Le ultime settimane sono state cruciali per mettere in fila i tasselli noti e definire quelli mancanti. Le due teorie si intrecciano, ci sono congetture e ipotesi plausibili. Cronologia dei fatti: dalle lettere su Lancet e Nature all'indagine Usa richiesta dal presidente Biden
La storia sull’origine del virus ha subito un’accelerazione dopo la rivelazione dell’intelligence americana – prima non divulgata – in cui si sostiene che diversi ricercatori dell’Istituto di Virologia Wuhan erano stati ricoverati per una malattia simile a Covid 19 nel novembre 2019. Il presidente statunitense Joe Biden ha ordinato quindi di riesaminare il dossier inclusa l’ipotesi dell’incidente di laboratorio. Quest’ultima respinta con estrema convinzione per un anno ora appare meno impossibile. Anche Anthony Fauci, direttore dell’Istituto nazionale per le allergie e le malattie infettive (NHI), ha ribadito la linea Biden “penso che dovremmo continuare a indagare su cosa è successo in Cina” e ha aggiunto che “non sono convinto dell’origine naturale del virus”. Un dubbio che si evince anche dalle email private del 2020 dell’immunologo pubblicate sul Washington Post, grazie alla Freedom of Information Act. Una eventualità non condivisa dall’Oms per cui, “è improbabile che il virus provenga da un laboratorio”. Come sostiene Marion Koopmans, la virologa del team che è stata a Wuhan per indagare le origini del Covid.
A sollecitare il dibattito c’è stato anche il Daily Mail, che anticipa le conclusioni di una ricerca – che verrà pubblicata a breve dal Quarterly Review of Biophysics Discovery -, e nella quale si sostiene che il coronavirus può essere stato ottenuto solamente in laboratorio “oltre ogni ragionevole dubbio”. Gli autori del paper sono l’oncologo britannico Angus Dalgleish e il virologo norvegese, Birger Sørensen. I due ricercatori sostengono di aver stabilito che il coronavirus è stato creato nel corso di esperimenti di GOF (“guadagno di funzione” dei coronavirus). “Pensiamo che siano stati creati virus retroingegnerizzati”, ha detto Dalgleish a DailyMail.com. Lo studio – che era stato rifiutato dalle riviste principali di settore – sostiene anche la “distruzione deliberata, l’occultamento o contaminazione dei dati” nei laboratori cinesi. Sul versante opposto è c’è uno dei più autorevoli ricercatori cinesi, Yiran Wu, della School of Life Science and Technology, di Shanghai-Tech University, che ha analizzato le relazioni filogenetiche delle proteine del Sars2 e mappato l’evoluzione della famiglia di coronavirus, supportando l’ipotesi naturale del virus (anche della furina).
L’ipotesi che il virus del Covid-19 sia ‘scappato’ dal laboratorio di virologia di Wuhan è “assolutamente credibile” ed “è importante cercare di acquisire quanti più dati possibili e capire cosa è successo” per Guido Silvestri, docente alla Emory University di Atlanta, argomentando la sua tesi. “Non ci sono – spiega il virologo su Facebook – evidenze oggettive né che il virus sia arrivato naturalmente né abbiamo evidenze che sia stata una ‘perdita’ dal laboratorio di Wuhan”. Tuttavia, “se si fa un’analisi serrata della sequenza del virus, c’è una zona di dodici nucleotidi della proteina spike che è particolarmente strana da spiegare con un semplice passaggio da un virus all’altro”. Di tutt’altra opinione è Sergio Abrignani, immunologo dell’università Statale di Milano e membro del Cts, “Non so se il virus sia nato in laboratorio, non penso sia probabile, per ora non ci credo, ma aspetto di vedere i dati che lo dimostrerebbero. Sinceramente però, da medico, immunologo e clinico, non me ne può importare di meno”. Il dibattito sull’origine – naturale o ‘artificiale’ – del patogeno pandemico non ha portato ad una interpretazione univoca definitiva. È necessario analizzare i singoli tasselli che compongono il puzzle, dall’inizio della pandemia. Èquello che proveremo a faremo.