Il muro di omertà creatosi intorno alla scomparsa della piccola Denise Pipitone avvenuto 17 anni fa a Mazara del Vallo sta per crollare. Nelle ultime settimane alcuni testimoni stanno fornendo dichiarazioni importanti ritenute attendibili dagli inquirenti e l’ultima in ordine di tempo non è un documento anonimo, ma una lettera firmata che la Procura utilizzerà sicuramente nel percorso che porterà alla verità sulla vicenda di Denise.

Un estratto di questa missiva è stato mostrato durante la trasmissione “Ore 14” e ciò che colpisce subito è la precisazione del testimone che tiene a sottolineare di non essere un collaboratore di giustizia e di non avere alcuna intenzione di diventarlo. L’autore della lettera tira in ballo il nome di Claudio Corona, fratello di Anna Corona, ex moglie di Pietro Pulizzi, padre naturale di Denise. Claudio Corona, arrestato nel 2012 nell’ambito dell’operazione “Tonno Bianco” legata al traffico di sostanze stupefacenti, non è mai stato indagato per la sparizione della bambina ma il testimone chiede di essere interrogato dalla Procura perché è in possesso di importanti elementi che potrebbero far luce su una vicenda rimasta nascosta per troppo tempo.

“Io voglio la verità su Denise” si legge nella missiva. “Non sono un collaboratore di giustizia e mai lo sarò”, e ancora “ho frequentato molto Claudio Corona ma ripeto non sarò mai un collaboratore di giustizia”, “ho tante cose da dire per tutelare me e la mia famiglia e forse finalmente scoprire la verità su qualche informazione su Denise”. E per concludere “io voglio la verità su Denise. Donne e bambini non si toccano”. Dai termini usati, come “collaboratore di giustizia” e “donne e bambini non si toccano” si evince che, molto probabilmente, a scrivere questa lettera potrebbe essere stata una persona appartenente al mondo della criminalità organizzata, forse ora detenuta, ipotesi che come ho scritto in questo blog era già emersa tra le righe delle prime dichiarazioni dell’ex pm Maria Angioni, che aveva raccontato degli enormi problemi riscontrati durante le indagini fra il 2004 e il 2005 e della sua decisione di trasferire gli atti dell’inchiesta alla Direzione Distrettuale Antimafia.

I dettagli emersi da questo documento sono altresì confermati da un altro testimone che, col volto coperto e la voce camuffata, è stato intervistato dalle telecamere di “Chi l’ha visto?” e ha parlato diffusamente delle sue frequentazioni proprio con Claudio Corona. L’uomo con il viso nascosto ha fatto alcune dichiarazioni importanti sul fratello di Anna Corona e su alcuni suoi “amici”: ”Ho avuto modo di conoscerli per un lungo periodo, di lavorare con loro e fare altre cose. Lavoro sporco, non lavoro pulito. A Mazara del Vallo quasi tutte le persone li temono. Avendo traffici illeciti, queste persone si difendono tra di loro”. “Se qualcuno a Mazara volesse parlare… lo sanno tutti dei suoi (di Claudio Corona, nda) traffici, delle sue attività che passavano dallo spaccio di stupefacenti, sia leggeri che pesanti. Aveva il rispetto e la frequentazione con personaggi malavitosi di un certo calibro. A parecchi incontri con questi malavitosi c’ero anche io. Loro avevano in mezzo a delle campagne tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, nella parte interna, un vecchio casolare dove tenevano i trattori e potevano visionare se arrivavano macchine o polizia…”.

Il testimone si spinge oltre e fa nomi e cognomi delle persone che abitualmente frequentavano Claudio Corona, ovvero Pino Burzotta, arrestato più volte per diversi reati e associazione mafiosa ma assolto e deceduto nel 2020; Vito Gondola, arrestato e condannato per mafia e morto nel 2017 e Fabrizio Messina Denaro, arrestato e condannato, tuttora in vita ed in regime di sorveglianza speciale. Fabrizio Messina Denaro è il fratello di Gerlandino detto “Zi Nicola”, noto capomafia dell’Agrigentino, condannato all’ergastolo per diversi omicidi e carceriere del piccolo Giuseppe di Matteo.

Il teste di “Chi l’ha visto?” riguardo a Claudio Corona, oltre che dei presunti incontri con i boss della malavita, riferisce anche del possesso di armi di varia natura e di un apparecchio che rilevava la presenza di cimici e telecamere, di regolari visite del Corona alla stazione di polizia dove si fermava più di mezz’ora una volta al mese e del fatto che ai posti di blocco gli agenti chiudessero sempre un occhio, restituissero i documenti e lasciassero passare tranquillamente se era presente anche Claudio Corona. Accuse pesanti che Claudio Corona respinge al mittente ma che saranno certo al vaglio della Procura, che ormai da più di un mese ha riaperto le indagini sulla scomparsa di Denise.

Accuse che gettano una luce sempre più sinistra su questa vicenda ma che potrebbero portare presto alla verità se altri testimoni decidessero di fornire elementi che i magistrati riterranno utili e attendibili per chiarire fatti tenuti nascosti per 17 anni ma che, giorno dopo giorno, stanno componendo un puzzle dai contorni sempre più delineati.

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