Diritti

Le parole di Vasco mi permettono di fare una riflessione sulle carceri e sulla loro abolizione

Delle persone detenute nelle nostre carceri e delle loro condizioni si parla sempre troppo poco e allora, se Vasco Rossi fa un videomessaggio di pochi minuti, rivolto direttamente a loro, per loro, in occasione della “Maratona oratoria” organizzata dalla Camera penale di Bologna, io penso che si debba cogliere questo gesto e farlo diventare elemento di approfondimento.

Le carceri italiane sono infatti tra le più sovraffollate dell’Unione europea e, sulla situazione dei penitenziari, l’Italia registra dati migliori solo della Turchia (!!!), con una media di 120 detenuti ogni 100 posti contro i 127 delle carceri turche, nonché il più alto tasso percentuale di over 50. Ci sono i numeri, ma soprattutto ci sono le persone, oltre 53mila, che vivono una condizione di estremo disagio, certamente aumentato con l’inizio e il perdurare della pandemia.

Nel 2020 i morti in carcere sono stati 154 di cui 61 sono stati accertati come suicidi, quasi un terzo. Da gennaio 2021 se ne contano già 22. L’ultimo è Luca, un 25enne campano. Tossicodipendente. Venticinque anni e un contesto dentro il quale evidentemente il suo disagio non è riuscito a reggere. Un caso emblematico, se pensiamo che un detenuto su tre, sconta la sua pensa per reati legati all’abuso di sostanze stupefacenti. Ebbene, qualcuno certamente penserà: “ma che ce frega!”.

Del resto, sono “delinquenti”, “tossici”, magari spacciatori, relitti della società.

Per fortuna abbiamo un faro acceso, sempre più oscurato però dai moralismi e dai bigottismi, dall’indifferenza dilagante del nostro secolo, dalla deficienza civile della nostra politica. È l’art. 27 della Costituzione dentro il quale è specificato chiaramente che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Ebbene non è solo un mio parere quello per cui tale principio, nel nostro paese, viene meno ormai da troppo tempo.
Detto questo, si apre un altro tema che mi preme sottolineare. Perché se i termini “rieducazione” e “reinserimento” costituiscono la finalità ideologica della pena, per cui lo Stato durante l’esecuzione della stessa, deve creare le condizioni necessarie affinché il condannato possa “reinserirsi” nella società in modo dignitoso mettendolo poi in condizioni, una volta in libertà, di non commettere nuovi reati, capiamo immediatamente che, a prescindere da come uno la pensi, tale sintesi viene meno e quel principio costituzionale viene costantemente violato. E anche qui parlano i dati: il tasso di recidiva dei carcerati in Italia è pari al 68%.

Dopodiché, invece di ragionare sul sistema penitenziario italiano, sulla legalizzazione delle sostanze, quindi sulla depenalizzazione dei reati correlati e/o conseguenti, e su misure alternative per cui dal carcere, in tanti, troppi, neanche ci dovrebbero passare, sentiamo da anni un unico mantra: “Costruiamo più carceri”. Belin, che illuminati che siamo! Che strateghi!

Poi c’è un tema che va ancora oltre, per cui, per quanto mi riguarda, il carcere in sé, per come si concretizza, mero strumento punitivo, vada abolito. Lo pensassi solo io mi direste che sono pazza e invece non potete farlo perché addirittura lo hanno dichiarato, solo per fare qualche esempio emblematico, l’ex magistrato del pool di “mani pulite” Gherardo Colombo, il sociologo Luigi Manconi, o Thomas Galli che ha lavorato 15 anni nel sistema penale dirigendo alcune carceri italiane. Perché semplicemente è inaccettabile l’idea e la pratica di rinchiudere in una gabbia alcune decine di migliaia di nostri simili, arrivando ad annullare non soltanto la loro mobilità fisica ma anche l’accesso alla cultura, alla socializzazione, alla vita affettiva e in generale alle risorse materiali e simboliche su cui si costruisce l’identità e la dignità della persona.

E allora, tornando a Vasco Rossi, oggi si può solo dare “un senso a questa condizione, anche se questa condizione un senso non ce l’ha”. “Tenete duro!” gli ha detto. “Teniamo duro. Bisogna tenere duro, in ogni caso, sia dentro che fuori” ha concluso. Io invece voglio concludere con una frase di Angela Davis: “Le prigioni non eliminano i problemi sociali, eliminano gli esseri umani”.