Maggio è finito, la scuola anche. Li abbiamo traumatizzati, li abbiamo stremati di verifiche? Li abbiamo aspettati al varco, di ritorno dalla dad, armati di fogli protocollo e sedie da collocare alla destra della cattedra? Evidentemente sì, perché sui giornali è tutto un fiorire di lettere indignate. Di alunni giustamente esausti, di genitori spossati e naturalmente di commentatori schierati. Quelli che “ma se non hanno fatto niente tutto l’anno cosa si lamentano”, quelli che “zitto lei, mio figlio è mesi che non alza la testa da un libro, si sta tramutando in un piccolo conte Leopardi”. Quelli che “la scuola è vecchia, muffita e gentiliana, possibile che siamo ancora a verifiche e interrogazioni? In Scandinavia è tutto diverso” e giù consigli, quelli che “non ha senso valutare adesso, chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, il dado è tratto”, e quelli che “ai miei tempi, signora mia”.
Perché sottoporci a questo rito collettivo delle interrogazioni di fine anno? Non potremo, chessò, passeggiare peripateticamente discutendo dei massimi sistemi? Potremmo. E’ solo che in classe abbiamo avuto alcune tipologie di alunni. Per esempio il Latitante. Il Latitante è stato difficilmente raggiungibile per tutto il tempo della dad. Ha preferito le gioie del piumone alla noia della lezione, per tacer dei problemi di connessione, e una volta tornato in carne ed ossa di fronte alla dura realtà si ritrova a dover saldare alcuni moduli, unità di apprendimento, capitoli, argomenti, insomma, gli mancano dei voti. Un sacco di voti. “Bocciate il reo!” potrebbe dire la folla. Ma la scuola ha bisogno di prove, per assolvere come per condannare, quindi voilà, cinque verifiche in una mattina.
Poi c’è il Recuperatore Seriale. Con o senza la pandemia, il recuperatore seriale ha tutti i voti necessari, ma non gli bastano a raggiungere la sufficienza. “Bocciate il reprobo!” urla la folla. La folla si divertirebbe molto a fare questo lavoro. Ma la folla non ricorda che per ogni argomento deve essere previsto un recupero, e se il recupero non è stato concesso la trista scure del ricorso piombi su di noi e con noi rimanga sempre. Quindi, voilà, altre tre interrogazioni a settimana.
Poi c’è il Sorprendente, quello che in dad ha mostrato un sospetto fiorire di competenze che, per puro compiacimento didattico, ci piacerebbe veder manifestate anche in classe. Non che il dubbio iniquo della scopiazzatura ci abbia mai sfiorati, ma solo per correttezza, giusto per avere una conferma… e quindi voilà, altri due compiti in classe che talvolta confermano ma talvolta ribaltano il risultato, come Borghese quando dà i voti ai ristoranti.
Infine c’è l’Itinerante. L’Itinerante magari ha cambiato scuola, città, paese, è arrivato tra capo e collo a metà anno scolastico, i voti della scuola precedente sono solo numeri e ci raccontano poco di lui e quindi, dovendo decidere del suo destino scolastico e dovendo avere delle prove concrete… voilà, un’altra gragnuola di voti è necessaria. Perché poi c’è lo scrutinio, quel momento in cui ogni numero deve avere uno spesso dossier alle spalle atto a giustificarlo.
Comunque maggio è finito. Sarà stato peggio, quest’anno, probabile. Ma maggio a scuola è sempre il più crudele dei mesi. Dai, ragazzi, che ce l’abbiamo fatta. Tanto poi si ricomincia, si sa che gli esami non finiscono mai. Nemmeno quando finisce la scuola.