Accedeva, “mediante un’attività costante di pressione morale, a tutta una serie di benefici economici” a spese di Gianni Vattimo, 85 anni, tra i massimi esponenti della filosofia postmoderna, il teorico del cosiddetto pensiero debole. E ci riusciva “approfittando della sua generosità” e della sua “fragilità psichica“, minacciandolo “di andarsene dall’abitazione presso la quale convivevano, intimandogli che lo avrebbe lasciato solo“. È la ricostruzione contenuta nella richiesta di rinvio a giudizio emessa dalla pubblico ministero di Torino Giulia Rizzo nei confronti di Simone Caminada, cittadino brasiliano di 38 anni, assistente e tuttofare che vive con Vattimo dal 2015 e lo segue in ogni sua attività. E con cui, nel tempo, il professore piemontese ha stretto un rapporto speciale, tanto da dedicargli la sua ultima opera omnia “Scritti filosofici e politici”, appena pubblicata dalla Nave di Teseo. Rapporto un po’ troppo speciale, secondo la Procura, che accusa Caminada di circonvenzione d’incapace (reato punito con la reclusione da due a sei anni) per aver indotto il datore di lavoro “a effettuare bonifici sul suo conto corrente per importi superiori di circa 19 mila euro all’ammontare della retribuzione dichiarata“.

Non solo: “Lo induceva a effettuare spese ingiustificate per quasi 60mila euro“, scrive la pm Rizzo, e otteneva la delega a operare sulla sua cassetta di sicurezza e su almeno tre conti correnti, convincendolo inoltre, a giugno 2017, “a stipulare una polizza assicurativa sulla vita da 415mila euro, di cui il 40%” sarebbero spettati al tuttofae stesso. Infine, nel 2018, sempre a seguito di presunte pressioni, Vattimo avrebbe disposto testamento a favore di Caminada “nominandolo erede dei beni (oltre alla moglie) e disponendo in favore dell’imputato orologi, opere d’arte, quadri, audio registrazioni e altri reperti di valore”, tra cui, su tutti, “il taccuino di Fidel Castro“. Il gip deciderà il prossimo 9 giugno se rinviare l’imputato a giudizio.

Per sostenere la tesi accusatoria, Vattimo è stato sottoposto a visite e colloqui di valutazione delle capacità cognitive. Il perito della Procura, lo psichiatra Franco Freilone, ha ritenuto che possa soffrire di un deficit psichico, senza però riscontrare “elementi psicopatologici di natura psicotica o ascrivibili a demenza, o comunque tali da suggerire una compromissione dell’esame di realtà“. Le lacune subdole della memoria e alcuni sintomi espressi durante i colloqui, tuttavia, hanno portato a ritenere che una patologia celebrale possa aver alterato la libertà di scelte e decisioni. Gli esperti della difesa, invece (lo psichiatra Danilo Bettonte e la psicologa Denise Bisanti) parlano di semplici, “lievi impacci cognitivi” dovuti all’età. Dai colloqui avuti nel 2019, riferiscono, Vattimo ha difeso le proprie scelte ribadendo “di non sentirsi vittima di una circonvenzione”, ribadendo “di non avere figli o eredi diretti e di essere intenzionato di lasciare quello che rimarrà a chi desidera“. “Una delle menti più brillanti del ‘900 non può essere ritenuta circonvenuta né circonvenibile” ha argomentato all’edizione torinese di Repubblica l’avvocato Andrea Ferrero Merlino, che assiste il factotum. “Riteniamo che tutte le accuse siano completamente infondate: Caminada ha agito sempre nell’interesse del filosofo, che ha sempre avuto un modo di vivere basato su gesti generosi e regali“.

“Questo ragazzo mi ha sempre trattato benissimo. Ha un regolare contratto da 1.300 euro al mese e adesso è accusato ingiustamente di cose assurde“, ribadisce lo stesso Vattimo in un’intervista a la Stampa. “Nessuna perizia ha mai certificato che io fossi un imbecille non in grado di intendere, Simone può dare conto di ogni singolo euro speso”. La spesa di 60mila euro che per la procura è “ingiustificata”, spiega, si riferisce “al pagamento della mia operazione alla prostata“. La polizza sulla vita da 415mila euro “l’ho stipulata io, in totale libertà e trasparenza”. E non è vero che l’assistente minacciava di andarsene di casa e lasciarlo da solo: “Qualche litigio c’è stato, non posso negarlo. Ma Simone non se n’è mai andato. Il problema è un altro: spesso davo denaro a persone vicine, che credevo amici. Simone cercava di limitare queste uscite, inimicandosi quelle persone. Le stesse che ora lo accusano e che hanno chiesto al tribunale di nominare un amministratore di sostegno. Io mi sento perseguitato“.

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