Via libera dal Consiglio dei ministri al decreto ponte sull’assegno unico, valido dall’1 luglio fino al 31 dicembre 2021 per chi non goda già di assegni familiari. La misura ponte – finanziata con circa 3 miliardi – prevede per le famiglie aiuti che andranno da un minimo di 30 euro a un massimo di 217,8 euro al mese per ciascun figlio. A quanto si legge in una bozza, ne avranno diritto i nuclei fino a 50mila euro di Isee. Le famiglie con Isee fino a 7000 euro avranno 217,8 euro a figlio se hanno almeno 3 figli. Cinquanta euro in più sono previsti per ciascun figlio disabile. Potrà accedervi chi paghi le tasse in Italia e sia qui residente da almeno due anni: sono ammessi cittadini italiani e Ue e titolari di permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca almeno semestrale.
“A luglio le famiglie inizieranno a beneficiare dell’assegno unico per i figli, una misura che abbiamo introdotto e finanziato con la scorsa legge di Bilancio durante la precedente esperienza di governo (oltre 3 miliardi nel 2021, il doppio nel 2022)”, scrive su Facebook l’ex premier Giuseppe Conte. “Oggi sono state finalmente adottate le misure attuative. Si tratta di un passaggio fondamentale che fa sentire la presenza dello Stato al fianco di ogni mamma e papà”, aggiunge il leader in pectore del M5s. “Dietro questo provvedimento ci sono i primi passi dei bambini, le prime aspirazioni dei nostri ragazzi e gli sforzi di ogni genitore: lo Stato non può che tendere la mano, deve sostenere e incoraggiare le famiglie. Senza esitazioni”, si legge ancora nel post. “Fin dal principio abbiamo creduto che questa riforma fosse un tassello fondamentale per realizzare una nuova idea di Paese: l’assegno unico per i figli è infatti un contributo tangibile, capace di entrare con forza nella vita delle famiglie, facendosi largo tra slogan rimasti inevasi dopo aver a lungo parlato di aiuti a madri e padri, di diritto al futuro dei più piccoli e dei giovani. Dobbiamo dare alle famiglie gli strumenti per costruire un’Italia diversa: con determinazione e coerenza, senza mai perdere di vista l’interesse del Paese”, conclude Conte.
Con l’assegno unico a lavoratori autonomi e disoccupati arriva anche l’aumento degli assegni famigliari dei lavoratori dipendenti. Il decreto ponte dispone – in attesa che l’assegno unico entri in vigore dal primo gennaio 2022 anche per i lavoratori dipendenti – un incremento di 35,7 euro mensili a figlio per i nuclei fino a 2 figli, di 55 euro per i nuclei di almeno tre figli. Questo aumento riguarderà circa 4 milioni di famiglie.
Dopo il periodo ponte l’assegno unico dovrebbe valere per tutti. Ma le risorse a disposizione – 20 miliardi tra nuovi stanziamenti e fondi utilizzati per altre misure come bonus bebè e detrazioni – non bastano per poter distribuire 250 euro per ogni figlio, la cifra promessa dalla ministra Elena Bonetti e dal premier Mario Draghi dopo l’approvazione del ddl delega in Senato. La legge, frutto della convergenza tra due proposte ad hoc del Pd e il ddl delega voluto dalla ministra di Italia viva, prevede un assegno per tutti i nuclei con figli a carico: la cifra sarà erogata a partire dal settimo mese di gravidanza e fino al compimento dei 21 anni, con maggiorazioni a partire dal terzo figlio e nel caso ci siano componenti disabili. La novità è che l’aiuto non andrà solo ai lavoratori dipendenti come gli attuali assegni familiari ma anche agli autonomi che finora erano esclusi e agli incapienti che non godono delle detrazioni perché, semplicemente, non pagano abbastanza imposte da poterne beneficiare. Queste categorie saranno le prime a riceverlo, già durante il periodo ponte.
Il problema è che includere categorie finora escluse complica i conti. In marzo uno studio del gruppo di lavoro Arel/Fondazione E. Gorrieri/Alleanza per l’infanzia aveva stimato che 1,35 milioni di nuclei rischiavano una perdita mediana di 381 euro. Una clausola di compensazione integrale delle perdite, che consentirebbe di scegliere il regime più favorevole, costerebbe 800 milioni. Da aggiungere ai 20 miliardi sul piatto al momento, due terzi dei quali sono coperture di provvedimenti che verrebbero aboliti e sostituiti dall’assegno.