Non ho conosciuto da vicino Guglielmo Epifani: il mio approdo in Confederazione Nazionale, nel Palazzo di Corso d’Italia, risale a pochi anni fa, molto successivamente dunque alla conclusione della sua esperienza di Segreteria; ma l’ambito che seguo dentro l’Organizzazione, quello della laicità dello Stato e dei diritti della persona, risente ancora fortemente della sua impostazione, della sua cultura e dell’impronta indelebile che ha lasciato nel primo Sindacato italiano.

Spessissimo, soprattutto negli ultimi anni e sui social, si contrappongono artificiosamente diritti sociali e diritti civili e si imputa alla Cgil di trascurare i primi occupandosi impropriamente dei secondi. In genere questo tipo di critica proviene da chi da un lato vede il Sindacato come fumo negli occhi e – dall’altro – mal sopporta che un soggetto forte ed autorevole faccia pesare la sua posizione su queste materie: come se le lavoratrici e i lavoratori fossero una sorta di essere mitologico che vive solo nel posto di lavoro e che allo scoccare del fine turno cessa di esistere per tornare a vivere soltanto il giorno dopo alla riapertura delle fabbriche e degli uffici.

In realtà la riflessione secondo cui il Sindacato ha pieno titolo e pieno diritto di occupare quegli spazi, rappresentando le persone nella loro interezza e non limitatamente al loro essere lavoratrici e lavoratori, risale alla segreteria di Bruno Trentin durante la quale venne creato l’ufficio che si occupa dei cosiddetti “nuovi diritti”; ma quella riflessione giunse a piena maturazione proprio durante l’esperienza di Guglielmo Epifani come Segretario Generale che, pur nella immaginabile difficoltà di succedere a un Segretario fortemente “mediatico” come Sergio Cofferati, entrato nell’immaginario collettivo di quegli anni (come dimenticare i 3 milioni del Circo Massimo contro l’abolizione dell’art. 18?) fu capace di caratterizzare fortemente gli otto anni successivi.

Ed è difficile pensare che a questa maturazione sia stato estraneo il fatto che Epifani fu il primo Segretario della Cgil che – superata la stagione delle due componenti – veniva dalla cultura socialista, una cultura più attenta e sensibile ai diritti della persona e alla loro interconnessione con i diritti collettivi di quanto non fosse, storicamente, la cultura del Pci.

Di quegli anni si ricorda, per esempio, la partecipazione molto attiva al referendum sulla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita con le nostre sale utilizzate per la raccolta e la verifica delle firme. Un referendum – vale la pena ricordarlo – poi naufragato, proprio in spregio ai principi della laicità dello Stato, grazie all’invito perentorio delle gerarchie vaticane ai cattolici affinché disertassero le urne, cosa poi purtroppo avvenuta.

Ma quella stagione non terminò col fallimento del referendum e la Segreteria della Cgil sostenne apertamente i ricorsi alla Corte Costituzionale che negli anni fecero giuste strame di gran parte di quella legge confessionale. Così come non fu casuale la sua decisione di affidare la delega di Segreteria su quei temi a Morena Piccinini che della laicità fece – insieme a Maria Gigliola Toniollo che per trent’anni ha diretto l’ufficio nuovi diritti – un faro costante.

Il lavoro svolto durante quegli otto anni, tanta è la durata massima degli incarichi nella nostra Organizzazione, trovò un pieno compimento nel Congresso del 2010, quello che vide l’avvicendamento tra Guglielmo e Susanna Camusso alla Segreteria Generale. In quel Congresso, infatti – altra cosa accolta come un’anomalia da molti osservatori – venne approvato un ordine del giorno, il numero 8, intitolato “Per uno Stato Laico” nel quale venivano enucleate le posizioni maturate negli anni dentro l’Organizzazione sui temi di laicità e autodeterminazione della persona: si parlava, in quell’ordine del giorno, di fine vita e testamento biologico, del pluralismo delle forme familiari e della necessità del loro riconoscimento, del contrasto all’omolesbobitransfobia, del rispetto dell’identità di genere delle persone trans, della richiesta di norme in materia di sex work che fossero rispettose del diritto all’autodeterminazione delle lavoratrici e dei lavoratori del sesso.

Insomma, temi ancora oggi di strettissima attualità e che continuano a costituire la summa dell’attività della Cgil in questi ambiti: l’intelligenza e la sensibilità di Guglielmo Epifani mancheranno anche in questo campo, ma rimarrà incancellabile il contributo della sua esperienza come Segretario Generale.

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