Pochi giorni fa è stato condannato in primo grado a tre anni e sei mesi per concussione. Adesso Nichi Vendola annuncia il suo ritorno sulla scena politica. Nonostante quella sentenza. Anzi proprio per quella sentenza. “Penso che il trasferimento dei processi dai tribunali ai talk show e la conseguente pressione mediatica nuocciano alla giustizia”, sostiene l’ex governatore della Puglia e leader di Sinistra Ecologia e Libertà. Che poi se la prende con una “guerra dei trent’anni tra potere politico e potere giudiziario” che ha “fatto male alla nostra democrazia, diventando l’alibi che ha di fatto impedito una seria riforma della politica e della giustizia“.

L’ex governatore, però, non è stato ritenuto colpevole in televisione, ma alla fine di un processo di primo grado: gli contestano le pressioni sull’allora direttore generale di Arpa Puglia Giorgio Assennato affinché ammorbidisse la sua linea dura contro l’ex Ilva. Se Vendola fosse stato ancora presidente di Regione sarebbe stato sospeso ai sensi della legge Severino. Ma l’ex leader di Sel si è fatto da parte dal 2015, alla scadenza del suo secondo mandato. “La ragione del mio allontanamento dalla scena pubblica è legata al coinvolgimento, per me drammatico e inatteso, nell’inchiesta sull’Ilva. In questi anni ho scelto di difendermi nel processo e non dal processo, rinunciando anche a reagire alla campagna politico-mediatica che si è svolta parallelamente allo stesso”, spiega nello stesso post su facebook con cui lascia intendere l’intenzione di voler tornare in campo. “Nell’attesa che la giustizia completi il suo cammino, senza mai sottrarmi al vaglio critico dell’autorità giudiziaria, riprendo la parola, tornando dall’esilio in cui avevo scelto di stare”, scrive sui social. “Sia pure dai margini della scena – continua – vorrei continuare a offrire un punto di vista che deriva da un’inesausta passione politica. Io attendevo dalla Corte di Taranto, dopo 8 anni di processo, di essere restituito a questa storia e all’assoluta correttezza delle mie azioni. Così non è stato. Aspetterò l’esito dell’appello con la stessa convinzione. Ma a differenza degli anni passati non rinuncerò a parlare delle cose che mi stanno più a cuore“. Già dopo la sentenza Vendola aveva attaccato i giudici del processo: “Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità”, aveva detto.

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