Nelle "raccomandazioni" per l'Italia compare un capitoletto dedicato alla misura decisa dal Governo per limitare l'impatto della pandemia sull'occupazione. Francia e Germania, dice Bruxelles non hanno adottato una misura simile e i loro risultati sono stati migliori. Landini: "Commissione dice bugie"
Campane a festa nei giornali degli imprenditori. La Repubblica e La Stampa degli Agnelli e il Sole 24 Ore di Confindustria. La Commissione Ue nelle sue raccomandazioni all’Italia tira una stoccata al blocco dei licenziamenti. Il provvedimento tende ad influenzare la composizione del mercato del lavoro più che a contenere la diminuzione dell’occupazione rischiando di diventare controproducente. Chi ha un posto fisso viene protetto tutti gli altri no. Bruxelles ricorda come un provvedimento del genere sia attualmente in atto solo in Italia e confronta i risultati ottenuti in Francia e Germania, migliori di quelli italiani nonostante non sia contemplata una misura analoga. L’Italia, si legge nel documento, dovrebbe puntare di più sulle tutele attive dei lavoratori più che del posto di lavoro. Il paragone con Parigi e Berlino pare un po’ azzardato, più in generale la Commissione non dice nulla di particolarmente nuovo. I toni del capitoletto dedicato al blocco non paiono peraltro particolarmente severi o ingiuntivi. Un buffetto più che una bastonata. Come sanno tutti, sia a Roma che a Bruxelles, non è qui che si giocano i destini del paese.
E’ noto che lo stop ai licenziamenti non ha evitato che la crisi si ripercuotesse sul mercato del lavoro, ha un poco attenuato la violenza dell’impatto. Non potendo licenziare (i lavoratori erano comunque pagati con la Cig e non dalle imprese), le aziende non hanno rinnovato i contratti a termine o non hanno rimpiazzato chi usciva dal mondo del lavoro per motivi di età. Tant’è che oggi gli occupati sono quasi un milione in meno rispetto a prima dell’inizio della pandemie. Con questi numeri è operazione logica piuttosto ardita sostenere che le aziende “non assumono perché c’è il blocco dei licenziamenti”, come ripete Confindustria.
Ad ogni modo, salvo sorprese, a giugno per l’industria e fine ottobre per i servizi, il blocco dei licenziamenti verrà tolto. Si spera che non si verifichi quello tsunami paventato dai sindacati, con stime che vanno dalle 500mila fino ai 2 milioni di posti persi. In parte perché gli organici sono già stati alleggeriti, in parte perché la ripresa sembra ben avviata. Al di là delle reali necessità produttive però la crisi è sempre, anche, un buon pretesto per licenziare e riassumere poi a condizioni più vantaggiose. Sta di fatto che anche Banca d’Italia si attende che la rimozione dei vincoli si tradurrà nella perdita di alcune centinaia di migliaia di posti di lavoro.
“Credo ci siano valutazioni diverse, non è una valutazione ufficiale della Commissione europea ma uno studio. Al di là di quella che è la valutazione sul blocco dei licenziamenti, oggi si sta discutendo della gradualità con cui superare il blocco una volta che questa scelta è stata compiuta durante la pandemia”. Così il ministro del Lavoro, Andrea Orlando.
Questa mattina il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini si è scagliato contro l’uscita della Commissione. Intervistato da La7 ha detto che le affermazioni dell’Unione europea sul blocco licenziamenti in Italia che potrebbe essere un danno per i lavoratori precari è una “bugia totale”. Landini ha aggiunto che “Il problema del nostro paese è che c’è troppa precarietà, non troppo poca“. Landini ha ribadito la richiesta di unificare le date per la fine del blocco dei licenziamenti al 31 ottobre facendo nel frattempo la riforma degli ammortizzatori sociali nella direzione di un “sistema universale”.