Televisione

Friends, la reunion mi ha emozionato. Peccato per la polvere sotto il tappeto

Un anno e mezzo di hype per la rimpatriata degli amici delle medie. Questo è stato il mio primo pensiero (ma ammetto: è tutta invidia) alla fine di Friends the Reunion, l’evento televisivo andato in onda il 27 maggio su HBO Max e trasmesso su Now e Sky Atlantic in contemporanea con gli Stati Uniti.

Beninteso, ho tirato un sospiro di sollievo quando ho saputo che non si sarebbe trattato di una nuova serie, di una stagione inedita o di un episodio en passant: credo che gli autori avessero già avuto un assaggio di quello che sarebbe potuto succedere in questo caso. Prima con Joey, la serie spin off andata in onda subito dopo la fine di Friends e chiusa per bassi ascolti; poi con tutti i revival che da qualche anno a questa parte, complice la chiusura dei rubinetti della fantasia, popolano i canali dell’intrattenimento tv. Una fiammata e via: ci sistemiamo sul divano in attesa di nuove avventure dei personaggi che svettavano sui poster delle nostre camerette alla fine degli anni Novanta, e quel che otteniamo è solo una triste panoramica su quanto gli attori che li impersonavano siano invecchiati, risultando così ancora più patetici nelle loro interpretazioni di aitanti bad boys o di procaci mean girls (perché diciamocelo, la parità dei sessi e i discorsi inclusivi a quel tempo non erano così di moda: meno male che è passata acqua sotto i ponti).

Ma torniamo a noi: la riunione di Friends è stata comunque bellissima. Il ritrovo da parte dei sei protagonisti sul set ricostruito per l’occasione ha fatto scaturire le prime lacrime: alla fine si tratta pur sempre di personaggi che ci hanno fatto sognare, ridere e desiderare una favola come la loro, in quel momento della vita in cui “gli amici sono la tua famiglia”. Emozionante anche il momento della lettura dei copioni, con l’interpretazione delle battute più iconiche dei 236 episodi: quasi che il tempo si sia fermato a trent’anni fa. Per non parlare della toccante parentesi in cui spettatori illustri o sconosciuti hanno spiegato cos’abbia significato per loro la serie tv e quali chiavi di lettura abbia offerto per la loro vita personale.

Ma c’è un ma; anzi, qui ce ne sono parecchi. Il primo è sicuramente la comparsata di personaggi famosi, inseriti a forza nella puntata per darle un tocco di novità – o forse per eliminare la patina di vecchiume, inevitabile in certi casi. Insomma, Lady Gaga che canta Smelly Cat seguita dal coro gospel anche no – ma un bel messaggio come lascito: essere se stessi anche se “un po’ diversi”, come Phoebe, non è sbagliato. Allo stesso modo bocciata la sfilata coi costumi originali, la toccata e fuga dei personaggi secondari e l’intervista con James Corden (anche se la rivelazione di una vera cotta tra David Schwimmer e Jennifer Aniston, Ross e Rachel nella serie, farà parlare a lungo i fan).

Ma più di ogni altra cosa sarebbe stato interessante tirare fuori la polvere sotto il tappeto, magari per archiviarla definitivamente. Friends, vista con la sensibilità odierna, include momenti che ora non esiteremmo a definire scivoloni: battutine omofobe, un velato razzismo e ambientazioni decisamente irrealistiche (quale 25enne oggi può permettersi quella casa a New York?). Per non parlare del tunnel di dipendenze in cui Matthew Perry, l’ironico Chandler che tra l’altro combatteva il vizio della sigaretta, è entrato anche per effetto della popolarità e da cui, almeno da quanto visibile in questa reunion, non sembra essere completamente uscito: è stato l’attore che meno ha parlato e pareva sempre visibilmente a disagio.

Eppure proprio la storia del suo personaggio ha contribuito a sdoganare nell’opinione pubblica temi oggi all’ordine del giorno, come l’identità di genere, l’innovazione tecnologica e quella ‘mascolinità alternativa’ che ha preso a spallate gli stereotipi che ben conosciamo. Anche nel momento in cui gli attori hanno ricordato gli errori sul set, il successo ottenuto e i bei tempi andati, Perry ha accennato al tema ma si è subito passati ad altro. Insomma, a mio avviso un’occasione perduta. Peccato.

Consoliamoci con due nuove consapevolezze. La prima: quel che è stato è stato, inutile far rivivere il passato (e ringraziamo la reunion per avercelo ricordato). La seconda: possiamo anche esserci sentiti parte di questa rimpatriata, ma almeno abbiamo evitato il fastidio di viverla in prima persona. Niente compagni di scuola o ex colleghi a cui rendere conto (anche perché nessuno ci pagherebbe 2.5 milioni di dollari, il cachet di ognuno degli attori per questo episodio speciale): almeno il disagio glielo lasciamo volentieri.