A ciqnue giorni dal voto il Paese attende ancora i risultati definitivi. Intanto i magistrati chiedono il carcere per la candidata di Fuerza Popular, accusata di avere violato i termini della libertà condizionata. Sulla Senora K., come è conosciuta la figlia di Alberto Fujimori, pende una richiesta di condanna a 30 anni. Ciononostante ha sfiorato la vittoria nelle presidenziali
Dal sogno di conquistare la Casa di Pizarro e diventare presidente del Perù al rischio concreto di finire dietro le sbarre. È quello che sta vivendo la candidata della destra peruviana Keiko Fujimori, leader di Fuerza Popular, che si avvia non solo a perdere il ballottaggio ma anche a perdere la libertà vigilata. Se il voto di domenica 6 giugno per le presidenziali si appresta alla definizione ufficiale con la vittoria del socialista Pedro Castillo, è il versante giudiziario a riportare la figlia dell’ex dittatore Alberto Fujimori alla cruda realtà. Il procuratore peruviano José Domingo Pérez ha chiesto di revocare l’ordine di libertà vigilata per Keiko Fujimori e di emettere un ordine di custodia cautelare in carcere. Il motivo? La violazione di alcuni obblighi di condotta nell’ambito di un’indagine che vede la 46enne leader populista di destra imputata per reati che vanno dal riciclaggio all’associazione a delinquere, fino al falso e all’intralcio alla giustizia.
In particolare, il pm peruviano accusa la Señora K di aver comunicato con uno dei testimoni legati alle indagini, nell’ambito del processo Odebrecht. La richiesta della pubblica accusa, giunta quando ormai lo spoglio dei voti per il ballottaggio è alle battute finali con la rivalutazione di alcune schede contestate, si riferisce alla presentazione di Miguel Torres, membro di Fuerza Popular e testimone delle indagini, come avvocato del partito. Mercoledì 9 giugno, infatti, Torres ha accompagnato Keiko Fujimori alla conferenza stampa durante la quale la candidata ha annunciato la richiesta di annullamento per 802 seggi elettorali (circa 200mila schede), gridando a presunti “brogli”. Brogli dei quali non ha fornito prove, anzi: diversi osservatori internazionali, oltre al tribunale elettorale nazionale, hanno smentito le accuse di irregolarità scagliate dalla leader di destra, ormai sempre più all’angolo. “Una richiesta assurda”, è stata la reazione di Keiko Fujimori all’accusa del pm, secondo la quale il procuratore Pérezvuole “continuare ad essere protagonista di questa campagna elettorale”.
L’incontro con l’avvocato Torres, però, era vietato dal regime di semilibertà, dal momento che per l’accusa ha chiesto una condanna a 30 anni e 10 mesi di prigione. Fujimori era stata arrestata due volte tra il 2018 e il 2020 con l’accusa di aver ricevuto finanziamenti illeciti dalla società di costruzione brasiliana Odebrecht per la sua campagna elettorale del 2011 e contributi da uomini d’affari peruviani non solo per la campagna del 2011 ma anche per quella del 2016 (entrambe perse al ballottaggio). Ora, però, le imputazioni riguardano associazione a delinquere, riciclaggio, falso e intralcio alla giustizia. Un’accusa presentata con oltre 13mila pagine da parte del pm Pérez, nei confronti non solo della 46enne Fujimori ma anche di altri membri del suo partito, di cui l’accusa ha chiesto lo scioglimento. Libera su cauzione dal maggio 2020, la figlia dell’ex dittatore ha affrontato la campagna elettorale chiedendo permessi speciali per spostarsi all’interno del Perù e senza poter lasciare il Paese.