Sono da sempre convinto, e lo sono a dire il vero ogni giorno di più, che il cosiddetto relativismo culturale sia una colossale iattura, una vera e propria pestilenza ideologica che ha colpito anche parte dell’intellighenzia o di chi è convinto di farne parte. Esistono valori fondamentali di carattere universale attinenti alla libertà e autodeterminazione delle persone, ai diritti e doveri individuali e collettivi, che non sono affatto negoziabili e che sono comuni a tutti gli esseri umani a prescindere dalla loro origine.

Ecco perché la tragica vicenda della giovane pakistana Saman Abbas ci riguarda tutte e tutti da vicino. Saman, stante alle risultanze delle indagini svolte, è stata ritenuta morta, uccisa dallo zio col consenso del resto della famiglia, perché non accettava un matrimonio combinato. Questo ignobile assassinio è evidentemente il risultato di ideologie retrive che purtroppo continuano ad attecchire in settori delle prime generazioni di immigrati, provenienti da determinate situazioni segnate dal patriarcato peggiore.

Ma anche un fallimento per uno Stato come il nostro che continua a delegare alle famiglie l’educazione e il destino dei giovani, che a volte cadono vittime del fondamentalismo e dell’intolleranza, come Saman o la giovane napoletana uccisa qualche mese fa dal fratello perché si era fidanzata con un ragazzo trans. Specialmente le giovani donne, che continuano ad essere considerate proprietà privata di familiari reazionari e bigotti, rischiano di fronte a ideologie fondamentaliste e maschiliste, siano esse in salsa leghista alla Pillon o in salsa islamista alla Isis.

Ugualmente inaccettabile la semplificazione proposta dai razzisti nostrani secondo il quale episodi come l’uccisione di Saman sarebbero imputabili tout-court alla religione musulmana. Come affermato da un comunicato firmato da varie associazioni di immigrati “il mondo islamico è formato da più di 52 paesi dove tutti rispettano la religione musulmana e condannano ogni interpretazione individuale e personale sia da cittadini semplici che da finti imam”.

Diversa ma convergente la triste vicenda della giovane promessa del calcio Seid Visin, che si è suicidato a vent’anni. Seid, qualche anno fa, aveva scritto quanto segue: “Dinanzi a questo scenario socio-politico particolare che aleggia in Italia, io, in quanto persona nera, inevitabilmente mi sento chiamato in questione. Io non sono un immigrato. Sono stato adottato quando ero piccolo. Prima di questo grande flusso migratorio ricordo con un po’ di arroganza che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, ovunque mi trovassi, tutti si rivolgevano a me con grande gioia, rispetto e curiosità. Adesso, invece, questa atmosfera di pace idilliaca sembra così lontana; sembra che misticamente si sia capovolto tutto, sembra ai miei occhi piombato l’inverno con estrema irruenza e veemenza, senza preavviso, durante una giornata serena di primavera. Adesso, ovunque io vada, ovunque io sia, ovunque mi trovi sento sulle mie spalle, come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone. Qualche mese fa ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perché troppe persone, prevalentemente anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non bastasse, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche la responsabilità del fatto che molti giovani italiani (bianchi) non trovassero lavoro”.

Una testimonianza pesante, a prescindere dal fatto se il suicidio di Seid abbia o meno a che vedere in modo diretto con la situazione di discriminazione e razzismo che aveva denunciato e che senza dubbio ha esercitato un’influenza negativa sulla sua esistenza.

Queste due vicende, tra loro differenti, ci consegnano in conclusione il quadro inaccettabile di un Paese che, se non è per giovani, tantomeno lo è per giovani, immigrati o di pelle scura. Colpisce la crescente abdicazione da parte dello Stato ai suoi compiti irrinunciabili, tra i quali rientra indubbiamente la promozione dei valori universali di cui sopra. Tanto più inaccettabile appare tale situazione se pensiamo al fatto che il meticciato costituisce oggi l’unico futuro possibile per un Paese come il nostro, dove è prevista una forte regressione demografica a fronte di nuovi massicci arrivi dall’Africa e dal Medio Oriente.

Un fenomeno storico obiettivo e incontenibile che non sarà certamente fermato dalle ridicole menate demagogiche contro le presunte invasioni che tutt’al più porteranno qualche voto in più a Giorgia Meloni e Matteo Salvini e qualche militante in più a Casapound e Forza Nuova. Un fenomeno che va gestito mediante la costruzione di una società accogliente e inclusiva che rispetti la libertà e l’autodeterminazione dei giovani, e specialmente delle giovani donne, tutelandoli da razzisti e fondamentalisti di ogni tipo.

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