Gianni Messa, 58enne di Pocapaglia, e Gerardo Lovisi, 45enne di Nizza Monferrato, si sono introdotti uno dopo l’altro nella cisterna forse per recuperare un attrezzo caduto e sono svenuti. I soccorritori li hanno estratti già incoscienti e hanno cercato di rianimarli, ma i tentativi sono stati inutili
Ancora morti bianche. Venerdì pomeriggio a Cossano Belbo (Cuneo) Gianni Messa, 58enne di Pocapaglia, e Gerardo Lovisi, 45enne di Nizza Monferrato, sono rimasti uccisi precipitando in una cisterna profonda alcuni metri nella storica azienda vitivinicola Fratelli Martini mentre la pulivano con azoto gassoso.
Per cause in corso di accertamento, forse per recuperare un attrezzo caduto, i due si sono introdotti uno dopo l’altro nella cisterna e sono svenuti. I soccorritori li hanno estratti già incoscienti e hanno cercato di rianimarli, ma i tentativi sono stati inutili. In azienda sono arrivati anche i carabinieri della Compagnia di Alba e gli ispettori dello Spresal dell’Asl Cn2. L’incidente si è verificato nel cuore delle Langhe cuneesi, in una storica azienda vitivinicola fondata nel 1947 e famosa nel mondo.
I sindacati parlano di “strage senza fine”, che “riporta sempre e comunque a fare i conti con il tema della (in)sicurezza sul lavoro”. E, in una nota congiunta, definiscono “inaccettabile che una persona esca di casa per andare a lavorare senza avere la certezza di tornare dalla propria famiglia”. “Quotidianamente i rappresentanti sindacali per la sicurezza (RLS) svolgono il loro compito all’interno delle aziende, lo fanno a volte con grandi difficoltà, ma con impegno e volontà limitano un problema enorme che necessariamente deve trovare una soluzione – scrivono Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil Cuneo -. Questo succede laddove il sindacato è presente, ma dove non c’è il tema della salute e sicurezza passa sistematicamente in secondo o terzo piano. Oggi tutti i livelli istituzionali sono chiamati a rispondere di quanto sta accadendo. In tutti i luoghi di lavoro devono essere applicate e rispettate le misure normative e contrattuali previste, altrimenti non si può più parlare di “incidenti sul lavoro”, ma di una strage consapevole che ha dei responsabili. Non possono più bastare le dichiarazioni di buone intenzioni e gli appelli, chi è demandato ad intervenire, deve farlo!”.