Bagno di sangue per il gruppo a cui fanno capo Mf/MilanoFinanza, Pmf News e Radio Classica. Perso un quinto dei ricavi, rosso di 20 milioni e debiti finanziari a 78. La bocciatura dei revisori è dovuta soprattutto al fatto che nel 2020 non ha saldato rate di prestiti bancari e mantiene a bilancio i valori delle testate e degli avviamenti senza svalutarli. L'accordo con le banche probabilmente si troverà, per la forza implicita che esprime un editore, anche se piccolo, che si occupa di poteri finanziari
Sopravvive sul filo del rasoio ormai da anni, con perdite che si cumulano implacabili e debiti che non accennano a rientrare. Ma questa volta i revisori contabili hanno detto basta. Il bilancio 2020 di Class editori, lo storico gruppo quotato attivo nell’editoria finanziaria e noto soprattutto per i marchi Mf/MilanoFinanza, non ha ricevuto l’ok dalla società di revisione Bdo. Bilancio bocciato data “l’impossibilità di esprimere un giudizio per i troppi elementi di incertezza”. La frase canonica con cui i revisori respingono al mittente i bilanci. Il 2020 è stato un altro anno critico per il gruppo. Ha perso un quinto dei ricavi scesi a poco meno di 65 milioni contro gli 80 milioni del 2019. E da lì in poi i conti sono stati una slavina. Margine lordo di soli 500mila euro, utile operativo in rosso per 14 milioni e una perdita netta per 20,3 milioni.
Ogni 100 euro incassati, 30 si trasformano in una perdita secca. Non solo ma il patrimonio netto si è dissolto, sceso in negativo per 9,9 milioni e il solo debito netto finanziario pesa per 95 milioni, che scendono a 78 milioni solo in virtù dei principi contabili Ifrs. Un bagno di sangue che vede molte delle testate del gruppo in rosso. Da Mf che perde 1,1 milioni all’agenzia Pmf News in perdita per 2,7 milioni. La divisione pubblicità è in rosso per 2 milioni e persino Radio Classica pesa sui conti in negativo per 1,3 milioni. Neanche l’ingresso in Class avvenuto pochi anni fa del Gambero Rosso di Paolo Cuccia, oggi secondo azionista di Class dopo il primo azionista e fondatore Paolo Panerai, ha portato a una svolta. Le attività connesse al marchio del gusto hanno segnato un rosso per 1,77 milioni nel 2020. Il resto a portare il bilancio in negativo per 20 milioni l’hanno fatto gli ammortamenti per oltre 12 milioni.
Per Class, che inanella perdite costantemente, tanto da cumulare oltre 100 milioni di passivo negli ultimi sette anni, il no secco dei revisori è dovuto soprattutto al fatto che nel 2020 il gruppo non ha saldato rate di prestiti bancari. Certo i vertici del gruppo hanno rassicurato spiegando che sono in corso contatti con le banche per trovare un accordo su una moratoria. Accordo che probabilmente si troverà, non tanto per l’affidabilità del debitore, quanto per la forza implicita che esprime un editore, anche se piccolo, che si occupa di poteri finanziari.
Non è la prima volta che Class ha a che fare con le banche finanziatrici per ristrutturare i debiti. Il debito con gli istituti rimane lì inalterato da anni. Rinnovato ogni volta, anche quando (ed è una costante) i flussi di cassa e i margini risicati non consentirebbero tale esposizione finanziaria. Ma i revisori puntano il dito anche sul fatto che Class mantiene a bilancio i valori delle testate e degli avviamenti senza svalutarli, nonostante il pessimo andamento di ricavi e la collezione delle perdite. Il gruppo ha a bilancio testate e marchi per un valore complessivo di 64 milioni tra valore e avviamento.
Di fatto quasi un terzo dell’attivo è fatto da valori che visto l’andamento economico degli ultimi anni forse andrebbero riportati a valori più attinenti alla realtà. Alla fine, dopo aver bruciato tutti gli aumenti di capitale degli ultimi anni e con un capitale netto negativo per quasi 10 milioni, Class sta in piedi solo grazie ai finanziamenti bancari. Fosse un’azienda normale forse gli istituti di credito avrebbe già staccato la spina. Non per l’editore di MF/ Milano finanza. Potenza dell’influenza della stampa finanziaria.
Riceviamo e pubblichiamo
In riferimento a quanto pubblicato su ilfattoquotidiano.it il 10 giugno sul bilancio consolidato di Class Editori al 31 dicembre 2020, Class Editori S.p.A. richiede la pubblicazione della seguente rettifica che riguarda tutti i punti seguenti dell’articolo, indicati tra virgolette.
A partire dal titolo: “No dei revisori al bilancio”. È falso. No dei revisori significa che il bilancio è da loro bocciato in quanto non redatto in osservanza dei principi contabili. Nella terminologia della revisione, ciò si definisce come “Giudizio Negativo”. Non è affatto questo il caso di Class Editori. La società di revisione si è limitata a riscontrare il fatto che, per le ragioni riportate dalla stessa nella relazione pubblicata ai sensi di legge, non si trova nella condizione di esprimere un giudizio sulla relazione finanziaria annuale, una cosiddetta “No Opinion”, cosa diversa da un no al bilancio. L’impossibilità di esprimere un giudizio, infatti, è cosa ben diversa, è già successa nella storia di molti gruppi non solo media regolarmente in bonis e quotati. Idem all’interno quando si scrive “Bocciatura dei revisori”: non hanno bocciato nessuno.
“Class Editori ha perso 1/5 dei Ricavi”. Un -20% del fatturato è una media assoluta delle aziende italiane nel 2020 che non abbiano tratto vantaggio ma svantaggio dal Covid. Avendo Class Editori due controllate, Telesia e Gambero Rosso, l’una fortemente condizionata dallo stop ai trasporti e l’altra dall’impossibilità di organizzare eventi in Italia e all’estero, Class Editori ritiene che sia stato raggiunto comunque un risultato economico più che nella media.
“Rosso di 20 milioni”. Una lettura corretta del conto economico evidenzia che oltre 8 milioni di euro si riferiscono a svalutazioni e altri oneri straordinari.
“Il patrimonio netto si è dissolto, sceso in negativo per 9,9 milioni”. Il patrimonio netto consolidato del Gruppo Class è negativo per euro 9,9 milioni a livello di bilancio consolidato, tuttavia il patrimonio netto della capogruppo quotata, Class Editori Spa, è positivo per 17 milioni, pertanto non richiede interventi specifici ai sensi di legge.
“Il debito netto finanziario pesa per 95 milioni che scendono a 78 solo in virtù dei principi contabili Ifrs”. È esattamente il contrario: il debito finanziario è di 78 milioni e sale a 95 milioni per l’applicazione dei nuovi principi contabili IFRS, che da due esercizi richiedono che l’intero importo di contratti pluriennali di affitto siano considerati nel calcolo della posizione finanziaria netta.
“Il resto a portare il bilancio in negativo per 20 milioni lo hanno fatto gli ammortamenti per oltre 12 milioni”. Come indicato nel fascicolo di bilancio, sono ammortamenti e svalutazioni (4,3 milioni di euro).
“Ma i revisori puntano il dito anche sul fatto che Class mantiene a bilancio i valori delle testate e degli avviamenti senza svalutarli”. Nella lettera dei revisori non c’è nessuna indicazione di questo tipo. Qualora avessero invece richiesto e rilevato delle svalutazioni, avrebbero dovuto quantificarle e professionalmente indicarle all’interno dell’opinion.
“Valori che, visto l’andamento economico degli ultimi anni, forse andrebbero riportati a valori più attinenti alla realtà”. La valutazione che hanno fatto gli amministratori si basa sui flussi dei Piani industriali approvati il cui indirizzo viene confermato già dall’andamento dell’Ebitda della trimestrale 2021 approvata, nonostante il perdurare degli effetti economici del Covid abbiano impedito a Telesia e Gambero Rosso di recuperare appieno gli andamenti pre-pandemia.
“Fosse un’azienda normale, forse gli istituti di credito avrebbero già staccato la spina”. Non c’è niente che giustifichi questa affermazione. Negli ultimi cinque anni il gruppo Class Editori ha regolarmente pagato gli interessi per i finanziamenti in essere, pari a 12,5 milioni di euro. Come tantissime altre società italiane, nel corso del 2020 ha ritenuto opportuno richiedere una moratoria delle scadenze alle banche, nell’interesse degli azionisti e degli stakeholder.
“Accordo che probabilmente si troverà, non tanto per l’affidabilità del debitore, quanto per la forza implicita che esprime un editore, anche se piccolo, che si occupa di poteri finanziari”. Aziende dal fatturato superiore a 50 milioni come Class Editori (che ne fattura 65 e 80 prima del covid) sono riclassificate dalle norme europee come medie e non piccole. Class Editori vive da 35 anni ogni giorno nel rispetto del principio di un’informazione corretta, indipendente e non clientelare. Quindi questa affermazione è del tutto gratuita. Sono e saranno i nostri conti, le nostre testate e i nostri servizi gli unici elementi su cui si sono espressi e si esprimeranno le banche. I rapporti con gli istituti creditori di Class Editori sono gestiti e mantenuti con la massimo professionalità e correttezza da entrambe le parti.
Paolo Panerai
Class Editori