La gestione dei flussi migratori è un terreno politico scivoloso, per l’Ue come per gli Stati Uniti. E così è per Kamala Harris, vicepresidente degli Stati Uniti che ha ricevuto l’incarico di gestire la questione migranti a fine marzo. Durante la sua prima visita ufficiale all’estero – in Centro America – Harris ha rivolto un appello ai potenziali migranti illegali del Guatemala e degli altri paesi limitrofi a “non venire” perché “sarete rispediti indietro”. Tra quelli che non si aspettavano parole così dure dalla vicepresidente c’è Alexandria Ocasio-Cortez, la deputata leader dell’ala sinistra dei Democratici che definisce il discorso di Harris “deludente” e con un tweet esprime tutto il suo disappunto: “Primo, chiedere asilo in qualunque punto del confine Usa è un metodo di arrivo legale al 100%. Secondo, gli Stati Uniti hanno contribuito per decenni ai cambi di regime e alla destabilizzazione in America Latina. Non possiamo aiutare qualcuno a dare fuoco alla casa e poi accusarlo di scappare” ha scritto sul suo account.
La vicepresidente si è recata nel Paese dell’America centrale proprio per discutere del fenomeno migratorio con il presidente guatemalteco Alejandro Giammattei. “Voglio essere chiara con le persone di questa regione che stanno pensando di intraprendere il pericoloso viaggio verso il confine tra Stati Uniti e Messico. Non venite”, ha detto Harris aggiungendo che “ci sono strade per un’immigrazione legale e sono queste che vanno percorse”.
L’obiettivo dell’amministrazione Biden – ha sostenuto la vicepresidente Usa – è quello aiutare guatemaltechi e messicani a trovare speranza restando a casa loro, creando condizioni diverse nei paesi dell’America centrale. Per questo Harris ha scoraggiato i potenziali migranti, invitandoli a non presentarsi alle frontiere. “Gli Stati Uniti continueranno a proteggere i confini“, ha aggiunto parlando della “maggior parte delle persone che non vuole lasciare il posto dove è cresciuta”, ma spesso è costretta a farlo “perché semplicemente non riesce a soddisfare i suoi bisogni primari stando in patria”. Secondo Harris, la soluzione al problema non può essere scappare, bensì “lavorare insieme” per creare condizioni diverse, più favorevoli in questi paesi.
Durante la visita, la numero due della Casa Bianca ha anche annunciato diverse iniziative a supporto della realtà locale: una task force che si occupi del traffico di esseri umani, una che combatta la corruzione e aiuti le autorità locali a perseguire i casi e un programma per l’emancipazione femminile. La corruzione, infatti, insieme alla povertà e alla criminalità organizzata, è una delle cause della forte immigrazione. Harris ha inoltre promesso supporto finanziario, oltre all’invio di mezzo milione di dosi di vaccino per frenare la pandemia. L’amministrazione Biden, che ha promesso un approccio più umano al problema dell’immigrazione, è stata già accusata da diversi fronti: i Repubblicani rimproverano la Casa Bianca di aver lasciato passare troppi migranti, creando una “crisi” al confine meridionale, mentre l’ala più radicale del partito Democratico accusa Biden di non aver cambiato l’approccio di Trump, mantenendo sostanzialmente invariate le politiche migratorie della precedente amministrazione.
Una situazione, quella che si trova ad affrontare oggi la squadra del presidente americano, che è la diretta conseguenza di un approccio all’immigrazione, in special modo dal confine sud, che in campagna elettorale sembrava voler segnare una netta rottura rispetto alla stagione trumpiana dei muri e delle gabbie per migranti nei centri di detenzione al confine col Messico. Già nei giorni che hanno preceduto l’insediamento di Joe Biden, centinaia di migliaia di persone provenienti dal Centro e Sud America avevano intrapreso il viaggio verso gli Usa ritrovandosi accalcate al confine con il Messico. La speranza di minori restrizioni e controlli più blandi aveva scatenato un esodo inaspettato per Washington. Tanto che le promesse di un cambio di rotta sono state rimandate a maggio, quando l’amministrazione Biden ha deciso di alzare la quota di rifugiati in un anno fiscale dai 15mila dell’era Trump a 62.500, con il presidente che ha però ammesso di non essere in grado di rispettare questo obiettivo.
Appena eletto, Biden ha immediatamente firmato degli ordini esecutivi che, tra le altre cose, hanno cancellato alcuni dei pilasti più contestati della politica sull’immigrazione trumpiana: via il bando agli arrivi negli Stati Uniti da sette Paesi a maggioranza musulmana, ha creato una task-force che ha lo scopo di riunire le famiglie separate al confine messicano, ha bloccato i fondi per la costruzione del muro, ha implementato politiche di accoglienza per rifugiati Lgbtq, ha cancellato la misura che rende più difficile ottenere un visto negli Stati Uniti per quei migranti che faranno uso di benefici sociali come il Medicaid. Misure considerate comunque insufficienti dall’ala sinistra del Partito Democratico. Adesso, con una parte degli alleati che chiede uno sforzo maggiore e i conservatori che, al contrario, accusano la Presidenza di stimolare un’immigrazione indiscriminata, l’appello di Kamala Harris ai potenziali migranti dell’America Latina sembra la strategia scelta per allontanare il problema dai confini americani.