Un salto indietro in un’altra epoca, quando l’Italia e il resto del mondo consideravano il Sars-CoV-2 una minaccia cinese da cui difendersi con l’isolamento. E ignorando che il virus del Covid-19 viaggiava già al di fuori della Cina, gettando i semi di quella che sarebbe diventata una delle più estese pandemie della storia. Nei verbali della task force per l’emergenza coronavirus (una sorta di “antenata” del Comitato tecnico scientifico, riunitasi dal 21 gennaio al 22 febbraio 2020), resi pubblici dal ministero della Salute dopo una sentenza del Tar che ha accolto il ricorso del deputato Galeazzo Bignami (Fratelli d’Italia), c’è il racconto delle scelte prese giorno per giorno da Governo e autorità sanitarie per affrontare un nemico di cui si conosceva pochissimo. Con tutte le ingenuità e gli errori che col senno di poi si possono riconoscere: la mancata previsione dell’epidemia in arrivo, il ritardo nell’approntare la dotazione sanitaria in termini di posti letto e dispositivi di protezione, le convinzioni mediche rivelatesi sbagliate dopo poche settimane o molti mesi. Ecco il riassunto di quelle giornate di appena un anno e mezzo fa.
22-25 gennaio – I corridoi sanitari
Il tema che impegna da subito la task force è il controllo dei viaggiatori aerei provenienti dalla Cina. Al 22 gennaio il “canale sanitario” (il protocollo che prevede il controllo della temperatura) è attivo all’aeroporto di Fiumicino soltanto per i passeggeri dei voli diretti da Wuhan, la città epicentro del contagio. Non però per quelli dal resto del Paese, né per gli arrivi indiretti (con scalo) da Wuhan stessa: il personale sanitario in dotazione agli aeroporti non è sufficiente. Il 24 gennaio il ministro della Salute Roberto Speranza chiede di approntare “un modello organizzativo (…) idoneo a fronteggiare situazioni di grande criticità (worst case)“, che consiste semplicemente nell’allestire un canale sanitario aggiuntivo a Fiumicino e nell’invitare anche Malpensa a dotarsi di un termoscanner, in modo da attivarne uno a propria volta. Lo stesso giorno il verbale dà atto che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) “non ha dichiarato lo stato di allerta internazionale“. Il 25 gennaio i controlli sono estesi a tutti i voli diretti. Per quattro riunioni di seguito Speranza insiste sulla necessità di “comunicare adeguatamente la reale portata del fenomeno, al fine di non ingenerare nei cittadini confusione e paura ad oggi non giustificate”.
26-28 gennaio – La prima ordinanza
In apertura della seduta del 26 gennaio, il segretario generale del ministero comunica il “potenziamento della sorveglianza” con la misurazione della temperatura a bordo aereo. Riferisce che il ministro Speranza ha firmato un’ordinanza “che consentirà l’adozione di una serie di misure per fronteggiare l’eventuale aggravamento della situazione”. Il provvedimento, però – il primo di una lunghissima serie – è ancora tutto dedicato al rafforzamento dei controlli in aeroporto. Speranza chiede di “valutare la possibilità di tracciare e monitorare i passeggeri arrivati da tutta la Cina anche nei giorni precedenti al 23 gennaio 2020″. Ranieri Guerra, il direttore generale vicario dell’Oms – al suo esordio nella task force – suggerisce che gli Stati potrebbero essere chiamati “a effettuare una sorveglianza attiva sui passeggeri in arrivo”, introducendo un concetto che si rivelerà centrale nei mesi a venire. Viene assoldata una squadra di mediatori culturali cinesi. I controlli sui voli indiretti provenienti dalla Cina non sono ancora attivi.
29 gennaio – La rilevazione di mercato sui dpi
Per la prima volta il segretario riferisce che “sono in corso le rilevazioni di mercato per eventuale acquisto di dispositivi di protezione individuale, guanti, tute e mascherine”. Speranza chiede di studiare un piano per la sorveglianza sanitaria degli italiani che a breve torneranno da Wuhan con volo di Stato, e “un approfondimento, anche normativo, sull’eventuale sospensione dei voli” da e per la Cina, che arriverà il 31. Giovanni Rezza – allora direttore del Dipartimento di malattie dell’Iss, l’Istituto superiore di sanità – insiste sulla “necessità di identificare le situazioni a rischio di trasmissione del virus da persona a persona”.
30 gennaio-1 febbraio – Il “caso” voli indiretti
Il 30 gennaio il verbale annuncia che “in data odierna è previsto un incontro con rappresentanti dei ministeri di Istruzione e Università per il coordinamento delle iniziative per scongiurare fenomeni di intolleranza verso gli studenti” di origine asiatica. Lo stesso giorno si scopriranno i primi due casi sul territorio italiano, l’ormai celebre coppia di turisti cinesi (66 e 67 anni) ricoverati all’Istituto nazionale di Malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. Sia il 31 gennaio che l’1 febbraio Speranza insiste sulla necessità di controllare i passeggeri in arrivo con voli indiretti: Aeroporti di Roma comunica che i passeggeri in viaggio per l’Italia provenienti da scali diversi da quelli cinesi sono 1,5 milioni. “Su indicazione del ministro”, in chiusura della seduta del 31, il capo ufficio stampa del ministero Cesare Buquicchio “riferisce che le comunicazioni ufficiali del Ministero saranno rese solo sui profili operativi (…) e non anche con riferimento agli eventuali aggiornamenti epidemiologici e scientifici”.
2 febbraio – 800mila mascherine a disposizione
Si accenna per la prima volta alla necessità di reperire dispositivi di protezione. “Al momento – si legge nel verbale – sono state ricevute informazioni da una ditta che sembra abbia in stock 800.000 mascherine chirurgiche e prevede di averne altre 400.000 in dieci giorni. Tutte le maggiori aziende hanno incrementato la produzione”. Rezza dice che “i dati riportati sono confortanti: se si formano nuovi focolai i provvedimenti di quarantena possono scattare presto ed è più semplice gestire la diffusione. La trasmissione da persone asintomatiche (che sono al termine del periodo di incubazione) non si può escludere“.
3 febbraio – “Il virus si attenuerà, è come l’influenza”
Il direttore scientifico dello Spallanzani Giuseppe Ippolito dice che, nonostante la Cina non fornisca il numero dei casi, “è verosimile che il virus si attenui nelle prossime settimane. Attualmente la diffusione è simile a quella dell’influenza”. Rezza conferma che i dati “sono sovrapponibili a quelli dell’influenza: dal 1° gennaio in Italia abbiamo 3 milioni e mezzo di abitanti a letto con l’influenza e diversi sono stati i morti – argomenta – ma questo dato non fa notizia. Il virus dell’influenza, spiega, ha un tasso di riproduzione più elevato rispetto al coronavirus ma in quest’ultimo il quadro radiologico è molto più importante”.
4 febbraio – Le Regioni chiedono di poter fare i test
Confindustria, si legge, “ha inviato una nota con la quale rappresenta di aver sospeso le vendite di dpi ai privati e che lo stock è sufficiente per due/tre mesi fino ad aprile”. Le Regioni hanno manifestato la volontà di effettuare i tamponi in autonomia, ma l’unico laboratorio abilitato è ancora lo Spallanzani: “Sul punto occorre prestare la massima attenzione possibile – avverte Claudio D’Amario, direttore generale della prevenzione del ministero – perché il numero basso di test che a oggi potrebbero essere svolti dalle regioni denoterebbe una scarsa specializzazione in ordine agli stessi e pertanto occorrerebbe accreditare un laboratorio per ogni regione”.
5-6 febbraio – “Non c’è trasmissione dagli asintomatici”
Mercoledì 5 si torna a parlare di mascherine. “La direzione generale dei dispositivi medici ha fornito i dati sull’uso delle mascherine in Italia: 26-28 milioni di pezzi per anno in condizioni normali”. L’Aifa comunica che “è stato autorizzato, per uso compassionevole, un antivirale sperimentale usato per l’HIV, che potrebbe avere qualche effetto sul coronavirus. Giovedì 6 febbraio Rezza assicura che “non c’è trasmissione del virus prima della comparsa della sintomatologia e, quindi, il contagio può avvenire al più contemporaneamente al verificarsi della sintomatologia stessa”, un’affermazione che sarà clamorosamente smentita dopo poche settimane.
7-8 febbraio – “In Italia il virus non circola”
Il 7 febbraio sempre Rezza dice che “oggi in Italia non c’è circolazione del virus“. Col senno di poi, sappiamo che si sbagliava: all’epoca c’erano sicuramente non diagnosticati, visto che molti positivi scoperti in seguito hanno detto di aver avuto i primi sintomi tra fine gennaio e inizio febbraio. L’8 febbraio, invece, annuncia che “un team di ricerca della Oxford University ha iniziato a produrre gli antigeni, le proteine di superficie del nuovo coronavirus. Presso la sede di Pomezia – spiega – è possibile produrre in modo standardizzato l’adenovirus: è ipotizzabile, quindi, che all’inizio dell’estate si potrà cominciare a produrre un migliaio di dosi per la sperimentazione umana. Auspicando un’antcipazione delle autorizzazioni da parte delle autorità regolatorie, passerà un anno circa” prima che siano a disposizione i vaccini. Tutte queste previsioni, come sappiamo, si sono rivelate a grandi linee corrette.
9-10 febbraio – La preoccupazione per lo scenario peggiore
Gianni Rezza si dice “preoccupato” della qualità dell’azione del contenimento in Asia e avvisa che “occorre fin da ora predisporre un piano in caso di passaggio dalla fase di contenimento alla fase di mitigazione”. E in particolare, sottolinea: “Occorre verificare se disponiamo di strutture ospedaliere sufficienti e adeguate”. Un passaggio affrontato anche da Silvio Brusaferro: il presidente dell’Iss spiega che si è deciso di costituire un gruppo di lavoro “con il compito di preparare un piano per l’eventualità di un crescente aumento dei ricoveri ospedalieri”. La Fnomceo, il sindacato dei medici, pone già una questione che diventerà un caso all’esplodere della pandemia: le procedure da adottare, in base al principio di cautela, nella fase successiva al contenimento. Il giorno successivo, il direttore scientifico dell’Inmi Spallanzani Giuseppe Ippolito – rispondendo a una sollecitazione del ministero della Salute – sottolinea che la probabilità di trasmissione dipende dalla carica virale del contagiato, mentre Speranza chiede conferma della regolare attivazione dei controlli sui voli nazionali in partenza da Fiumicino.
11 febbraio – La ricognizione su respiratori e posti letto
A dieci giorni dall’individuazione del “paziente 1” di Codogno, durante la riunione emerge che la “priorità” del governo e del ministero della Salute è “mantenere la linea della massima precauzione”. Con una specifica: “Tenendo comunque conto delle legittime ripercussioni di carattere economico e diplomatico con la Cina”. Nel suo intervento Speranza “dà indicazione” di garantire “una comunicazione volta a rassicurare la popolazione” dopo i “messaggi allarmistici comparsi sui tg ieri”. Mentre l’Iss sottolineando che “oggi in Europa il virus non circola”, riporta le parole del dg dell’Oms – cioè che i casi esterni alla Cina potrebbero essere “la punta dell’iceberg” – precisando che la dichiarazione “induce a prevedere il massimo impegno in ordine a eventuali scenari peggiori”. Intervenendo come rappresentante della Protezione Civile, Agostino Miozzo, spiega che si tratteranno in una riunione i “possibili scenari di crisi (anche peggiori)”. Per la prima volta si parla di posti letto in reparti di Malattie infettive: a farlo è il viceministro Pierpaolo Sileri che invita a fare una ricognizione anche sul “numero dei respiratori e di personale disponibili”. La Direzione generale programmazione del ministero rassicura: la “mappatura della rete” è già in corso e si sta “conducendo un primo studio statistico con scenari di bassa, media e alta gravità”. Uno dei problemi, sottolinea il segretario generale, “può riguardare la disponibilità di materiali”, comunque acquistabili tramite “procedure di emergenza”, in deroga al codice degli appalti.
12 febbraio – La presa d’atto: “Disponibilità limitata di dispositivi”
Il giorno successivo arriva una prima risposta e, lo dice a chiare lettere il segretario generale, non si tratta di “buone notizie”. La task force viene informata della mappatura dei dispositivi medici: “La disponibilità è limitata”. Per questo c’è subito stato un incontro con le associazioni di categoria, così da “quantificare l’approvvigionamento ed eventualmente bloccare la vendita a privati, riservando le scorte al servizio sanitario pubblico”. E vengono anche avviati “contatti” con Confindustria per “verificare la disponibilità in tal senso”. Di fronte a queste informazioni, Speranza spiega che “se necessario” l’ordine “può essere disposto anche nella giornata odierna”.
14 febbraio – Il picco cinese
Dopo un giorno di pausa per impegni di Speranza in Ue, la task force torna a riunirsi e l’Iss informa che il meeting scientifico tenutosi nei giorni precedenti ha trattato il tema dei corsi di formazione: il primo modulo è previsto il 28 febbraio. L’epidemia si presenterà una settimana prima. La preoccupazione è rivolta al picco di casi in Cina, passati da 45.191 a 60.342 in 24 ore, e Speranza invita a mantenere una soglia di attenzione “molto alta” ma, dice, “occorre al contempo più di quanto si stia già facendo al fine di non creare eventuali disallineamenti con altri Paesi europei”.
15 e 16 febbraio – Irrompe il piano pandemico
È un giorno chiave, perché per la prima volta la task force affronta il tema del piano di risposta a una pandemia. Stando al verbale della seduta a introdurlo è il dottor Francesco Maraglino della Direzione generale prevenzione. È lui a evidenziare “la necessità di procedere ad un aggiornamento del Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale, risalente al 2009″. E l’Istituto superiore di Sanità comunica che “si sta valutando anche un prolungamento, oltre aprile, del periodo della stagione influenzale basato sul sistema di sorveglianza sentinella”. Il giorno successivo è sempre Maraglino a comunicare che martedì 18 si riunirà il tavolo di lavoro per l’aggiornamento del Piano e che si “lavorerà in sottogruppi per accelerare i lavori”. E le Regioni comunica che il 19, nella loro Commissione salute, verranno allertate tutte le strutture “in merito all’adozione del citato Piano”.
17 febbraio – I dispenser di gel nei luoghi pubblici
La riunione ruota attorno all’intervento di Speranza, incentrato sulla richiesta di “aumentare” in aeroporti, stazioni e metropolitane “l’uso di gel idroalcolico che riduce la probabilità di trasmissione” così da “aumentare la consapevolezza delle persone” sull’importanza di disinfettare le mani per evitare la diffusione del virus. Il ministro spiega che già nelle ore successive verrà girato uno spot a riguardo, più un altro filmato che “riguarda il modo corretto di starnutire”. La disinfezione delle mani è un grande preoccupazione del titolare della Salute che “dà mandato” agli uffici competenti di “suggerire fortemente” agli amministratori locali e ai gestori del trasporto pubblico di “implementare la pratica” rendendo disponibili i dispenser.
18 e 19 febbraio – L’auspicio: “Soluzione positiva per il 28 marzo”
Il segretario generale, illustrando i report dell’Oms, sottolinea che per quanto riguarda i voli “il 28 marzo è una data che segna il passaggio dalla stagione invernale a quella estiva” e auspica che per quel momento “si possa addivenire a una soluzione positiva della vicenda ‘coronavirus'”. Quello sarà invece il giorno successivo al picco di decessi, registrato il 27 marzo con 969 morti. Sono giorni interlocutori, con Speranza che “ribadisce l’importanza della chiusura dei voli per la durata di 10 giorni”, ma si dice meno “pessimista” del giorno prima alla luce dei dati arrivati dalle autorità cinesi e illustrati da Ippolito. I voli sono tra i temi dominanti anche del giorno successivo, quando il rappresentante di Aeroporti di Roma illustra i dati relativi al calo dei voli: “Le compagnie cinesi si stanno fermando – si legge nel verbale – Ciò riporta il volume del traffico aereo, da e per la Cina, indietro di circa 30 anni”. I dati, spiega ancora, vengono forniti ” per le dovute riflessioni sugli aspetti legati alla comunicazione, quindi sull’opportunità di fornire rassicurazioni alla popolazione, circa la sicurezza dei trasporti aerei”. La maggior prudenza arriva ancora da Speranza: “Negli ultimi 3-4 giorni non abbiamo aumentato le misure, ma ne avremmo potuto adottare anche altre, più rigorose”, dice tornando sul gel disinfettante nei luoghi pubblici. Una soluzione “ottima” che “dovremmo utilizzare a prescindere da questa emergenza”. Quindi aggiunge: “Potremmo disporre altre misure, anche più drastiche, ma è opportuno valutare ora dopo ora”.
21 febbraio – Il giorno del paziente 1
La riunione del 20 non riporta grandi novità, se non un generico allarme per il diffondersi dell’epidemia in Africa che renderebbe vano il blocco dei voli. Così quando si torna a riunirsi il 21 febbraio alle 8.30, l’epidemia è già dentro casa. Viene ricostruito tutto quel che si sa riguardo il caso di Mattia Maestri, il “paziente 1”. “La capacità di contenimento nelle prime ore è decisiva”, avvisa Speranza disponendo la chiusura dell’azienda all’interno della quale lavorava il primo positivo ufficiale italiano. L’allarme è generale, anche perché Brusaferro illustra la situazione riportando la notizia della positività anche della moglie di Maestri e di un suo compaesano. La riunione è allargata, ci sono anche l’allora assessore al Welfare di Regione Lombardia, Giulio Gallera, e il prefetto di Lodi, Marcello Cardona. Si parla di scuole e pronto soccorso da chiudere, di sanitari da mettere in quarantena. Si dispongono i primi interventi. L’epidemia, in realtà, è già fuori da Codogno e sta per travolgere l’Italia.