A Roma il Governo sblocca 538 milioni di euro, residui di vecchi mutui, per consentire la conclusione dei lavori del Mose. A Venezia, intanto, si cerca di razionalizzare gli oltre duecento milioni di debiti che il Consorzio Venezia Nuova – il gruppo di società che deve completare l’opera – ha accumulato negli anni, così da evitare un epilogo traumatico. Il mezzo miliardo che il Comitato interministeriale per la programmazione e lo sviluppo sostenibile (Cipess) ha svincolato dai bilanci dello Stato costituisce la vera riserva per far fronte al 5 per cento di interventi mancanti e al risanamento delle barriere mobili, che hanno dimostrato di funzionare ma scontano criticità irrisolte per decine di milioni.

Da mesi, infatti, i cantieri sono fermi, perchè le imprese che stavano lavorando non vengono più pagate. A Venezia ci si chiede se proprio quei 538 milioni riusciranno nel miracolo di far ripartire un sistema finito in panne. Il cronoprogramma fissava la fine dei lavori al dicembre 2021, ma a questo punto è certo che la deadline sarà abbondantemente sforata. Di sicuro c’è, poi, che quei soldi non potranno essere utilizzati per pagare i debiti, ma dovranno essere impiegati in nuovi interventi. Ma siccome le imprese non vogliono lasciarsi scappare occasioni per continuare il lavoro, è probabile che l’investimento si trasformerà nel volano per superare in qualche modo il blocco dei cantieri.

La somma, peraltro, non è destinata soltanto al Mose. Secondo lo schema predisposto da Cinzia Zincone, Provveditore alle opere pubbliche del Triveneto, 148 milioni saranno destinati al cosiddetto “piano Europa” (una serie di opere di compensazione ambientale in Laguna) e 40 a interventi di salvaguardia. I fondi per il Mose, invece, sono suddivisi in 45 milioni per le opere civili e marittime alle bocche di porto, 68 milioni per le criticità, 112 milioni per la manutenzione e l’avviamento, una sessantina per la control room all’Arsenale e una ventina per le imbarcazioni usate per la movimentazione delle paratoie.

Si è svolta, nel frattempo, l’udienza per l’omologa della proposta di ristrutturazione del debito avanzata dal commissario liquidatore del Consorzio, il commercialista veneziano Massimo Miani. Presenti decine di avvocati in rappresentanza del commissario per la conclusione del Mose (l’ingegnera Elisabetta Spitz), del provveditore Zincone e degli oltre 400 fornitori che hanno ricevuto una lettera con la richiesta di abbattere le proprie pretese creditorie in cambio – inizialmente – del 30 per cento delle spettanze, quota aumentata pochi giorni fa dal commissario al 60 per cento del totale. Anche per questo l’udienza, presieduta dal giudice Daniela Bruni, è stata rinviata all’8 luglio.

La seconda novità è una lettera che il provveditore Zincone ha inviato al consulente legale del commissario, l’avvocato Stefano Ambrosini, manifestando la disponibilità a rinviare la richiesta dei 130 milioni di euro che lo Stato avanza al Consorzio, in particolare per alcuni errori di progettazione e interventi di risanamento. Lo Stato cerca, quindi, di venire incontro al Consorzio per evitare il fallimento, considerando che le proprie pretese costituiscono più del 50 per cento dell’intero debito. La procedura di ristrutturazione dei crediti, per essere omologata, deve contenere la sottoscrizione dell’accordo da parte di almeno il 60 per cento dei creditori. È per questo che le prossime settimane sono decisive, anche se al momento nessun creditore si è dichiarato disponibile a rinunciare a quanto non è ancora riuscito a incassare.

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