Sembra Salvini ma non è. E’ l’altro Matteo, così lontano, così vicino. Renzi sulla questione – delicatissima – di Saman Abbas, la 18enne sulla cui scomparsa è aperta un’inchiesta per omicidio premeditato che coinvolge i familiari, non solo smarrisce tutto il vocabolario del garantismo e della presunzione d’innocenza che riserva ad altre circostanze e ad altre inchieste, ma segue pedissequo tutte le impronte leghiste, soprattutto la mira un po’ sbilenca quando nella sua newsletter spiega che la ragazza è stata uccisa “perché voleva vivere all’Occidentale“, cioè la semplificazione estrema di una questione molto più complessa (vecchio trucchetto dei populisti, lui che dice di combatterli). Ora Renzi rivendica la libertà per le donne così come garantita dalla Costituzione, circostanza che si è sempre dimenticato di ricordare nei suoi incontri dietro compenso con i maggiorenti dell’Arabia Saudita, dove i diritti delle donne sono tutt’altro che garantiti.
Il tema è così imponente – a sentire tutti i partiti che oggi fanno dichiarazioni – che la politica ne parla solo ora, dopo l’ennesima vittima. Eppure era il 2018 quando un reportage di FqMillennium raccontava il servizio di protezione per aiutare le ragazze che vogliono sottrarsi ai matrimoni imposti dalla famiglia d’origine. Se su Saman Abbas Renzi parla come Salvini, dall’altra parte a ilfattoquotidiano.it Tiziana Dal Pra, fondatrice dell’associazione Trama di Terre che aiuta le ragazze dopo che scelgono di rifiutare l’imposizione del matrimonio, aveva spiegato che è riduttivo sostenere che queste giovani non si ribellano per “imitare l’Occidente“, ma “perché una donna ha diritto di dire no“. Sono “vittime di violenza di genere” e quindi non si può sbrigare tutto alla “arretratezza culturale”. E proprio per questo, diceva Dal Pra, la sinistra deve “battere un colpo” perché spesso è paralizzata dalla paura di poter essere additata come “razzista”. Ilfatto.it aveva raccolto peraltro un’esortazione analoga dalla consigliera comunale del Pd a Reggio Emilia Marwa Mahmoud: “Il partito prenda posizione – aveva detto – La destra strumentalizza? Temo di più il silenzio della sinistra”. Scrive oggi Erasmo Palazzotto, di Sinistra Italiana: “Saman andava protetta, dai suoi genitori che erano chiaramente un pericolo per la sua incolumità e da una pratica, quella dei matrimoni forzati, che in Italia è un reato punito con la reclusione. Perché si è interrotto l’affidamento ai servizi sociali senza alcuna tutela alternativa? E’ di questo che siamo responsabili, del non garantire tutela a chi vive condizioni di pericolo e della timidezza con cui evitiamo di combattere barbare pratiche patriarcali ovunque e da chiunque siano perpetrate”. Antonella Veltri, presidente di DiRe (Donne in rete contro la violenza), sottolinea: “I matrimoni forzati sono una delle forme della violenza contro le donne riconosciute dalle Nazioni Unite, oggetto di campagne di prevenzione da decenni, che conferma ancora una volta quanto la violenza di genere sia un fenomeno strutturale nelle società modellate dalla cultura patriarcale“.
Toni diversi sceglie, appunto, l’ex presidente del Consiglio Renzi: “Se le cose sono andate così (cioè se davvero lo zio ha ucciso Saman Abbas, ndr), quell’uomo – anzi, quell’animale – va preso ovunque sia in Europa e assicurato senza sconti di pena alle patrie galere. Va preso, subito, ovunque sia. Lo Stato è più forte delle bestie e deve dimostrarlo”. Animale, bestie, senza sconti di pena. Tutto rimanda al codice comunicativo di Salvini quando – anche lui solo in certi casi – parla di “marcire in galera“, “buttare via la chiave” e le altre espressioni simboliche del cosiddetto “populismo penale” contro il quale Renzi è solito battersi, almeno davanti ai microfoni.
D’altra parte il ragionamento di Renzi non è smentibile quando dice che “non esiste integrazione senza il rispetto della Costituzione” e che l’Italia deve offrire “a tutte le ragazze che vogliono vivere qui la possibilità di farlo in libertà”. E visto che parla il capo, tutti dietro, di testa. Interviene oggi per esempio il sottosegretario all’Interno Ivan Scalfarotto che dice che “è un fenomeno che preoccupa molti Paesi occidentali” e che “integrarsi non significa solo avere un lavoro e pagare le tasse ma anche rispettare i valori che sono propri della nostra comunità, la parità tra uomini e donne, la laicità dello Stato”. Anche qui i principi dell’ex premier e dei suoi compagni del mini-partito valgono a corrente alternata. Di certo non in Arabia Saudita, dove Renzi è solito fare lo sparring partner a pagamento nelle interviste al principe ereditario Mohammed bin Salman, ritenuto responsabile (da un dossier della Cia) dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, che come noto fu ucciso nel consolato saudita a Istanbul: il suo corpo poi fu fatto a pezzi. In quel caso, in quell’intervista a Bin Salman, nessun epiteto, nessun riferimento alle bestie.