Cronaca

Ardea, Pignani indossò i guanti e uscì in cerca di persone a cui sparare. Smentita la lite tra famiglie delle vittime e dell’assassino

Da quanto fanno sapere i carabinieri in un comunicato, l’11 maggio 2020 le autorità sono intervenute per una lite tra il 34enne e la madre: "A seguito di ciò - scrivono -, il Pignani veniva fatto accompagnare da un’ambulanza presso il Pronto Soccorso, venendo sottoposto a consulenza psichiatrica a seguito della quale veniva dimesso la mattina successiva con diagnosi di 'stato di agitazione, paziente urgente differibile che necessita di trattamento non immediato'". L'uomo, comunque, non era in cura per patologie psichiatriche

Andrea Pignani indossò una felpa, dei guanti, si infilò uno zaino e, con la pistola in pugno, uscì in strada in cerca di persone alle quali sparare. È questa una parte della prima ricostruzione fatta da chi sta indagando sul gesto del 34enne di Colle Romito, ad Ardea, accusato di aver sparato, uccidendoli, ai due fratellini David e Daniel Fusinato e a Salvatore Ranieri. Ricostruzione che smentisce però una prima versione trapelata secondo la quale la motivazione dietro al triplice omicidio poteva essere una lite tra le famiglie. I carabinieri aggiungono anche che Pignani era stato ricoverato nel maggio 2020 dopo una lite in famiglia con la madre e ritenuto bisognoso di “trattamento non immediato”.

La ricostruzione: “Un colpo a testa ai bambini, due a Ranieri. Poi Pignani si è barricato in casa”
In base a quanto accertato fino ad ora, Pignani ha indossato una felpa, dei guanti e si è infilato uno zainetto. Poi verso le 10.30 è uscito di casa in cerca delle prime persone che capitavano, pistola in pugno, ha percorso 400 metri lungo la strada parallela all’abitazione dove vivevano di due bambini e ha aperto il fuoco prima sui due fratellini David e Daniel Fusinato, e poi su Salvatore Ranieri, uccidendoli. Il killer ha raggiunto i giardinetti e ha puntato al più grande dei due bambini, poi ha sparato un colpo alla nuca a Ranieri che era intervenuto per soccorrere il piccolo e infine ha ucciso l’altro bambino. Dopo il blitz, ha proseguito a piedi ed è tornato nella propria villetta dove, dopo aver fatto uscire la madre, si è barricato. La Procura di Velletri sta procedendo con le indagini per omicidio affidate ai carabinieri che nella giornata di ieri hanno cominciato ad ascoltare testimoni. Domani sarà affidato l’incarico per effettuare le autopsie sui corpi delle vittime che verranno svolte all’istituto di medicina legale del policlinico di Tor Vergata.

Maggiori informazioni potrebbero emergere dallo studio delle immagini di videosorveglianza riprese dalle videocamere del consorzio Colle Romito, come rivela il presidente Romano Catini: “Abbiamo messo a disposizione degli investigatori le immagini delle nostre telecamere. Siamo distrutti per quello che è successo. Questa sera ci sarà un’assemblea straordinaria e decideremo eventuali iniziative per ricordare le tre vittime. Probabilmente faremo una fiaccolata nel consorzio. C’è anche un’associazione che si è proposta di pagare i funerali”.

La visita psichiatrica e il possesso dell’arma. La famiglia: “Non trovavamo la pistola”
Le indagini dovranno anche chiarire come è possibile che Pignani avesse in casa la pistola appartenuta al padre, guardia giurata, morto nel novembre scorso. Questo perché, da quanto fanno sapere i carabinieri in un comunicato, l’11 maggio 2020 le autorità sono intervenute per una lite in ambito familiare con la madre: “A seguito di ciò – scrivono -, il Pignani veniva fatto accompagnare da un’ambulanza presso il Pronto Soccorso del Nuovo Ospedale dei Castelli di Ariccia (RM) ove giungeva volontariamente nel pomeriggio stesso per ‘stato di agitazione psicomotoria’ con codice azzurro, venendo sottoposto a consulenza psichiatrica a seguito della quale veniva dimesso la mattina successiva con diagnosi di ‘stato di agitazione, paziente urgente differibile che necessita di trattamento non immediato. Si affida al padre’”. Dagli accertamenti non risultano ulteriori denunce o segnalazioni a suo carico “né che l’omicida fosse in cura per patologie di carattere psichiatrico né tantomeno che fosse in possesso di certificazione medica rilasciata da strutture sanitarie”. I familiari di Pignani, secondo quanto trapela da fonti investigative, si sono giustificati dicendo che non riuscivano a trovare l’arma.

Adesso, però, la madre del 34enne rischia un’accusa per detenzione abusiva di armi. La pistola, una Beretta modello 81 calibro 7,65 con cui Pignani ieri ha ucciso due bambini, un anziano, e si è poi suicidato, apparteneva al padre del killer, ex guardia giurata, e non era mai stata denunciata dopo la morte dell’uomo. La donna rischia “l’arresto da tre a dodici mesi o con l’ammenda fino a 371 euro”.

Smentita, quindi, una prima versione circolata che parlava di lite tra Pignani e i vicini che avrebbe portato a un’esecuzione di Pignani nei confronti dei piccoli. “Vorrei precisare – ha dichiarato il legale della famiglia Fusinato, Diamante Cenci – di non avere mai parlato di esecuzione. La famiglia vuole il massimo rispetto per questo immenso dolore che sta vivendo. I genitori dei bambini non conoscevano l’omicida e non lo avevano mai visto prima, non c’è stata alcune lite come riferito da qualche fonte non attendibile”.

L’avvocatessa, proprio in virtù di quanto emerso sulle condizioni psichiche di Pignani, ha aggiunto che “è grave che il sindaco dica che ci sia stata una lite e anche una conoscenza con il mio assistito, poi smentita da noi e dalle forze dell’ordine. Forse il sindaco voleva scaricarsi la coscienza. Andrea Pignani era sottoposto a Tso e il Comune ha la responsabilità di questa misura perché a maggio aveva tentato di uccidere la madre“. Versione smentita, però, dal primo cittadino: “Non ho firmato alcun Tso per il soggetto in questione. In quattro anni ne ho disposto solo uno e non è nei confronti di questa persona. Ho saputo che è stato in cura ma senza il coinvolgimento di questa amministrazione”, spiega Mario Savarese.

L’avvocato ha poi puntato il dito contro i soccorsi: “Vogliamo che venga fatta chiarezza sul ritardo dei soccorsi. Si parla di un’attesa di 40 minuti dalla chiamata, spero che la Procura approfondisca”. Ma in una nota Ares 118 specifica che “la prima telefonata di soccorso al 112 è delle ore 10:57,32, immediatamente è stata trasferita ai Carabinieri perché erano segnalati spari e al 118. Ares 118 si è immediatamente allertata inviando subito la prima ambulanza con medico a bordo che è giunta sul posto esattamente dopo 11 minuti dalla telefonata. Successivamente, sono giunti anche gli altri mezzi di soccorso. Nonostante i ripetuti tentativi di rianimazione effettuati la situazione si è subito presentata compromessa, stante i danni irreversibili provocati dai colpi d’arma da fuoco. I nostri operatori hanno fatto di tutto ma purtroppo il quadro era irrecuperabile. L’Azienda ha reso disponibile per il proprio personale impegnato nelle procedure di soccorso il servizio di psicologi del lavoro di cui dispone per aiutarli a superare l’importante stress derivante da un evento così tragico”.

Cenci ha poi rivelato alla stampa che l’omicidio si è consumato appena cinque minuti dopo la visita di una pattuglia dei carabinieri a casa Fusinato per controllare il rispetto della misura cautelare ai domiciliari imposta al padre dei due bambini, Domenico Fusinato: “Cinque minuti prima della sparatoria – ha aggiunto – una pattuglia dei carabinieri di Marina di Ardea era andata a controllare che il mio assistito Domenico Fusinato stesse in casa a rispettare l’ordinanza di custodia ai domiciliari. Il controllo dei carabinieri è avvenuto quando i due piccoli si trovavano già al campetto con le biciclette. La madre era in casa ed ha sentito i colpi, pensava che fossero dei petardi o degli spari di cacciatori. La donna ha poi capito cose era avvenuto ed ha cominciato ad urlare. La pattuglia è tornata nel comprensorio perché allertata dalla centrale operativa”.

La prima a intervenire sul posto è stata proprio la madre che, continua il legale, “ha trovato i figli in una pozza di sangue, ancora respiravano, e ha chiamato il marito. La famiglia aveva deciso di vivere in quel comprensorio perché era un posto tranquillo dove crescere i bambini. Si erano trasferiti in quella casa da circa un anno e mezzo. Ho avuto modo di sentire i miei assistiti questa mattina, sono distrutti ma chiedono rispetto per questo dramma assurdo che stanno vivendo”.