Come calcolato da Assoutenti, Alitalia è costata finora quasi 500 euro a famiglia. AirCrew Commitee e Cub chiedono una commissione d’inchiesta sulla recente gestione: “Quattro anni di commissariamento per annichilire la compagnia – scrivono le sigle sindacali annunciando per giovedì una manifestazione, assieme a Navaid e Usb, nella piazza di Montecitorio – E’ ora che si istituisca una commissione che faccia luce sul mancato risanamento al costo di 1,5 miliardi con 7mila dipendenti in cassa integrazione”
Il conto dei salvataggi Alitalia si allunga ancora. Senza però offrire alcuna prospettiva all’ex compagnia di bandiera né tanto meno all’intero comparto aereo nel pieno di una crisi epocale. A stretto giro il governo di Mario Draghi verserà nelle casse del vettore aereo altri 800 milioni per dare vita ad ITA, il nuova società che rileverà aerei, piloti e slot Alitalia. L’ennesimo tributo che le casse dello Stato pagano alla società che, secondo le stime dell’agenzia Agi, ha mandato in fumo 13 miliardi di denaro pubblico in 47 anni, dal 1974 fino ai giorni nostri. Inclusi gli ultimi 100 milioni stanziati dal decreto Sostegni Bis. Come calcolato da Assoutenti, Alitalia è costata finora quasi 500 euro a famiglia. Cifre da capogiro come evidenziano AirCrew Commitee e Cub che chiedono una commissione d’inchiesta sulla recente gestione Alitalia: “Quattro anni di commissariamento per annichilire la compagnia – scrivono le sigle sindacali in una nota congiunta che annuncia una manifestazione, assieme a Navaid e Usb, nella piazza di Montecitorio per oggi (10 giugno)– E’ ora che si istituisca una commissione che faccia luce sul mancato risanamento al costo di 1,5 miliardi con 7mila dipendenti in cassa integrazione”.
Nonostante le tensioni sindacali, il progetto ITA va avanti sia pure meno velocemente del previsto. Non appena arriveranno i fondi, si entrerà nella fase operativa del piano per il quale il governo ha ottenuto il via libera di Bruxelles lo scorso 26 maggio. Il progetto prevede l’avvio della nuova stagione Alitalia solo sul finire dell’estate con circa 5mila dipendenti, meno della metà di quelli attualmente in forze all’ex compagnia di bandiera. “E’ già tardi – spiega Ivan Viglietti, segretario nazionale Uil trasporti – ITA sarebbe dovuta partire in tempo per la stagione estiva. E invece, se tutto andrà per il verso giusto, inizierà a funzionare solo in autunno con la prospettiva di agganciare il 2022 che promette un recupero per l’intero settore”. Non sono pochi infatti i dettagli che ancora devono essere definiti. Ad iniziare dal perimetro aziendale delle attività che confluiranno in ITA.
Un tema quest’ultimo su cui è particolarmente attenta Bruxelles che ha chiesto informazioni dettagliate sul numero di aerei da vendere o cedere in affitto, sul personale da far transitare nelle nuova società e sulle rotte da rilevare. “Non è un progetto industriale ma la solita miserabile ricetta di una politica che, priva di coraggio, sta avallando l’impossibile realizzazione di una nano-compagnia, inchinandosi alle pretese dell’Unione europea” spiega Antonio Amoroso, segretario nazionale Cub trasporti. Concorda con questa impostazione anche il professore Ugo Arrigo, docente di finanza pubblica all’Università Bicocca di Milano: “ITA non è il rilancio di Alitalia ma la sua chiusura in due tempi – spiega – Si tratta di chiudere un po’ più di metà oggi e il resto tra un paio d’anni. Il progetto ha tuttavia il vantaggio di poter essere venduto come un rilancio. Detta in altri termini, si tratta di una perfetta soluzione gattopardesca che di fatto non cambia nulla ma riesce a dare l’impressione di farlo. ITA è quindi la continuazione delle perdite di Alitalia con altri mezzi e sotto diverso nome”.
Ma c’è di più: il governo sembra avere tutta l’intenzione di andare avanti da solo. Nonostante ripetute richieste, i sindacati non sono ancora riusciti ad avere un confronto con l’esecutivo Draghi. “Abbiamo domandato più volte un incontro – riprende Viglietti – Vogliamo discutere del futuro di Alitalia, ma anche affrontare in maniera complessiva la crisi di un settore profondamente colpito dal Covid”. Per la Uil sono tre i punti sul tavolo. Innanzitutto le crisi aziendali con Alitalia in primis seguita a ruota da Air Italy con i suoi 1400 licenziamenti. In secondo luogo, il riordino del settore con un progetto avviato con il governo di Giuseppe Conte e poi accantonato. Infine la definizione di nuovi ammortizzatori con il rifinanziamento del fondo di integrazione salariale. “Bisogna studiare nuovi strumenti per un settore che ha 90mila lavoratori diretti di cui attualmente 47mila in cassa integrazione” conclude annunciando lo sciopero generale dei trasporti per il prossimo 18 giugno.