Una favola di musica celestiale tra gli assordanti cantieri di Milano. La vicenda che vi stiamo per raccontare se fosse un film sarebbe Il Posto di Ermanno Olmi. Se fosse una canzone Il ragazzo della via Gluck di Adriano Celentano. Anche se ad entrambe andrebbe aggiunto un raro, inatteso, splendido lieto fine. Intanto lo scenario, come avrete capito, è la solita laboriosa, un po’ grigia, un po’ distratta, Milano. Per l’esattezza siamo in via Olgiati. Poco oltre l’Alzata del Naviglio Grande. A raccontarla in prima persona ci pensa dal suo profilo Facebook uno dei più importanti armonicisti jazz europei, Max De Aloe. “Stamattina è successa una cosa bella. Anzi di più”, spiega Max.
Si tratta del primo live del suo quartetto dopo nove mesi di stop. La band di Max è pronta per una lezione concerto nel campo da calcetto di una scuola media. Solo che mentre i quattro montano la strumentazione per il concerto scoprono che il loro palco confina con un gigantesco cantiere in piena attività con martelli pneumatici e gru in movimento. “Non ci sono alternative – racconta Max – Si può suonare solo lì. Nel delirio di un rumore infernale. Un’insegnante di musica della scuola coraggiosa e impavida dice che va parlare con gli operai del cantiere per spiegare che ci sono 4 musicisti che non suonano in pubblico da 9 mesi e 70 ragazzini che aspettano il concerto dopo l’incubo della Dad”.
La missione è chiaramente impossibile. Il quartetto di Max dovrebbe suonare per un’ora. Il tempo è denaro. I cantieri devono tornare a pieno ritmo. Figuriamoci poi se si tratta di un po’ di musica. Ripassate pure un altro giorno. Oppure caricate una app, collegate l’iPhone ad una cassa e magari durante la merenda si ascoltano un paio di brani da Spotify. De Aloe&co e i ragazzi sono già pronti a fare fagotto, ma ecco compiersi il miracolo a Milano: il capo cantiere invece della classica bestemmia, circolare circolare, tutti a casa che dobbiamo lavorare, decide che invece è ora di ascoltare la musica. “Un’ora e un quarto di silenzio la si può regalare. E così è stato. Il concerto è finito con i bambini che battevano le mani agli operai e gli operai che battevano le mani ai bambini”, racconta stupito il musicista milanese. “Nello stupore del momento mi è sembrato di vedere anche qualche operaio battere il piede sul 2 e sul 4 sul blues, ma forse è solo sublimazione”.
Infine la chiosa, che di solito spetta al cronista, ma che questa volta è di diritto al protagonista della vicenda, Max De Aloe: “Mentre suonavo pensavo che quel capo cantiere con l’accento di Bergamo ha fatto più lui per la musica che tutti i discorsi pallosissimi che ho sentito sulla Cultura e sulla Bellezza e bla bla bla in questi mesi. Che io il capo cantiere lo metterei lì subito al posto di Franceschini senza se e senza ma. Comunque: operai del cantieri di via Olgiati a Milano 1, resto del mondo 0”.