro di un giorno dopo l’immunizzazione. Ma è importante notare che non sono emerse preoccupazioni per la sicurezza (dei pazienti) e non ci sono segnali d’un impatto sulla risposta immunitaria”. Come a dire, che l’efficacia dell’incrocio dei due sieri non appare inferiore rispetta a quella garantita da una normale doppia dose del vaccino Pfizer o di AstraZeneca.
Uno studio clinico a cura dell’Istituto Sanitario Carlos III, un organismo pubblico spagnolo, conclude che somministrare il vaccino anti-covid di Pfizer come seconda dose a persone che hanno ricevuto la prima di AstraZeneca è sicuro e aumenta la risposta immunitaria. I responsabili del progetto lo hanno spiegato in una conferenza stampa ripresa dai media iberici. “Possiamo solo concludere che la somministrazione di una dose di richiamo è altamente immunogenica e sicura”, ha riassunto Jesús Antonio Frías, uno dei ricercatori responsabili dello studio, a cui hanno partecipato 673 volontari (221 come gruppo di controllo). Frías ha aggiunto che le “reazioni avverse” riscontrate sono “simili a quelle dei casi in cui è stato somministrato un unico vaccino” e “in nessun caso gravi”. Questa settimana è attesa una decisione da parte delle autorità sanitarie spagnole su come procedere con le persone che hanno meno di 60 anni e hanno ricevuto una dose di AstraZeneca prima che si decidesse di continuare con questo farmaco solo con gli over 60.
L’immunologo Abrignani: Mix può essere vantaggioso” – “Quello che ci aspettiamo è che la risposta” immunitaria indotta mixando tipologie diverse di vaccini anti-Covid, in particolare un vaccino ad adenovirus come AstraZeneca con uno a Rna messaggero come Pfizer/BioNTech o Moderna, “sia almeno uguale o anche migliore” dice Sergio Abrignani, immunologo dell’università Statale di Milano e componente del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza coronavirus, che prevede “entro l’estate” dati in grado di confermarlo. La risposta potrebbe arrivare “dalla sperimentazione Cov-Boost in corso in Inghilterra”. Il tema è tornato sotto i riflettori dopo che in queste ore il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa, Giorgio Palù, ha dichiarato che “due vaccini diversi inducono un’immunizzazione molto più efficace, con anticorpi 10 volte superiori rispetto a quelli che si hanno con le stesse somministrazioni”. E una sollecitazione a esprimersi su questo punto era stata indirizzata all’Agenzia europea del farmaco Ema dal premier Mario Draghi. “Immunologicamente, e parlo da immunologo – dice Abrignani – avere un innesco (priming) della risposta immunitaria con un tipo vaccino e un richiamo (boost) con un altro tipo, in genere, in base a quello che sappiamo su altri vaccini” contro malattie diverse da Covid-19, “in termini di reazione immunitaria è almeno uguale e spesso anche più vantaggioso. Addirittura – precisa – con certi tipi di vaccini adenovirali” non Covid, “è proprio raccomandato fare il richiamo con un prodotto diverso. È stato visto già 15 anni fa che fare il priming con un vaccino a base di adenovirus, che è esso stesso immunogenico ossia riconosciuto dal sistema immunitario, è molto più vantaggioso se poi viene fatto il richiamo con un vaccino diverso, ad esempio a Dna come era avvenuto in quelle ricerche”. Insomma, “la tecnica del ‘prime-boost’, innesco e richiamo, con due vaccini diversi è già sperimentata ampiamente. E anche con questi vaccini anti-Covid”, con il mix “quello che ci aspettiamo è che la risposta sia o uguale o migliore”.