Per l'ex direttore esecutivo dell'Ema il rapporto rischi benefici è invertito, perché con il quadro epidemiologico attuale si correrebbe un pericolo non necessario. "È arrivato anche il momento di pensare una terza dose - dice soprattutto perché non sappiamo quanto potrà durare la protezione offerta dai vaccini"
“Oggi come oggi a mio figlio maschio farei fare AstraZeneca, a mia figlia no”. Parola di Guido Rasi, l’ex direttore esecutivo dell’Ema (l’Agenzia europea del farmaco), che in un’intervista al quotidiano La Stampa ha esposto tutte le sue perplessità in merito al preparato di Oxford: sostenendo che, in questo momento, il rapporto rischi-benefici non sia più a vantaggio del vaccino. “Fermo restando – ha precisato Rasi sempre a proposito della figlia – che anche immunizzandosi con quel vaccino correrebbe meno rischi di quelli, comunque rari, che si assumono prendendo la pillola” anticoncezionale. Dichiarazioni che arrivano nel pieno delle polemiche sugli “Astra-day”, gli open day del vaccino inglese disposti dalle regioni anche per gli under 40, nelle stesse ore in cui il Cts sta valutando l’ipotesi di disporre lo stop per chi ha meno di 50 anni.
“Le tabelle – dice ancora Rasi – indicano che quando si hanno meno di 50 casi di Covid settimanali ogni 100mila abitanti com’è oggi in Italia il rapporto beneficio rischio è favorevole al vaccino AstraZeneca solo oltre i 40 anni di età. Questo non significa però che si è sbagliato prima, perché solo tre settimane fa il quadro epidemiologico e dei vaccinati era diverso e giustificava un uso massivo anche di quel vaccino”. I giovani che lo hanno già fatto possono “tranquillamente fare il richiamo con lo stesso vaccino”, precisa, annunciando che “probabilmente” ci sono le condizioni per raggiungere l’immunità di gregge a settembre“, e che è arrivato il momento di iniziare a pensare una terza dose perché non sappiamo quanto dura l’immunità prodotta dai vaccini, comunque un periodo compreso tra “i 9 mesi e un anno“.