Un fiume di denaro uscito dalle casse della società nazionale di mutuo soccorso Cesare Pozzo con sede a Milano e finito nelle tasche anche di ex dirigenti apicali e in quelle di imprenditori di origine calabrese che, pur non avendone le capacità, hanno acquisito nel tempo diversi appalti. L’inchiesta della Procura di Milano sfociata in undici arresti il 2 marzo scorso, oggi trova una sua parziale conclusione con l’avviso di chiusura indagine per sei persone accusate di associazione a delinquere finalizzata “all’appropriazione, distrazione e sviamento delle risorse economiche” della Cesare Pozzo e della controllata Fondo Salute Sce “attraverso una collaudata e stabile organizzazione interna alla società mutualistica e una precisa ripartizione dei ruoli”.
Tra i sei protagonisti c’è Ferdinando Matera, già procuratore speciale e direttore generale della Cesare Pozzo. Matera secondo la Procura “sovraintendeva e coordinava le attività della associazione impartendo direttive agli altri partecipi definendone compiti e modalità operative nonché partecipando in prima persona al compimento della varie condotte contestate”. Oltre a lui l’ex presidente del Cda Armando Messineo e a seguire un gruppo di imprenditori che secondo il procuratore di Milano Francesco Greco hanno rapporti di vicinanza con personaggi legati alle cosche della ‘ndrangheta. Tra gli imprenditori raggiunti dall’avviso di conclusione indagini anche Mirko Faga titolare della Pandora Innovation il quale concorreva “alla materiale realizzazione di molti tra i più gravi reati concernenti le appropriazioni indebite di liquidità realizzata attraverso il pagamento per prestazioni non adempiute”. E ancora secondo i pm la condotta criminale sarebbe consistita “nel distrarre a beneficio di società non in grado di adempiere, perché sprovviste di adeguata struttura (…) diversi milioni in pagamento di fatture per prestazioni inesistenti”. A far di calcolo si raggiunge la cifra di circa 4,3 milioni. Al solo Matera è poi contestato il fatto di essersi appropriato di 641mila euro sempre della Cesare Pozzo “mediante reiterati utilizzi delle carte di credito aziendali per pagare night club e generi di lusso”.
L’inchiesta coordinata dai pm Giordano Baggio e Carlo Scalas ha coinvolto anche il broker vaticano Gianluigi Torzi per aver mediato l’acquisto da parte della Cesare Pozzi di obbligazioni lussemburghesi per 15 milioni euro, frutto di un processo di cartolarizzazione che trae origini da crediti di società privata nei confronti di alcune Asl del sud Italia. Si tratta in via generale del cosiddetto fenomeno dei mafia bond che la Guardia di finanza di Milano ha qui fotografato nel suo elemento oggettivo. Il broker Torzi, già coinvolto in un opaco acquisto di un palazzo di Londra con denaro Vaticano, non è destinatario dell’avviso di chiusura indagini. Ora questa secondo parte dell’inchiesta certamente più corposa e interessante è ancora in fase di indagine e si attendono a breve importanti sviluppi.