Se una parte importante dei siti italiani che sono stati scelti dall’Ue per fare parte di Rete Natura 2000 in realtà è fuori dal sistema delle aree protette ed è gestita “con modalità opinabili o carenti”, al punto che numerose sono state le segnalazioni a livello comunitario, la gestione della natura all’interno di queste aree non è esente da condizionamenti politici. In occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente e della festa delle Oasi Wwf, l’associazione presenta un’analisi sulle aree protette italiane a trent’anni della legge quadro e apre un cantiere di lavoro per chiedere una moderna strategia di conservazione della natura, che vada ben oltre le aree già tutelate. La normativa del 1991, spiega l’associazione “ha certamente dato dei risultati” ma “inferiori rispetto a quelli attesi”: 871 aree protette realizzate per un totale di oltre 3 milioni di ettari tutelati a terra e circa 228mila ettari a mare, ma circa il 50% delle aree di Rete Natura 2000 non è tra queste. Non è abbastanza per raggiungere l’obiettivo europeo di avere il 30% del territorio e del mare tutelato entro il 2030.

A 30 ANNI DALLA LEGGE QUADRO – L’analisi, elaborata dal nuovo Centro Studi del Wwf, appositamente costituito e che coordinerà il cantiere di lavoro, parte dal presupposto che, già entro il 2020, si sarebbe dovuta realizzare una politica nazionale per le aree protette più organica e coerente, ma così non è stato. Dal ’91 ad oggi sono stati molteplici i tentativi di modificare la legge quadro in modo organico, ma sono andati tutti falliti, mentre si è intervenuto di volta in volta con norme diverse (come quelle finanziarie o quelle per le semplificazioni). “Queste modifiche – spiega il Wwf – soprattutto per i Parchi Nazionali, hanno alterato l’iniziale bilanciamento istituzionale tra competenze statali e competenze locali”. Oggi i Parchi Nazionali, così come quelli Regionali, hanno caratteristiche profondamente diverse tra loro, “frutto in larga parte di accordi politici e non già di rigorosa applicazione dei criteri d’individuazione previsti dalla Legge quadro”. Per il Wwf una “riclassificazione delle aree protette e di quelle di Rete Natura 2000 più aderente alle sei categorie fissate dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura” potrebbe creare un sistema più coerente.

I PARCHI PREDA DELLA POLITICA – Il WWF ha più volte denunciato uno spostamento della ‘governance’ dei parchi nazionali che ha indebolito le competenze statali in tema di conservazione della natura, così come sancite della Costituzione. “La modifica della composizione dei consigli direttivi da 12 membri (7 in rappresentanza statale e 5 locale) ad 8 membri (4 in rappresentanza statale e 4 locale), delle procedure di nomina dei presidenti, le designazioni e le nomine fatte dai vari ministri – segnala il Wwf – ha fatto scivolare le aree protette nell’orbita delle politiche e degli interessi locali, mentre è stata sempre ignorata la richiesta di procedere alla nomina dei direttori di Parco Nazionale e di Area Marina Protetta attraverso un concorso pubblico per titoli ed esami”. Spesso, in effetti, i ministeri hanno nominato presidenti che erano diretta espressione locale ed hanno designato come rappresentanti statali esponenti locali dei partiti della maggioranza di Governo pro tempore. “Ai rappresentanti della Comunità del Parco non sono richieste particolari competenze – si spiega nel rapporto – così non vengono designati esperti del territorio ma solitamente sindaci, assessori o consiglieri che, ai sensi dello statuto di tutti i Parchi, decadono nel momento in cui perdono tale carica”. Per spiegare gli effetti di questi cambiamenti, il report racconta la vicenda del Parco del Gennargentu (istituito e poi sospeso), quella dello Stelvio (tripartito tra Regione Lombardia e Province Autonome) e quello del Delta del Po “a cui si è tolta la prospettiva di parco nazionale”. E dà poi un quadro dei parchi nazionali non realizzati, nonostante gli studi fatti e le proposte di perimetrazione elaborate (Costa Teatina, Egadi, Eolie, Iblei e, più di recente, Matese e Portofino).

AREE MARINE PROTETTE, CENERENTOLE DELLA LEGGE QUADRO – Anche da questo nuovo rapporto del Wwf emerge, poi, come il punto di debolezza maggiore della legge quadro sia costituito dalle Aree Marine Protette. Le 27 aree marine protette e i 2 parchi sommersi tutelano in tutto circa 228mila ettari di mare. Solo il 4,53% delle acque territoriali è coperto da aree a vario titolo protette, da Aree Marine Protette o Siti Natura 2000, mentre gli obiettivi comunitari impongono di arrivare al 30% di mare efficacemente tutelato al 2030 è essenziale intervenire su due aspetti. “La pesca illegale e l’inquinamento proveniente da terra necessitano di azioni più incisive e continuate” spiega il Wwf, secondo cui è necessario incrementare la superficie protetta a mare, ma anche migliorare l’efficacia di gestione delle stesse aree marine protette e dei Siti Natura 2000 esistenti”.

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