“Sono molto contenta degli sviluppi che ci sono stati nell’ultimo G7 dei ministri finanziari, perché in realtà quello che loro hanno deciso, cioè un approccio uniforme alla tassazione delle aziende multinazionali, è quello che noi abbiamo cercato di portare avanti da molto tempo”. Sono le parole con cui Mariangela Marseglia, responsabile per Italia e Spagna di Amazon ha commentato stamane l’accordo raggiunto dai ministri dell’Economia del G7 sull’aliquota globale minima. Marseglia fa bene ad essere contenta. Analizzando i testi, le organizzazioni Fair Tax Foundation, Tax Justice Network e TaxWatch hanno scopeto che il colosso dell’e-commerce potrebbe infatti uscire quasi indenne dal giro di vite fiscale che si vorrebbe applicare alle multinazionali. Proprio Amazon, il cui valore di borsa nell’ultimo anno è passato da 1.200 a 1.600 miliardi di dollari e i cui ricavi sono balzati del 37% a 386 miliardi, grazie anche ai lockdown. Proprio Amazon che è riuscita a non pagare neppure un euro di tasse per la sua controllata lussemburghese dove confluiscono molti degli incassi delle divisioni europee, per un totale di 44 miliardi di euro di ricavi e oltre 2 miliardi di utili.
Il diavolo sta nei dettagli e per capire il motivo per cui Amazon festeggia è necessario spiegare qualche aspetto tecnico dell’accordo. L’intesa, di cui in sede Ocse si discuteva da anni, si basa su due pilastri. Il primo sancisce che il 20% della quota di profitto superiore al 10% dei ricavi diventi soggetto a tassazione nei paesi in cui le aziende operano. Il “secondo pilastro” prevede invece il principio di una aliquota minima globale di almeno il 15% imposta paese per paese, azzerando quindi l’utilità di spostare i profitti nei paradisi fiscali.
E’ al primo pilastro che bisogna prestare più attenzione. Il suo obiettivo è fare in modo che le multinazionali paghino una quota delle tasse nei paesi in cui hanno un elevato volume di vendite, indipendentemente dal fatto che la loro presenza fisica sia modesta. Pensiamo ad esempio a Facebook che in molti paesi europei fattura miliardi pur avendo uffici che si limitano a gestire marketing e parte commerciale. C’è un però. Questo principio si applica solo alle aziende che hanno un margine di profitto superiore al 10%. Il margine di profitto è quello che un’impresa effettivamente guadagna rispetto ai suoi ricavi.
Ci sono settori, ad esempio la moda, dove questo margine è abitualmente molto alto. Altri, come la siderurgia o le auto di fascia bassa, dove i margini sono molto più risicati. Significa che in alcuni settori si guadagna e in altri meno? No, perché gli incassi dipendono anche dai volumi di vendita. Una borsa da 2.000 euro può fruttare tanto ma se ne vendono relativamente poche. Un’acciaieria ha alti costi e guadagna poco su una singola fornitura di prodotto finito ma vende magari 6 milioni di tonnellate.
A differenza di Google, Facebook o Microsoft, Amazon ha strutture fisiche importanti: magazzini, mezzi di trasporto, eserciti dipendenti. Ha costi alti ed è un ibrido tra vecchia e nuova economia . I suoi 20 miliardi ed oltre di profitti realizzati nel 2020 dipendono dal fatto che il volume di vendite è gigantesco (382 miliardi). Il rapporto tra utili e ricavi si ferma però al 6,3%. Sarebbe quindi esclusa dall’obbligo di pagare parte delle tasse nei paesi in cui effettua volumi di vendite consistenti. Come ad esempio l’Italia, dove Amazon ha 40 siti e oltre 10mila dipendenti. Secondo gli studi di Mediobanca il colosso di Jeff Bezos paga nel nostro paese appena 11 milioni di euro di tasse.
Che in generale l’accordo raggiunto a Londra non sia particolarmente punitivo per i colossi del web lo dimostra anche la soddisfazione espressa da Google e Facebook. Si era partiti dalla proposta di un’aliquota minima del 21%, ci si è accordati al 15%, poco al di sopra del prelievo oggi applicato in paesi come l’Irlanda (12,5%). Il gettito a livello europeo che, nel caso di un prelievo del 21%, sarebbe stato di quasi 100 miliardi di euro (7,6 miliardi per l’Italia) con l’asticella abbassata al 15% si riduce a 48 miliardi (2,7 miliardi per l’Italia). Non è molto distante da quel 12,5% di Dublino, dove già oggi molte multinazionali domiciliano le loro attività europee.
L’amministrazione statunitense di Joe Biden ha avuto il merito di sbloccare una trattativa ferma da tempo proprio e soprattutto a causa dell’opposizione degli Usa. Lo schema dell’accordo sembra però molto attento a non penalizzare troppo i colossi statunitensi. Washington ha chiesto anche che, a questo punto, vengano rimosse le web tax approvate autonomamente in paesi come Francia o Italia. Gli Stati Uniti saranno i principali beneficiari dell’introduzione di un’aliquota minima globale.
Economia & Lobby
Tasse sulle multinazionali, per Amazon potrebbe non cambiare nulla o quasi. Le nuove regole “graziano” il colosso di Bezos
Il gruppo dell'e-commerce ha margini di profitti troppo bassi rispetto a quelli richieste perché i paesi in cui effettua volumi di vendite notevoli possano aumentare le loro pretese fiscali. In generale l'intesa uscita da Londra, che dovrà essere ratificata in luglio, è molto morbida con tutti i colossi del web
“Sono molto contenta degli sviluppi che ci sono stati nell’ultimo G7 dei ministri finanziari, perché in realtà quello che loro hanno deciso, cioè un approccio uniforme alla tassazione delle aziende multinazionali, è quello che noi abbiamo cercato di portare avanti da molto tempo”. Sono le parole con cui Mariangela Marseglia, responsabile per Italia e Spagna di Amazon ha commentato stamane l’accordo raggiunto dai ministri dell’Economia del G7 sull’aliquota globale minima. Marseglia fa bene ad essere contenta. Analizzando i testi, le organizzazioni Fair Tax Foundation, Tax Justice Network e TaxWatch hanno scopeto che il colosso dell’e-commerce potrebbe infatti uscire quasi indenne dal giro di vite fiscale che si vorrebbe applicare alle multinazionali. Proprio Amazon, il cui valore di borsa nell’ultimo anno è passato da 1.200 a 1.600 miliardi di dollari e i cui ricavi sono balzati del 37% a 386 miliardi, grazie anche ai lockdown. Proprio Amazon che è riuscita a non pagare neppure un euro di tasse per la sua controllata lussemburghese dove confluiscono molti degli incassi delle divisioni europee, per un totale di 44 miliardi di euro di ricavi e oltre 2 miliardi di utili.
Il diavolo sta nei dettagli e per capire il motivo per cui Amazon festeggia è necessario spiegare qualche aspetto tecnico dell’accordo. L’intesa, di cui in sede Ocse si discuteva da anni, si basa su due pilastri. Il primo sancisce che il 20% della quota di profitto superiore al 10% dei ricavi diventi soggetto a tassazione nei paesi in cui le aziende operano. Il “secondo pilastro” prevede invece il principio di una aliquota minima globale di almeno il 15% imposta paese per paese, azzerando quindi l’utilità di spostare i profitti nei paradisi fiscali.
E’ al primo pilastro che bisogna prestare più attenzione. Il suo obiettivo è fare in modo che le multinazionali paghino una quota delle tasse nei paesi in cui hanno un elevato volume di vendite, indipendentemente dal fatto che la loro presenza fisica sia modesta. Pensiamo ad esempio a Facebook che in molti paesi europei fattura miliardi pur avendo uffici che si limitano a gestire marketing e parte commerciale. C’è un però. Questo principio si applica solo alle aziende che hanno un margine di profitto superiore al 10%. Il margine di profitto è quello che un’impresa effettivamente guadagna rispetto ai suoi ricavi.
Ci sono settori, ad esempio la moda, dove questo margine è abitualmente molto alto. Altri, come la siderurgia o le auto di fascia bassa, dove i margini sono molto più risicati. Significa che in alcuni settori si guadagna e in altri meno? No, perché gli incassi dipendono anche dai volumi di vendita. Una borsa da 2.000 euro può fruttare tanto ma se ne vendono relativamente poche. Un’acciaieria ha alti costi e guadagna poco su una singola fornitura di prodotto finito ma vende magari 6 milioni di tonnellate.
A differenza di Google, Facebook o Microsoft, Amazon ha strutture fisiche importanti: magazzini, mezzi di trasporto, eserciti dipendenti. Ha costi alti ed è un ibrido tra vecchia e nuova economia . I suoi 20 miliardi ed oltre di profitti realizzati nel 2020 dipendono dal fatto che il volume di vendite è gigantesco (382 miliardi). Il rapporto tra utili e ricavi si ferma però al 6,3%. Sarebbe quindi esclusa dall’obbligo di pagare parte delle tasse nei paesi in cui effettua volumi di vendite consistenti. Come ad esempio l’Italia, dove Amazon ha 40 siti e oltre 10mila dipendenti. Secondo gli studi di Mediobanca il colosso di Jeff Bezos paga nel nostro paese appena 11 milioni di euro di tasse.
Che in generale l’accordo raggiunto a Londra non sia particolarmente punitivo per i colossi del web lo dimostra anche la soddisfazione espressa da Google e Facebook. Si era partiti dalla proposta di un’aliquota minima del 21%, ci si è accordati al 15%, poco al di sopra del prelievo oggi applicato in paesi come l’Irlanda (12,5%). Il gettito a livello europeo che, nel caso di un prelievo del 21%, sarebbe stato di quasi 100 miliardi di euro (7,6 miliardi per l’Italia) con l’asticella abbassata al 15% si riduce a 48 miliardi (2,7 miliardi per l’Italia). Non è molto distante da quel 12,5% di Dublino, dove già oggi molte multinazionali domiciliano le loro attività europee.
L’amministrazione statunitense di Joe Biden ha avuto il merito di sbloccare una trattativa ferma da tempo proprio e soprattutto a causa dell’opposizione degli Usa. Lo schema dell’accordo sembra però molto attento a non penalizzare troppo i colossi statunitensi. Washington ha chiesto anche che, a questo punto, vengano rimosse le web tax approvate autonomamente in paesi come Francia o Italia. Gli Stati Uniti saranno i principali beneficiari dell’introduzione di un’aliquota minima globale.
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La Camera respinge la sfiducia a Santanchè: “Sulle dimissioni rifletterò”. Conte: “Siete responsabili di un disastro morale”. Schlein: “Meloni ancora in fuga”
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Tel Aviv, 25 feb. (Adnkronos) - Ofri Bibas, sorella dell'ostaggio liberato Yarden Bibas, ha criticato duramente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nonché i notiziari, gli utenti dei social media e i diplomatici pubblici, per aver descritto in dettaglio, contro la volontà della famiglia, gli omicidi avvenuti durante la prigionia della moglie di Yarden, Shiri, e dei suoi figli piccoli Ariel e Kfir. Pubblicare tali informazioni nonostante le ripetute richieste della famiglia è stato "un abuso fine a se stesso nei confronti di una famiglia che ha attraversato 16 mesi di inferno e che deve ancora affrontare il peggio", ha sritto Ofri Bibas su Facebook.
Netanyahu ha descritto l'omicidio dei ragazzi in modo molto dettagliato in un discorso tenuto davanti all'America Israel Public Action Committee e, mentre teneva in mano una foto delle vittime, durante una cerimonia militare tenutasi ieri, in seguito alla quale, la famiglia Bibas ha inviato una lettera di diffida a Netanyahu e ad altri uffici governativi, chiedendo loro di smettere di pubblicare dettagli non approvati sugli omicidi, riporta il sito di notizie Ynet.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - "Questa decisione lacera l'indipendenza di una stampa libera negli Stati Uniti". Lo ha detto il presidente della White House Correspondents' Association Eugene Daniels, criticando l'amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per aver affermato che d'ora in poi sarà lei stessa a decidere quali giornalisti potranno seguire gli eventi della Casa Bianca. "In un paese libero, i leader non devono scegliere le testate" da accreditare, ha aggiunto.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato durante il briefing di oggi che l'amministrazione determinerà quali organi di stampa faranno parte del pool stampa della Casa Bianca. Attualmente la White House Correspondents Association aiuta a coordinare la copertura del pool.
La Leavitt ha affermato che alle "testate tradizionali" sarà comunque consentito di unirsi al pool, ma ha osservato che l'amministrazione consentirà l'adesione anche ad altri siti. "Sono orgogliosa di annunciare che restituiremo il potere alle persone che leggono i vostri giornali, che guardano i vostri programmi televisivi e che ascoltano le vostre stazioni radio", ha aggiunto.
(Adnkronos) - L'indagine su Twitter International Uk vede due indagati - si tratta di due ex amministratori (un irlandese e un indiano) - che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida del social poi rilevato da Elon Musk a fine 2022. L'indagine nasce da un controllo fiscale della Gdf, concluso ad aprile 2024, proprio sulla piattaforma americana, che oggi si chiama 'X', sulla scia delle stesse verifiche fatte su Meta. Il fascicolo è affidato dal pm Giovanni Polizzi, già protagonista di altre indagini sui colossi del web.
Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti.
Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La Casa Bianca attribuisce il grosso livido sulla mano destra di Donald Trump, che era visibile durante l'incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, alle strette di mano del presidente americano.
"Il presidente Trump è un uomo del popolo", ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo: "Il suo impegno è incrollabile e lo dimostra ogni singolo giorno. Il presidente Trump ha lividi sulla mano perché lavora costantemente e stringe mani tutto il giorno, tutti i giorni".
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Sono due i momenti della replica di Daniela Santanchè sottolineati dalle opposizioni, che oggi hanno votato compatte la mozione di sfiducia alla ministra del Turismo. Il primo quello sull''intemerata' del tacco 12 e il glamour, della sinistra che odia la ricchezza. Un tentativo di 'buttarla in caciara' e uscire dal merito, grave, della vicenda, dicono le opposizioni. L'altro passaggio è meno di colore e più inquietante, sostengono, ed è quando la ministra ha detto che alla prossima udienza valuterà le dimissioni "ma lo farò da sola - ha scandito- con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura". Una sottolineatura che, secondo le opposizioni, è un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. E fa crescere l'interrogativo: perché la premier Meloni si fa trattare in questo modo? E' la domanda dei parlamentari di minoranza in Transatlantico.
Giuseppe Conte intervenendo in aula nelle dichiarazioni di voto ha dato una sua versione: "Ci sono solo due plausibili spiegazioni. La prima è che lei, Santanchè, ricatta Meloni. Può darsi che all'opposizione abbiate condiviso segreti che oggi mettono in imbarazzo la presidente del Consiglio e allora comprenderemmo perché ogni giorno Meloni dice che non è ricattabile... La seconda è che Fdi dopo aver avuto come motto 'legge e ordine', oggi che siete al potere si sentite casta intoccabile. Il caso Delmastro è l'esempio di questa vostra convinzione di essere al di sopra della legge".
Anche Elly Schlein si rivolge alla premier Meloni: "Cosa le impedisce di far dimettere Santanchè? Come è possibile accettare in silenzio, dopo che Santanchè ha detto che del pressing di Fdi se ne frega, che lei e solo lei decide se dimettersi come se non esistesse una presidente del Consiglio?". E insiste: "Meloni è stata campionessa mondiale di richieste di dimissioni e oggi ha disertato quest'aula, come fa non vergognarsi della sua incoerenza, come fa a non rendersi conto di quanto sia vigliacco il suo atteggiamento di continua fuga da quest'aula e dalla realtà? Dove si è nascosta la premier? Forse sta registrando un altro video, un contributo da inviare a una convention fra motoseghe e saluti nazisti?".
Conte ribatte anche al passaggio 'tacco 12' della ministra: "Lei ha detto che odiamo la ricchezza, ma non dica baggianate, siete voi che avete fatto la guerra ai poveri, che odiate i poveri. Noi odiamo o meglio ancora contrastiamo, la disonestà". Una questione, quella dei tacchi e delle borsette, che fa sbottare Schlein: "Lei viene qui a difendere le borsette, chi difende gli italiani dalla bollette? Noi non siamo qui per fare un processo ma per porre una gigantesca questione di opportunità politica: davanti ad accuse così gravi, per non ledere le istituzioni, avrebbe dovuto dimettersi".
La segretaria del Pd si rivolge quindi alla maggioranza: "Speriamo in un sussulto della maggioranza e dei singoli parlamentari. Se oggi salvate Santanchè dimostrate che a voi interessa difendere i vostri più che difendere l'onore delle istituzioni. Questa non è difesa nazionale, è difesa tribale". Per Elisabetta Piccolotti che interviene a nome di Avs, "il problema non è la ricchezza della ministra, il problema è che quando si è ricchi e non si pagano" gli stipendi ai lavoratori e si umiliano "le persone più povere".
Anche Iv, Più Europa e Azione che non avevano sottoscritto la mozione di sfiducia, hanno comunque dichiarato il voto a favore in aula. "Noi sappiamo che la mozione di sfiducia non sarà approvata, ma chiunque si è accorto che la ministra Santanchè non è sfiduciata da coloro che hanno presentato questa mozione ma dalla sua stessa maggioranza, dalla premier Meloni", dice Davide Faraone di Iv. Per Azione Antonio D'Alessio spiega: "Le mozioni di sfiducia non ci piacciono" e "la ministra non è colpevole fino a prova contraria" ma "è il quadro complessivo che finisce con il restituirci una politica rispetto alla quale scivolano via situazioni che non consentono una azione della ministra libera di condizionamenti". Linea simile a Riccardo Magi di Più Europa: "Per noi Santanché dovrebbe dimettersi" non per le questioni giudiziarie, ma "perché ha inanellato una serie di fallimenti da ministro". Intanto in serata l'aula ha respinto la sfiducia con 206 voti.
Londra, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha confermato che ospiterà colloqui sull'Ucraina con gli alleati nel fine settimana, dopo essere tornato dall'incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca. "Ospiterò diversi paesi questo fine settimana per continuare a discutere di come procedere insieme come alleati alla luce della situazione che ci troviamo ad affrontare", ha detto ai giornalisti.