Dieci anni per riparare ai danni fatti e ripristinare gli ecosistemi. La sfida è contenuta in una risoluzione firmata nel 2019 dall’Assemblea generale dell’Onu, ma è la Giornata mondiale dell’Ambiente che si celebra il 5 giugno a segnare il ‘benvenuto’ ufficiale al Decennio (2021-2030) delle Nazioni Unite per il ripristino dell’ecosistema, a cui è dedicato il tema centrale di quest’anno. In questi giorni, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) ha messo a disposizione, per l’occasione, una pagina web costantemente aggiornata sulle iniziative che riguardano l’evento (ospitato dal Pakistan) e la sfida del decennio che ci attende, oltre a una guida di 21 pagine (The Ecosystem Restoration Playbook) sulle azioni che possono essere messe in pratica per fermare il degrado, a seconda delle peculiarità dei vari ecosistemi. Secondo l’Unep gli investimenti per la natura (riforestazione, tutela degli ecosistemi e della biodiversità) dovranno triplicare da qui al 2030 e quadruplicare al 2050, se si vogliono superare le crisi interconnesse della perdita di biodiversità, del degrado del suolo e del clima. Già, il clima. Che di per sé rappresenta un’incognita, come rivelano recenti studi che analizzano il rischio di eventi a cascata che si potrebbero verificare anche a meno di 2°C di riscaldamento.
SOLO SULLA TERRA, SERVE RIPRISTINARE UN’AREA GRANDE COME LA CINA – Sul sito della Giornata Mondiale dell’Ambiente è possibile anche esplorare virtualmente diversi ecosistemi strategici per il Pianeta e scoprire perché mari, savana, foreste, barriere coralline, torbiere, deserti e montagne sono così importanti, cosa si può fare concretamente per invertirne il declino. Dagli ecosistemi di Leuser (Indonesia) e del Gran Chaco (in Sud America) per le foreste, fino ai Monti Carpazi in Europa e alla regione dell’Hindu Kush i cui ghiacciai, insieme a quelli di Himalaya, Karakoram e Pamir sono considerati le ‘torri d’acqua del mondo’. È fonte di dieci dei più grandi fiumi dell’Asia e conta sul volume di ghiaccio e neve più grande al di fuori dell’Articolo e dell’Antartide. E se sulla piattaforma si racconta anche ciò che, in alcune aree del Pianeta, si sta già facendo, l’Unep e la Fao (l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite) ci dicono che “di fronte alla triplice minaccia del cambiamento climatico, della perdita di natura e dell’inquinamento, il mondo deve mantenere il suo impegno per ripristinare almeno un miliardo di ettari di terra degradati nel prossimo decennio, un’area delle dimensioni della Cina” e che “i Paesi devono anche prevedere impegni simili per gli oceani”.
FINO AL 2030 GLI INVESTIMENTI DOVRANNO TRIPLICARE – Nel rapporto “Becoming #GenerationRestoration: Ecosystem recovery for people, nature and climate”, infatti, le due organizzazioni spiegano che “l’umanità sta utilizzando circa 1,6 volte la quantità di servizi che la natura può fornire in modo sostenibile”. Dunque gli sforzi di conservazione, da soli “non sono sufficienti per prevenire il collasso dell’ecosistema su larga scala”. Di fatto, il degrado sta già colpendo il benessere di circa 3,2 miliardi di persone, ovvero il 40% della popolazione mondiale, mentre ogni anno perdiamo servizi ecosistemici che valgono più del 10% della nostra produzione economica globale. Non a caso, sempre l’Unep, nel rapporto sullo ‘Stato della finanza della Natura’, spiega che gli investimenti per riforestazione, tutela degli ecosistemi e della biodiversità dovranno triplicare da qui al 2030. Nel 2020 sono stati spesi 133 miliardi di dollari all’anno del 2020, in pratica lo 0,1% del Pil globale e per l’86% sono stati a carico dei governi (solo il 14%, ossia 18 miliardi, a carico della finanza privata). Basti pensare che solo il 2,5% degli stimoli economici messi in cantiere per il dopo-pandemia riguarda la natura. Secondo l’Unep bisognerà arrivare a 400 miliardi (e in 30 anni a 536 miliardi annui, con una spesa complessiva di 8.100 miliardi di dollari). Solo la riforestazione richiederà 203 miliardi di spesa all’anno. Si tratta di uno sforzo necessario che servirà, qualunque cosa avvenga nei prossimi decenni. Perché non tutto è prevedibile.
L’EFFETTO DOMINO DEL SUPERAMENTO DEI TIPPING POINTS – Un recente studio condotto dall’Istituto tedesco di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico (PIK) e da università e istituti tedesche, svedesi e russe, pubblicato sulla rivista Earth System Dynamics e ripresa dal quotidiano The Guardian, ha analizzato il rischio significativo di eventi ‘a cascata’ anche a meno di 2°C di riscaldamento. Al centro della ricerca i cosiddetti tipping points, ossia i punti di non ritorno che si verificano quando il riscaldamento globale spinge le temperature oltre una soglia critica, portando a impatti accelerati o irreversibili. Secondo diversi studi, alcune grandi calotte glaciali in Antartide hanno già superato quella soglia. La nuova ricerca ha così esaminato le interazioni tra le calotte glaciali nell’Antartide occidentale, in Groenlandia, la Corrente del Golfo dell’Atlantico e la foresta pluviale amazzonica. Gli scienziati hanno effettuato tre milioni di simulazioni al computer con un nuovo approccio, che ha consentito al team di concentrarsi specificamente su come, durante l’interazione tra i diversi sistemi, questi potrebbero stabilizzarsi a vicenda, portando a un effetto domino (riscontrato su un terzo delle simulazioni e che spesso parte proprio dalle calotte polari) e all’abbassamento delle soglie di temperatura per gli stessi punti di non ritorno. Una cascata con effetti incontrollabili. “Forniamo un’analisi del rischio, non una previsione – ha spiegato la professoressa Ricarda Winkelmann, dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico – ma i nostri risultati continuano a destare preoccupazione, perché potrebbero significare che abbiamo meno tempo per ridurre le emissioni di gas serra e comunque prevenire i processi di ribaltamento”.
Ambiente & Veleni
Giornata dell’Ambiente, la sfida: dieci anni per ripristinare gli ecosistemi. Ma per riparare ai danni fatti serve triplicare gli investimenti
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) gli investimenti per riforestazione, tutela degli ecosistemi e della biodiversità dovranno triplicare fino al 2030 e quadruplicare fino al 2050, se si vogliono superare le crisi interconnesse della perdita di biodiversità, del degrado del suolo e del clima. Che di per sé rappresenta un’incognita, come rivelano recenti studi che analizzano il rischio di eventi a cascata che si potrebbero verificare anche a meno di 2°C di riscaldamento
Dieci anni per riparare ai danni fatti e ripristinare gli ecosistemi. La sfida è contenuta in una risoluzione firmata nel 2019 dall’Assemblea generale dell’Onu, ma è la Giornata mondiale dell’Ambiente che si celebra il 5 giugno a segnare il ‘benvenuto’ ufficiale al Decennio (2021-2030) delle Nazioni Unite per il ripristino dell’ecosistema, a cui è dedicato il tema centrale di quest’anno. In questi giorni, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) ha messo a disposizione, per l’occasione, una pagina web costantemente aggiornata sulle iniziative che riguardano l’evento (ospitato dal Pakistan) e la sfida del decennio che ci attende, oltre a una guida di 21 pagine (The Ecosystem Restoration Playbook) sulle azioni che possono essere messe in pratica per fermare il degrado, a seconda delle peculiarità dei vari ecosistemi. Secondo l’Unep gli investimenti per la natura (riforestazione, tutela degli ecosistemi e della biodiversità) dovranno triplicare da qui al 2030 e quadruplicare al 2050, se si vogliono superare le crisi interconnesse della perdita di biodiversità, del degrado del suolo e del clima. Già, il clima. Che di per sé rappresenta un’incognita, come rivelano recenti studi che analizzano il rischio di eventi a cascata che si potrebbero verificare anche a meno di 2°C di riscaldamento.
SOLO SULLA TERRA, SERVE RIPRISTINARE UN’AREA GRANDE COME LA CINA – Sul sito della Giornata Mondiale dell’Ambiente è possibile anche esplorare virtualmente diversi ecosistemi strategici per il Pianeta e scoprire perché mari, savana, foreste, barriere coralline, torbiere, deserti e montagne sono così importanti, cosa si può fare concretamente per invertirne il declino. Dagli ecosistemi di Leuser (Indonesia) e del Gran Chaco (in Sud America) per le foreste, fino ai Monti Carpazi in Europa e alla regione dell’Hindu Kush i cui ghiacciai, insieme a quelli di Himalaya, Karakoram e Pamir sono considerati le ‘torri d’acqua del mondo’. È fonte di dieci dei più grandi fiumi dell’Asia e conta sul volume di ghiaccio e neve più grande al di fuori dell’Articolo e dell’Antartide. E se sulla piattaforma si racconta anche ciò che, in alcune aree del Pianeta, si sta già facendo, l’Unep e la Fao (l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite) ci dicono che “di fronte alla triplice minaccia del cambiamento climatico, della perdita di natura e dell’inquinamento, il mondo deve mantenere il suo impegno per ripristinare almeno un miliardo di ettari di terra degradati nel prossimo decennio, un’area delle dimensioni della Cina” e che “i Paesi devono anche prevedere impegni simili per gli oceani”.
FINO AL 2030 GLI INVESTIMENTI DOVRANNO TRIPLICARE – Nel rapporto “Becoming #GenerationRestoration: Ecosystem recovery for people, nature and climate”, infatti, le due organizzazioni spiegano che “l’umanità sta utilizzando circa 1,6 volte la quantità di servizi che la natura può fornire in modo sostenibile”. Dunque gli sforzi di conservazione, da soli “non sono sufficienti per prevenire il collasso dell’ecosistema su larga scala”. Di fatto, il degrado sta già colpendo il benessere di circa 3,2 miliardi di persone, ovvero il 40% della popolazione mondiale, mentre ogni anno perdiamo servizi ecosistemici che valgono più del 10% della nostra produzione economica globale. Non a caso, sempre l’Unep, nel rapporto sullo ‘Stato della finanza della Natura’, spiega che gli investimenti per riforestazione, tutela degli ecosistemi e della biodiversità dovranno triplicare da qui al 2030. Nel 2020 sono stati spesi 133 miliardi di dollari all’anno del 2020, in pratica lo 0,1% del Pil globale e per l’86% sono stati a carico dei governi (solo il 14%, ossia 18 miliardi, a carico della finanza privata). Basti pensare che solo il 2,5% degli stimoli economici messi in cantiere per il dopo-pandemia riguarda la natura. Secondo l’Unep bisognerà arrivare a 400 miliardi (e in 30 anni a 536 miliardi annui, con una spesa complessiva di 8.100 miliardi di dollari). Solo la riforestazione richiederà 203 miliardi di spesa all’anno. Si tratta di uno sforzo necessario che servirà, qualunque cosa avvenga nei prossimi decenni. Perché non tutto è prevedibile.
L’EFFETTO DOMINO DEL SUPERAMENTO DEI TIPPING POINTS – Un recente studio condotto dall’Istituto tedesco di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico (PIK) e da università e istituti tedesche, svedesi e russe, pubblicato sulla rivista Earth System Dynamics e ripresa dal quotidiano The Guardian, ha analizzato il rischio significativo di eventi ‘a cascata’ anche a meno di 2°C di riscaldamento. Al centro della ricerca i cosiddetti tipping points, ossia i punti di non ritorno che si verificano quando il riscaldamento globale spinge le temperature oltre una soglia critica, portando a impatti accelerati o irreversibili. Secondo diversi studi, alcune grandi calotte glaciali in Antartide hanno già superato quella soglia. La nuova ricerca ha così esaminato le interazioni tra le calotte glaciali nell’Antartide occidentale, in Groenlandia, la Corrente del Golfo dell’Atlantico e la foresta pluviale amazzonica. Gli scienziati hanno effettuato tre milioni di simulazioni al computer con un nuovo approccio, che ha consentito al team di concentrarsi specificamente su come, durante l’interazione tra i diversi sistemi, questi potrebbero stabilizzarsi a vicenda, portando a un effetto domino (riscontrato su un terzo delle simulazioni e che spesso parte proprio dalle calotte polari) e all’abbassamento delle soglie di temperatura per gli stessi punti di non ritorno. Una cascata con effetti incontrollabili. “Forniamo un’analisi del rischio, non una previsione – ha spiegato la professoressa Ricarda Winkelmann, dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico – ma i nostri risultati continuano a destare preoccupazione, perché potrebbero significare che abbiamo meno tempo per ridurre le emissioni di gas serra e comunque prevenire i processi di ribaltamento”.
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Giornata mondiale dell’ambiente, perché non sarà la tecnologia a salvarci
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Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".