Quasi un ragazzo su tre non ha un tablet a casa, e uno su sette non ha neanche un computer. L'82% degli studenti dichiara di non aver mai utilizzato un tablet a scuola prima della pandemia
Non basta essere giovani per essere nativi digitali. A confermarlo è un’indagine pilota realizzata da Save the Children sulla povertà educativa digitale delle nuove generazioni, pubblicata in occasione della campagna “Riscriviamo il futuro” che si pone l’obiettivo di dare voce ai ragazzi “spaesati e invisibili” al mondo degli adulti. Nonostante la pandemia li abbia costretti a munirsi di strumenti per seguire le lezioni a distanza, il 29,3% dei ragazzi non è in grado di scaricare un file dalla piattaforma scolastica. La percentuale sale fino al 32,8% se si considera chi non riesce ad utilizzare un browser per la didattica a distanza, mentre l’11% non sa condividere lo schermo durante una chiamata su Zoom.
Le competenze digitali – L’Italia era già risultata all’ultimo posto tra i Paesi UE per competenze digitali della popolazione, ma questa povertà educativa non risparmia i giovani. Lo studio, realizzato in collaborazione con il Cremit (Centro di ricerca sull’educazione ai media all’innovazione e alla tecnologia) ha raccolto ed elaborato i dati emersi dalla somministrazione di un questionario ad un campione di 772 bambini di 13 anni in undici città italiane. Quello che emerge è che il 39% dei giovani (22% dei ragazzi e il 17% delle ragazze) non è stato capace di rispondere correttamente alle domande per valutare le competenze digitali. Dati che non sorprendono se si considera che quasi un ragazzo su tre non ha un tablet a casa e uno su sette non ha neanche un computer. Inoltre, dal rapporto emerge come anche la scuola sia indietro nel processo di ammodernamento degli strumenti utilizzati: l’82% degli studenti dichiara di non aver mai utilizzato un tablet a scuola prima della pandemia.
La sicurezza in rete – Se da un lato la povertà educativa digitale dei giovani dipende dal contesto socioeconomico in cui vivono, dall’altro questa colpisce più in generale tutti i bambini e ragazzi quando si misura la loro capacità di conoscere e applicare le buone pratiche relative allo stare in rete e la capacità di districarsi tra opportunità e pericoli del web. L’indagine non risparmia, infatti, la sicurezza: circa il 10% degli intervistati non sa riconoscere una password di sicurezza media o elevata e quasi un terzo (il 31,1%) pensa che l’età minima per avere un account sui social sia inferiore ai tredici anni. Per alcuni l’età scende addirittura a dieci (o meno) per accedere a Tik Tok o Instagram. Il 30,3% non conosce i passaggi per rendere un profilo Instagram accessibile solo ai propri follower e non al pubblico. La percentuale si impenna poi fino a superare la metà degli intervistati quando si parla della cessione della propria immagine ai social: il 56,8% non sa come funzionano le regole. Più della metà non conosce le implicazioni legali relative alla condivisione di contenuti offensivi sui social o non è in grado di reagire in modo corretto di fronte all’uso improprio delle immagini altrui. I dati sono allarmanti anche per quanto riguarda il mondo dell’informazione. Il 46,1% dei ragazzi intervistati, infatti, non è in grado di riconoscere una fake news che sui temi di attualità.
L’indagine ricorda anche i dati Istat sulla povertà assoluta tra i minorenni che ha raggiunto il picco dal 2005 con 1 milione e 346 mila giovani, ovvero il 13,6% della fascia d’età. Più di 200mila solo nel 2019. Un dato destinato a crescere ancora con la crisi economica generata dal Covid. Il report pubblicato dall’organizzazione internazionale che si occupa della tutela dei più piccoli è accompagnato da un Manifesto elaborato con il contributo dei ragazzi del Movimento Giovani Sottosopra. “È proprio dalle bambine, dai bambini e dagli adolescenti che abbiamo voluto partire, ascoltando le loro esigenze e amplificando la loro voce, per farli uscire dall’invisibilità in cui si sono sentiti relegati nell’ultimo anno e fare in modo che diventino protagonisti della ricostruzione del tessuto sociale del Paese” ha detto Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children. Secondo Fatarella, il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza rappresenta l’occasione per mettere al centro il diritto all’educazione di qualità per tutti, non solo garantendo accesso a reti e strumenti, ma soprattutto consentendo l’acquisizione delle competenze necessarie.