Natalia Lucarelli è la moglie di Alessandro Morricella, l’operaio ex Ilva morto nel reparto Afo2 il 12 giugno 2015, bruciato vivo da un getto di ghisa incandescente che ha divorato il suo corpo. Era il 25 luglio dello stesso anno quando l’ho incontrata e intervistata per questo giornale. Suo marito era morto da poco più di un mese. Lei chiedeva giustizia. Sette anni dopo non c’è ancora una sentenza di primo grado, non sappiamo come è morto e perché Alessandro, ma da 48 ore il suo nome è tornato sui giornali perché tra i fatti al centro dell’inchiesta della procura di Potenza, che sta facendo tremare i palazzi del potere, ci sarebbe anche un tentativo di depistaggio delle indagini sulla morte di questo operaio. Secondo i magistrati di Potenza ad orchestrarlo sarebbe stato un sistema di potere composto – tra gli altri – dal consulente dell’ex Ilva, l’avvocato Piero Amara, con la complicità di due pezzi dello Stato: l’allora procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, e i consulenti pubblici dell’amministrazione straordinaria di Ilva. Il gip Antonello Amodeo nell’ordinanza con cui ha disposto l’arresto per Amara e l’obbligo di dimora per Capristo è severo. Scrive che gli indagati con le loro azioni avrebbero “svenduto la giustizia”.
Alessandro Morricella muore in un momento caldo per l’ex Ilva di Taranto. La fabbrica è da tre anni al centro di un braccio di ferro tra Governo e magistratura. L’altoforno 2 era tra gli impianti sequestrati nel 2012 senza facoltà d’uso nell’ambito dell’inchiesta Ambiente Svenduto, ma poi riaperti per decreto ed Alessandro è morto proprio lì dentro. La scorsa settimana c’è stata la sentenza di primo grado del processo Ambiente Svenduto: per la Corte d’Assise quello provocato dall’Ilva di Taranto gestita dalla famiglia Riva fu un disastro ambientale. Quando quotidiani, agenzie e tv, scrivono dell’ipotesi di depistaggio orchestrata dal “sistema” a danno di Morricella e in favore di Ilva, chiamo Natalia: hai letto?, Le chiedo. “Sì, ma spiegami bene”, mi risponde.
Dunque i fatti riportati nell’ordinanza sono questi: dopo la morte di Morricella la procura aveva sequestrato l’Altoforno, era appunto il 2015. Il governo Renzi l’aveva subito dissequestrato per decreto, che fu dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale. Secondo la procura di Potenza il tentativo di depistaggio è avvenuto dopo la pronuncia della Consulta ed è andato così: la pm Antonella De Luca, che seguiva le indagini su Morricella e Afo 2, voleva rimettere i sigilli, ma Capristo si oppose. “E — si legge negli atti — nel corso delle ferie estive del 2019, approfittando dell’assenza della dottoressa De Luca, che pure gli aveva anticipato il suo parere contrario a concedere la facoltà d’uso in assenza del nulla osta di un tecnico, si pronunciava favorevolmente alla facoltà d’uso”. Non è tutto.
Gli indagati si sarebbero adoperati anche per garantire l’impunità ai dirigenti Ilva tentando di convincere “l’operatore del campo di colata, il signor Catucci, che aveva effettuato le operazioni a seguito delle quali vi era stato il decesso del Morricella, ad ammettere le sue responsabilità, scagionando la catena di comando”. Anche in un’altra indagine sulla morte dell’ operaio Giacomo Campo, rimasto stritolato nel nastro trasportatore che alimentava invece l’altoforno 4, ci sarebbero stati tentativi di depistaggio simili. Insomma. i corpi di questi due giovani lavoratori sono sottoterra e il “sistema” briga per insabbiare la verità: questo sostiene l’inchiesta di Potenza. Tutto chiaro Natalia? “Sì. Ma non sono sorpresa”, mi dice. “Non credo più nella giustizia”. Come darle torto visto che a quasi sette anni dalla morte del marito non c’è nemmeno una sentenza di primo grado.
Tu però non ti sei voluta intestare una battaglia di giustizia per la morte di tuo marito…
È stata una scelta voluta. Ma non per questo non ho sofferto. Non per questo non voglio giustizia. Giustizia però per me è capire, non vedere qualcuno in carcere. Io non so ancora cosa è successo ad Alessandro.
Pensi sia morto per un incidente casuale?
Assolutamente no. Ti ho detto nel 2015 che quel reparto doveva essere chiuso. Era stato sequestrato e poi riaperto. Alessandro era lì dentro perché qualcuno aveva deciso potesse operare. Chi mi dice però che Afo2 era a norma? Che era sicuro?
Cosa hai fatto in questi anni, perché sei rimasta in disparte?
Ho cercato di evitare che le mie figlie avessero momenti bui, anche se il dolore prima o poi lo devi affrontare. Le mie bimbe erano piccolissime quando Alessandro è morto. È stata una scelta voluta, dovevo pensare a loro. E viste le notizie che stanno uscendo è stato giusto così. Il sistema è più forte di noi comuni cittadini.
Cosa hai detto a Greta e Sofia della morte del loro papà?
Alessandro ci guarda dal cielo e vuole che siamo felici e sorridenti. Ho detto ad entrambe: non vi vuole vedere tristi, né lui né io vi vogliamo vedervi piangere. Dovete sorridere perché come avete imparato a vostre spese la vita è imprevedibile. Da un momento all’altro può svanire, può togliervi anche l’amore più grande.
Ma loro sanno come è morto Alessandro?
Certo, gli io ho spiegato tutto. Il 12 giugno 2015, il giorno stesso in cui è morto: sono tornata a casa e gli ho raccontato che il loro papà era morto. Tralasciando i particolari. Quello che ho visto di ciò che era rimasto di Alessandro l’ho tenuto per me. Papà è morto in un incidente sul lavoro, gli ho detto. Non c’è più. Le ho anche portate a vedere la fabbrica da fuori. Poi però mi hanno chiesto: mamma non passiamo più di qua. E non siamo mai più passate davanti all’ex Ilva. Greta, la più piccola, un giorno mi ha chiesto: mamma hai una foto di papà morto? Non so perché. Loro sanno la dinamica dell’incidente, sanno che Alessandro è morto bruciato vivo. Ho evitato i particolari, come ti ho detto. Ma penso che quando saranno più grandi si informeranno, andranno a cercarsi da sole altre notizie.
Se per la morte di Alessandro non dovesse essere condannato nessuno…
Io sono sicura che non verrà condannato nessuno. O comunque che non verranno condannati i veri responsabili. Tra gli imputati ci sono per caso i vertici, i politici? Quelli che avevano deciso che quell’impianto restasse aperto nonostante il sequestro? Di quale giustizia stiamo parlando. Capisci perché per me non ha senso perdere la vita dietro ad una battaglia di giustizia che tanto non otterremo mai? Devo proteggere le mie bambine, non permetterò a nessuno di rubarci nemmeno un istante della nostra vita.
E allora che giustizia cerchi…
Quella divina. (Poi ci pensa… Natalia fa la maestra alle elementari, ndr) Io però insegno ai miei studenti che devono lottare. Non fare agli altri quello che vuoi non venga fatto a te stesso, gli dico che devono far valere i loro diritti. Devono essere forti.