L'ex presidente Rai è il numero due della società guidata dall'economista Carlo Cottarelli: "Vogliamo dare una mano alla società. Il nostro può essere un elemento in grado di dare qualità alla partecipazione azionaria, nonché un modello che può contribuire a moralizzare il mondo del calcio".
Subito nuovi soci, nei prossimi giorni un sondaggio per ‘pesare’ la forza dell’iniziativa, a settembre l’evento di presentazione ufficiale e in grande stile. A Milano, per far sentire il rumore dell’iniziativa alla famiglia Zhang, qualora l’eco non fosse ancora arrivata. Il progetto Interspac va avanti, con un calendario e tappe ben definite. “Perché in questo momento tutti hanno capito che il modello su cui si fonda il calcio italiano non regge” dice a ilfattoquotidiano.it Roberto Zaccaria, ex presidente della Rai, già deputato del Pd ed attuale numero due di Interspac Srl, la società presieduta da Carlo Cottarelli. L’obiettivo è proporre anche in Italia lo stesso schema di azionariato popolare che ha avuto successo in altri Paesi europei e che vede nel Bayern Monaco un esempio convincente a cui ispirarsi.
Declinato nella versione milanese, vuol dire portare nelle casse dell’Inter capitale fresco fornito dai tifosi, che andrebbe ad integrare le risorse degli investitori istituzionali, ovvero la proprietà. Due i benefici: avere a disposizione un capitale stabile e ridurre il grave indebitamento che ha già portato a smorzare le ambizioni nell’allestimento della squadra. In tal senso Roberto Zaccaria non ha dubbi: “Non c’è da sperare che entrino nuove proprietà individuali, non ci sono più i capitani coraggiosi di una volta, grandi mecenati che investivano in una squadra. Adesso è tutto impersonale, per questo motivo diventa importante il contributo dei tifosi. Può essere un elemento di miglioramento qualitativo della partecipazione azionaria, nonché un modello che può contribuire a moralizzare il mondo del calcio”.
Cottarelli, Zaccaria, imprenditori di livello, personaggi della comunicazione, dello spettacolo, della musica, del mondo Inter: vi accusano di essere una cordata di ricchi famosi.
Non è così. Al momento siamo 16 soci, altri saranno annunciati a breve. Sì, ci sono nomi importanti, ma la cosa più importante in questo progetto sarà il numero delle persone che aderiranno, non chi aderirà.
Quanta gente pensate di coinvolgere?
Non ci siamo ancora posti un obiettivo numerico preciso. E tengo a sottolineare che per noi questo può essere un modello per il paese e non solo per l’Inter. Altre squadre e altri tifosi potrebbero seguire il nostro esempio.
Di certo vi sarete fatti un’idea sul possibile bacino di sottoscrittori.
Prima del Covid l’Inter riusciva a portare a San Siro 60mila persone anche per le partite con squadre meno importanti. Questa è una realtà davanti agli occhi di tutti, quindi è facile pensare che possiamo esprimere una potenzialità nettamente superiore rispetto a quelle cifre. Però insisto: è presto per parlare di numeri e di soldi, noi sappiamo che c’è una grandissima potenzialità e ci accingiamo a misurarla.
Come?
Abbiamo stato commissionato un sondaggio a una società indipendente (la Iqui, ndr) che avrà lo scopo di accertare nelle prossime settimane le potenzialità del nostro progetto. La rilevazione non riguarderà solo l’Inter, ma anche altre squadre, così se qualcuno vorrà seguirci ha una base di partenza.
Risultati del sondaggio alla mano, quale sarà il prossimo step?
Interspac nasce con un intento collaborativo e di sostegno all’Inter. In questo momento ci rivolgiamo alla società dell’Inter, ai proprietari cinesi, perché vogliamo dire loro: “Guardate che c’è un primo gruppo di sostenitori che credono a questa prospettiva dell’azionariato popolare, sono pronti a sostenere l’Inter e a lavorare con la proprietà”. Successivamente, se ci sarà disponibilità da parte dei proprietari, arriverà il momento di passare alla fase strettamente operativa, ai numeri e alle sottoscrizioni.
Qualora Suning accettasse la vostra proposta di collaborazione, chiederete di avere qualche vostro rappresentante nel cda?
È un ragionamento del tutto prematuro, dipenderà dalla eventuale disponibilità dell’Inter. Vediamo che tipo di apertura potrà arrivare. Siamo convinti della bontà di questo progetto e andremo avanti. È una prospettiva che va al di là della società, è una prospettiva dell’Inter. Noi oggi abbiamo un consiglio di amministrazione composto da 16 persone, stiamo reclutando altri soci importanti per dare maggiore visibilità. Certo, i numeri necessari per far bene li conosciamo tutti: se ci sono 500mila tifosi è una cosa, un milione è un’altra.
Ci avevate già provato nel 2019, anno in cui è nato Interspac.
Due anni ci sono stati degli abboccamenti, ma abbiamo percepito che la proprietà cinese non aveva alcun interesse ad allargare o a far entrare una compagine tipo la nostra. Ora però sono cambiate tante situazioni. Noi eravamo convinti che bisognava restare in piedi già all’epoca, figurarsi ora. Abbiamo letto le difficoltà della proprietà cinese, la necessità di contenere gli investimenti: questo ci sembra il momento giusto per fare un nuovo, serio tentativo.
E se Suning dicesse no per la seconda volta?
Noi andiamo avanti. Abbiamo un percorso serio: a settembre faremo un evento che darà grande visibilità, presenteremo il progetto, gli obiettivi e i nuovi soci. Siamo convinti che questa prospettiva rimarrà attuale perché è un modello che può contribuire a moralizzare il mondo del calcio.
A differenza della Germania, in Italia manca una legge che favorisca l’azionariato popolare nel calcio.
Purtroppo sì. Nei giorni scorsi il deputato del M5s Buffagni e il suo collega Olgiati hanno presentato una proposta di legge che si basa su una specie di agevolazione fiscale per chi dà vita a cose del genere. Vediamo che succede. In Bundesliga, invece, la legge impone iniziative di questo genere: tutti i club tranne Lipsia e Leverkusen devono sottostare alla regola del 50%+1, che impedisce il controllo dei privati nelle società di calcio. Al Bayern, ad esempio, i tre sponsor principali (Allianz, Audi e Adidas) posseggono insieme il 25% delle quote, il resto è dei tifosi.
Secondo lei cosa può portare l’azionariato popolare nella gestione delle grandi società?
Può contribuire a migliorare gli equilibri pur mantenendo alta la competitività. Il Bayern, ad esempio, continua a vincere ma non è inutilmente spendaccione, pur comprando top player e allenatori di alto livello. Era e resta una una delle prime 5 squadre d’Europa: questo significa che ci può essere un grande club con un fatturato e un bilancio importante, ma con la partecipazione dei tifosi. Questo deve far riflettere: lo possiamo fare anche in Italia e non per forza solo all’Inter.