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Fatto in casa per voi, Benedetta Rossi a FqMagazine: “Il successo non mi ha cambiato, la provincia è la mia forza. La mia trasgressione? Fare una vita normalissima”

"I miei 10 milioni di seguaci? Per me non sono numeri ma persone. E la mia non è falsa modestia ma coerenza", spiega a FqMagazine alla vigilia della partenza della nuova edizione di Fatto in casa per voi, prodotto da Banijay Italia, al via da sabato 5 giugno alle 14.45 su Food Network

di Francesco Canino

Benedetta Rossi ha la faccia della vicina di casa che la domenica mattina ti bussa e ti dice: «Ho fatto la crostata, te ne ho portata una fetta». E il successo, forse non è un caso, le è esploso tra le mani anche grazie a una crostata di ricotta: da quella video ricetta di cinque minuti su YouTube – «per caricarlo ci mettevamo un’ora e mezza, qui tra le colline marchigiane la connessione è tremenda» – non si è più fermata e oggi il contatore dei social ha sfondato i dieci milioni di seguaci (oltre 7,5 su Facebook e quasi 4 su Instagram). Dati monstre – cui si aggiungono migliaia di libri venduti e ottimi ascolti, anche in replica – che però lei guarda da un’altra prospettiva: «Per me non sono numeri ma persone. E la mia non è falsa modestia ma coerenza», spiega a FqMagazine alla vigilia della partenza della nuova edizione di Fatto in casa per voi, prodotto da Banijay Italia, al via da sabato 5 giugno alle 14.45 su Food Network.

Benedetta, è vero che sulla sua carta d’identità alla voce lavoro c’è scritto «coltivatore diretto»?
Verissimo. Vivo in un piccolo comune dove non fanno ancora la carta d’identità digitale dunque me la tengo così.

Quando la cambierà farà scrivere: foodblogger, imprenditrice o conduttrice tv?
Imprenditrice no, perché mi sembrerebbe di tirarmela, conduttrice nemmeno. Non saprei incasellarmi in un ruolo preciso. In fondo coltivatrice diretta mi ci sento davvero.

Che fa, pecca di modestia?
Affatto. È che appena posso vado nell’orto a raccogliere la verdura e ci sto bene: quella è la mia dimensione.

Quando si è iscritta alla facoltà di Biologia marina che traguardo sognava di raggiungere?
Vuole la verità?

Certo.
Non ho mai avuto chiaro in testa il mio futuro. Mi iscrissi al Liceo Classico come mio fratello, solo per seguire l’impronta di famiglia. Dopo il liceo, il vuoto assoluto: ero confusa, sapevo che mi piaceva la natura, i meccanismi della genetica e così m’iscrissi a Biologia prendendo poi la specializzazione marina.

La passione per la cucina quando l’ha scoperta?
Da ragazzina mi divertivo con zia Giulietta: lei cucinava, io rubavo i suoi segreti con gli occhi e poi mi mettevo a lavare i piatti. Poi, mentre studiavo all’università, ho fatto la cameriera e l’aiuto cuoca nei locali: lì ho capito che mi piaceva stare in mezzo alle persone e sperimentare ai fornelli. Così è venuto naturale iniziare a lavorare nell’agriturismo che aprì la mia famiglia. Lì ho capito una cosa.

Quale?
Che in fondo le situazioni e i fatti mi hanno portato in una direzione precisa verso la quale io mi sono sempre lasciata trasportare.

Non è stata l’artefice del suo destino?
Solo in parte. Chiusa in un laboratorio tra provette e analisi sentivo un senso di oppressione tremendo. Preferivo stare in mezzo ai clienti dell’agriturismo, cucinare, curare la comunicazione. E quando ho iniziato a caricare le ricette su YouTube hanno avuto subito successo. Capisce quando dico che le svolte della vita hanno scelto per me?

Studiare biologia le è stato utile per il lavoro in cucina?
Mi ha insegnato il metodo. Se in cucina segui un ordine mentale, difficilmente sbagli, Sono schematica, ho chiaro in mente il risultato finale e questo mi permette di comunicarlo meglio. Chi mi guarda difficilmente dice: «Perché ha fatto questo?».

Sabato 5 giugno parte la nuova stagione di Fatto in casa per voi, su Food Network il sabato alle 14.45. Ci saranno delle novità?
L’impianto del format non cambia. Ci saranno più scene all’aperto, per dare un po’ di movimento e qualche gag ironica con mio marito Marco e con Cloud, il nostro cane.

Si piace in tv?
Lo sa che non ho visto nemmeno un pre-montato di questa nuova stagione? Sono critica nei miei confronti, noto solo i difetti e spesso mi arrabbio: «Potevo fare meglio».

In quanto tempo prepara una stagione di Fatto in casa per voi?
Con l’autrice stiliamo un «mappone» dei temi di puntata. In base a quelli affino nuove ricette, cerco tra quelle condivise sui social in questi anni e poi mi metto a provare tutto: più o meno ci vuole un mesetto di tempo.

Non si alza mai la mattina pensando: «Anche oggi mi tocca cucinare tutto il giorno»?
(ride) Succede, ovvio. Ma fortuna la passione per questo lavoro prende il sopravvento.

Quante cene a base di surgelati fate lei e suo marito?
Surgelati pochi a dire il vero. Quando arrivo stremata la sera, andiamo di affettati e piadine.

A lei il successo è letteralmente esploso tra le mani quando aveva più di 40 anni. Come se l’è spiegata una popolarità così clamorosa?
È una domanda che mi sono fatta tante volte senza trovare la risposta. All’inizio ero spaventata, perché la popolarità è arrivata senza che io l’avessi mai cercata: c’è chi la insegue per una vita e non la trova, io non l’ho cercata nemmeno per un secondo e invece è arrivata. Poi ho fatto pace con questa cosa.

Cos’è che la spaventava?
Il senso di responsabilità. E la gestione della timidezza: mi sono sposata alle Hawaii lontana da tutti perché l’idea di avere gli occhi di 150 ospiti puntati addosso mi atterriva. Capisce che tipo sono?

Ha capito invece cos’è che piace di lei al pubblico?
Una combinazione di fattori. Penso che la gente mi percepisca come una sorta di vicina di casa, intuisca che accogliere e far sentire gli altri a loro agio mi viene naturale. E poi il mio modo di parlare di cibo. Una volta una signora mi ha scritto: «Incanti perché racconti la cucina come se fosse una fiaba». Mi piace pensare che sia così.

Il successo a molti fa prendere abbagli clamorosi. Lei come lo gestisce?
Senza pensare che sia un fattore determinate nella mia vita. Conosco i valori veri, so cosa mi spaventa, cosa mi fa stare bene e soprattutto cosa non voglio.

Però un po’ sarà cambiata…
No, non sono cambiata affatto. Un’ora con le mie vecchiarelle – Nonna Blandina e Zia Giulietta – continua a darmi più soddisfazione che un’ora di shopping. Sono una da benesseri elementari.

La provincia per lei è un limite o un vantaggio?
È la mia forza. Non ho cambiato la quotidianità e questo mi aiuta a restare con i piedi ancorati a terra. Ma sono sempre stata una provinciale abituata ad aprire la testa, gli orizzonti e a guardare al mondo. Lo stesso vale per Marco.

È più anti diva o timida patologica?
Né una nell’altra. Mi adatto a tutti i contesti molto meglio di quello che la gente immagina.

Lei è un po’ l’emblema del nazional popolare: è un’etichetta che le piace?
Tantissimo. In fondo sintetizza la connessione che sono riuscita a costruire con chi mi segue. È difficile spiegare quanto l’abbraccio collettivo sia potente e appaghi emotivamente.

Ci sono foodblogger con poche migliaia di seguaci che infarciscono ogni post di marchi segnalando le loro collaborazioni. Sul suo profilo invece si contano sulle dita di una mano: perché?
È una scelta precisa di serietà e coerenza. Le persone sono interessate ai miei contenuti più che a una pubblicità. Riceviamo decine di proposte al giorno ma diciamo no al 95% delle richieste: se devo veicolare un messaggio, dev’essere coerente con ciò che sono io.

Così però rinuncia a guadagni facili.
Può essere, ma non è quello il punto. Io scelgo brand che usavo anche prima o che si avvicinano alla mia idea di cucina: con questi marchi stabilisco un rapporto chiaro, tant’è che le mie collaborazioni durano da anni. Non voglio svendere la mia community.

Lei non utilizza nemmeno robot da cucina o piccoli elettrodomestici. Perché?
Qualche mese fa mi è venuto il gomito del tennista e alcune amiche mi hanno detto: «Benedè, comprati la planetaria». Ma sono talmente abituata a fare senza che non mi pesa. E poi s’immagini una signora che mi segue da dieci anni e che improvvisamente mi vede usare la planetaria: penserebbe che sono incoerente.

È vero che avete detto no ad un’importante proposta di acquisizione?
Sì. Non mi piaceva la proposta, era lontana dal mio modo di vedere le cose. Per me i follower non sono i numeri ma persone. E la mia non è retorica, lo penso davvero.

Ha resistito anche alle sirene di altri importanti programmi di cucina.
Mi hanno lusingato le proposte ma Benedetta sono io nella mia cucina. Non mi ci vedo a cucinare lontana dai miei fornelli.

Quanta gente lavora per lei e suo marito Marco Gentili?
Siamo partiti in due e ora siamo più o meno in quindici. Alla base del nostro lavoro ci sono i contenuti e serve un team strutturato per fare tutto bene, dalle ricette al girato, dal montaggio alla condivisione dei post.

Allora vede che è imprenditrice.
No, al massimo un’artigiana. Con Marco ci siamo inventanti anche un nuovo progetto che lanceremo dopo l’estate e coinvolgerà i giovanissimi: ci sono tanti ragazzi e ragazze che hanno le scintille negli occhi, come le avevo io alla loro età, e voglia di fare. Scommettiamo su di loro.

Lei e suo marito condividete tutto, lavoro e vita privata. Non c’è il rischio di non staccare mai?
Il rischio c’è e mi manca la quotidianità che avevamo prima o anche solo mettermi lì a cucinare per lui e solo per lui. Ma siamo abituati da sempre a condividere tutto, a sostenerci. Poi, certo, ci sono le liti, i giorni interni con i musi lunghi, ma dagli scontri s’innesca sempre una crescita. Il nostro legame è fondato su una stima profondissima.

Mi dice il primo ricordo che le viene in mente pensando al vostro matrimonio alle Hawaii?
Il profumo delle collane di fiori che ci siamo scambiati durante la cerimonia sulla spiaggia. Indimenticabile.

È vero che avete rischiato di andare a vivere in Costa Rica?
Il sogno di Marco era aprire un albergo all’estero e si era innamorato del Costa Rica, del suo mare, della sua natura selvaggia. Io ero meno propensa a cambiare vita perché ho radici più salde delle sue e sono attaccata alla mia terra. Ma ha fatto la sua esperienza gestendo la struttura di una coppia di italiani che si presero un anno sabbatico.

Com’è finita?
Che ha visto il lato b del Costa Rica: le strade che mancano, la connessione a singhiozzo, i problemi quotidiani. Poi ci fu l’attentato alle Torri Gemelle, il turismo americano che era predominante di colpo si azzerò e tutta quell’incertezza gli ha fatto cambiare idea.

La passione per i viaggi vi lega molto. Qual è la prima vacanza che farete appena sarà possibile tornare a viaggiare?
Vorremmo fare qualcosa con Cloud, il nostro cane. Pensiamo a un viaggio nel Nord Europa, in auto. Ma vorremo tornare anche in Islanda, terra che ci ha conquistato.

A proposito di cani, la morte di Nuvola è stata una sorta di «lutto collettivo».
È passato quasi un anno e mi creda che ancora siamo colpiti ripensando a cos’ha innescato la morte di Nuvola, il nostro primo cane. Sono arrivati oltre 200 mila messaggi, un numero enorme, e ancora oggi la gente ci scrive per raccontarci di aver vissuto lo stesso quel dolore. È tutto da non credere. Anche l’arrivo di Cloud con certi inspiegabili segni del destino e le coincidenze.

Ma lei è abituata alle reazioni di massa: quando un hater la definì «una contadinotta» si mobilitarono in migliaia per difenderla.
Non sono un’amante delle polemiche: so che molti le cercano perché cresce la visibilità ma io le evito, non m’interessano e m’imbarazzano. In quel caso però decisi di rispondere per mettere un punto fermo, per quanto definirmi contadinotta per me non sia un’offesa. Ma di seguaci odiatori ne ho pochi.

Lei e Marco ironizzate spesso sul «gossippe» che circolano in rete su di voi. V’infastidiscono?
Macché, ci ridiamo su. Spesso poi sono solo titoli acchiappa-click ai quali per altro io abbocco sempre.

Facciamo un gioco. Dovendo cucinare a quattro mani, chi inviterebbe nella sua cucina: Benedetta Parodi o Sonia Peronaci?
Non si può fare una cosa a sei mani? Mi stanno simpatiche entrambe.

Antonino Cannavacciuolo o Carlo Cracco?
Cannavacciuolo perché è più pop. Cracco mi metterebbe in soggezione.

Ha mai pensato di lasciare le Marche per trasferirsi a Roma o Milano?
La connessione qui non è come quella del Costa Rica ma qualche anno fa per caricare un video di cinque minuti ci mettevamo un’ora e mezza. Anche trovare professionisti con competenze specifiche era complicato e dopo l’ennesima delusione, una volta Marco disse: «Basta, trasferiamoci a Milano». I sacrifici sono stati doppi ma il fatto di restare mi ha reso mentalmente più libera.

Lei appare remissiva e serena. Qual è il suo lato trasgressivo?
(ride) Non c’è. Sono una persona normale che fa una vita più normale di come sembri. Forse la trasgressione è proprio questa.

Ci pensa mai che il successo, così com’è arrivato, potrebbe svanire?
Dal giorno zero. Ho sempre vissuto ciò che mi è capitato come una parentesi che potrebbe chiudersi all’improvviso. Ma tornerei alla vita di prima senza rimpianti, senza rancori e con un bagaglio emotivo enorme.

Ce l’ha un piano b?
Forse aprirei un agriturismo o forse no. Non mi pongo mai degli obiettivi, seguo l’andamento delle cose, glie l’ho detto.

Ma un grande sogno ce l’ha?
Il grande sogno lo sto vivendo adesso ed è pieno di emozioni fortissime. Mi basta questo.

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