Alcuni ricercatori del Cambridge Graphene Centre, facente parte della prestigiosa università di Cambridge, hanno pubblicato uno studio, in collaborazione con altri gruppi di ricerca provenienti da altri paesi, nel quale si evince come l’utilizzo del grafene potrebbe addirittura decuplicare la capacità di un disco rigido. In particolare, il materiale troverebbe il suo utilizzo nei COC all’interno dell’hard disk, ovvero quegli strati di copertura che proteggono i piatti metallici da danni meccanici e dalla corrosione.

Da quando sono stati introdotti gli hard disk (1990), la dimensione dei COC è stata efficacemente ridotta dai 12,5 nm di 31 anni fa fino ai 3 nm di oggi. Attualmente riusciamo a memorizzare 1 TB per ogni pollice quadro (che corrisponde più o meno a 6 cm quadri), ma sostituendo i COC con una serie di strati di grafene, i ricercatori hanno scoperto che la capacità di memorizzazione degli hard disk aumentava notevolmente, oltre a garantire una migliore protezione dalla corrosione (il grafene la riduce di due volte e mezzo) e un minore attrito, che si riflettono su una maggiore durata di tutti i componenti.

Andrea C. Ferrari, Professore e Direttore del Cambridge Graphene Centre, ha riconosciuto come una scoperta del genere potrebbe aprire le porte a un utilizzo di massa del grafene nelle future tecnologie all’avanguardia, basandosi anche sul fatto che solo nel 2020 è stato prodotto 1 miliardo di terabyte di spazio per gli hard disk. Già a febbraio 2020 Showa Denko, un’azienda di produzioni chimiche, aveva annunciato le sue pellicole di nuova generazione formate da una lega di ferro e platino, che insieme alla tecnologia HAMR (Heat-Assisted Magnetic Recording) puntava ad aumentare la densità di memorizzazione dei dischi rigidi fino a 6 TB per pollice quadro.

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