Oggi è la Giornata mondiale dell’ambiente. Una celebrazione che fino a pochi anni fa sarebbe passata del tutto ignorata e che invece oggi è al centro della cronaca mediatica. Un fatto positivo, la crisi climatica e l’emergenza ambientale hanno ormai definitivamente conquistato lo spazio che meritano e, anzi, inserti ambientali, libri su ambiente e clima, speciali televisivi e cartacei non si contano più. Ormai parlare di ambiente è d’obbligo, giustamente, e tutti, dalle aziende ai magazine femminili, celebrano ogni giorno l’importanza della sostenibilità.
Al rincorrersi di allarmi, dossier sull’emergenza idrica, sulla crescita delle temperature e via dicendo si accompagna però una seconda narrazione, ormai sempre più legata alla prima. Ovvero quella della tecnologia che ci salva. Non solo nel senso dei sistemi di stoccaggio della CO2, ma anche delle macchine elettriche, degli aerei a biodiesel, dei veicoli a idrogeno, droni per monitorare il territorio, satelliti e via dicendo. Il tutto spesso unito a un’esaltazione acritica del digitale, proposto come soluzione di tutti i problemi, anche ambientali. Questa narrazione, che si ritrova negli speciali di molti giornali, dove accanto ai reportage drammatici si affiancano pubblicità di fiammanti auto elettriche, è purtroppo parecchio condivisa dal governo attuale. Il quale da un lato denuncia con forza l’emergenza climatica, addirittura oggi proprio al Ministero della Transizione ecologica verrà inaugurato il primo Climate Clock italiano, dall’altro sembra puntare tutto proprio sulla tecnologia, dal nucleare all’alta velocità, dallo stoccaggio della CO2 alla digitalizzazione.
Ora, la tecnologia è fondamentale per la nostra vita, spesso anche per salvarla, come ad esempio in ambito medico. Ma purtroppo, quando si viene al tema della salvaguardia ambientale e soprattutto alla soluzione delle tragica crisi climatica, può essere uno degli strumenti, ma non sarà mai la soluzione.
Il motivo è semplice e duplice: anzitutto, per fare tecnologia occorrono risorse, e dunque anche la tecnologia consuma ambiente e riscalda il pianeta. Secondo, la tecnologia non potrà mai risolvere il problema di fondo davanti a cui ci troviamo: ovvero al fatto che le risorse dalle quali dipende la nostra vita, suolo, acqua, alberi, animali, sono risorse finite. E con questa finitezza noi non riusciamo a fare i conti. Certo, l’economia circolare – quella dove in pratica non ci sono rifiuti, perché tutto viene riutilizzato, trasformato o riciclato – è un modo per fronteggiar questo problema. Ma non a caso, anche se la tecnologia è importante anche per l’economia circolare, quest’ultima è fatta anche di molto altro: riduzione degli sprechi, cambiamento del nostro stile di vita, sobrietà. Qualcosa che con la crescita infinita dell’economia e della tecnologia non collima affatto.
Il tema della tecnologia si lega al “mantra” della crescita, definizione un po’ logora forse eppure vera. Si rimane cioè all’interno di un paradigma che il limite non lo vede proprio. Peggio: si dà alle persone un messaggio contrastante, ovvero che sì, c’è l’emergenza climatica, ma non c’è problema, la tecnologia potrà magicamente risolverla. L’esito è devastante, perché le persone, che giustamente non vogliono vivere nella paura e nel terrore, preferiscono sposare una visione ottimistica che una pessimista. Purtroppo, però la prima è falsa, è un vero inganno che anzi spinge a consumare di più. Magari consumare green, ma sempre consumare.
E perché dovremmo consumare di meno? Il motivo lo spiego con un esempio. Se noi sostituiamo ogni macchina esistente sul pianeta a benzina con una macchina elettrica non risolviamo il problema. Abbiamo meno CO2 certo, ma lo sfruttamento delle materie prime e le emissioni della lavorazione restano uguali. Dobbiamo avere macchine elettriche, certo, ma dobbiamo averne meno. Ma questo, gli inserti patinati di grandi giornali che vanno a braccetto con le aziende, non ce lo dicono. E non ce lo dice neanche il governo, anzi l’invito di queste settimane è tornare a crescere, tornare come prima della pandemia.
L’inganno che il mix tra emergenza climatica e soluzione tecnologica è doppio. Non solo perché nessuna delle nostre vere emergenza può essere risolta da droni, robot o computer (purtroppo), ma anche perché accettare la sfida del limite, cambiare stile di vita ma soprattutto modo di pensare, scoprire che consumare meno non significa essere più infelici, buttare alle ortiche l’individualismo del consumatore-solo a favore di esperienze condivise, ecco tutto questo ci può letteralmente far rinascere. I nostri figli sono cresciuti con il mito delle scarpe firmate e dell’acquisto compulsivo su Amazon. Ma questo non li rende più felici, sembra banale e invece non lo è. Infelici, totalmente, saranno invece se dovranno lottare per le poche risorse rimaste in un contesto mondiale segnato da temperature in continua crescita e perdita continua e inarrestabile di boschi e animali.
Sempre più penso che la crisi ambientale sia direttamente proporzionale alla nostra crisi etica, direi spirituale. Anche l’emergenza climatica è legata direttamente al collasso dei nostri valori e al trionfo di un individualismo solipsistico, che consuma senza mai essere sazio. E al quale viene ribadito, follemente, che sarà felice solo consumando di più. E ovviamente non sto dicendo che chi è povero o ha poche risorse non debba ricevere soldi e welfare per fare una vita dignitosa e comprare cose necessarie per sé e la sua famiglia. Ma che solo ripensando il nostro modo di stare insieme, la perdita del concetto di comunità e condivisione – una lavatrice e un frigorifero, un condizionatore a testa, ci siamo mai chiesti perché? – e riconquistando il concetto di limite potremo salvare l’ambiente. Anche perché quel limite sta rivendicando la sua esistenza con tutta la sua forza e violenza, come i satelliti che trasmettono le immagini dell’avanzata del deserto e del ritiro dei ghiacciai mostrano con la massima evidenza. Super tecnologici, certo. Peccato non siano in grado di fermare né l’una né l’altra.
Chiudo con un paradosso, neanche tanto tale: più che l’ennesimo computer, sarebbe meglio una preghiera. All’ambiente, di sicuro farebbe meglio la seconda.