L'annuncio del primo cittadino non stupisce quasi nessuno. Ma è solo l'ultimo segnale dell'operazione di Fdi che da mesi conduce una campagna acquisti serrata sul territorio
VERONA – Lui, il sindaco Federico Sboarina, 50 anni, avvocato, dice: “Non cambia nulla. E’ solo un ritorno a casa”. L’annuncio di entrare in Fratelli d’Italia, dato alla presenza della presidente nazionale Giorgia Meloni, a Verona non stupisce quasi nessuno. Che il cuore di Sboarina battesse per la destra (“Battiti” è la liste civica che lo ha sostenuto nel 2017) lo sapevano tutti. Basta cercare nel suo passato, risalire alle amicizie negli ambienti di destra scaligeri (anche degli ultras del Verona calcio), per trovare molte tracce di una adesione appena dissimulata dall’impegno istituzionale. Sboarina è stato eletto con una coalizione di centrodestra, ma non era né di Forza Italia, né della Lega. Anzi, nel 2002 era diventato per la prima volta consigliere comunale con Alleanza Nazionale. Replica nel 2007, con l’assessorato all’ecologia e allo sport. Nel 2012 il terzo tentativo era andato a vuoto, anche perché la sua casacca era quella del Popolo della libertà, che non era andato oltre il 9 per cento, stritolato dalla macchina da guerra di Flavio Tosi con la Lega.
Così quando si era presentato nel 2017 sembrava in parte una minestra riscaldata, e invece aveva sbaragliato la compagna di Tosi, la senatrice Patrizia Bisinella, che pagava lo scotto di non essere una veronese purosangue. La decisione di Sboarina di andare con Meloni, in vista di una rielezione nel 2022, è solo l’ultimo segnali di un’opa che Fratelli d’Italia sta lanciando sul centrodestra in Veneto, alternativo allo strapotere della Lega di Luca Zaia, anche se Venezia è lontana e Verona segue da sempre logiche un po’ contorte nelle dinamiche del centrodestra. Quindi è più un avvertimento a Forza Italia, che a Salvini.
“E’ un partito nel quale mi sono sempre riconosciuto. Io sono un uomo di destra e in quell’area politica continuo a identificarmi. – ha detto – Rimango nel gruppo consiliare di ‘Battiti’ e aderisco a livello nazionale a quella parte politica a cui mi sento di appartenere da sempre, per principi e battaglia identitaria”. Per evitare contraccolpi dalla Lega, alleata in giunta, Sboarina ha aggiunto: “Il mio impegno rimane intatto per i veronesi. Ringrazio anche Matteo Salvini per quello che ha fatto per me in questi quattro anni. Non ho paura delle scelte che faccio e di questa sono convinto”. La legislatura di Sboarina è comunque seminata di segnali eloquenti. Il Comune aveva aderito addirittura a una raccolta firme per l’uscita dell’Italia dalla Ue. Poi ha lanciato una campagna contro gli extracomuitari, chiudendo anzitempo i dormitori. Acerrimo proibizionista sul fronte della droga, ha chiesto di togliere la sponsorizzazione allo stadio da parte di una società che commercializza cannabis. L’elenco può continuare con i patrocini dati a convegni della destra, non sempre moderata.
Giorgia Meloni, allargando le braccia per accogliere Sboarina, ha detto: “Se Fratelli d’Italia cresce lo deve alla sua classe dirigente, la migliore rispetto a tutti gli altri partiti del Parlamento. Dovendo sudarci tutto, ogni singolo passo in avanti, non potevamo permetterci di candidare personaggi che non avevano nulla a che fare con la politica, ma che rappresentavano solo se stessi”.
In realtà Fratelli d’Italia ha condotto una campagna acquisti molto serrata, orchestrata dall’eurodeputato Sergio Berlato. Alle elezioni regionali di settembre, su 55 candidati della Meloni, la bellezza di 25 candidati avevano fatto il salto della quaglia, perlopiù provenienti da Forza Italia, ma anche dai Cinquestelle. Qualche nome? Lucia Camata, coordinatrice FI a San Donà di Piave. Patrizia Trapella, assessore nella giunta M5s. A Padova Elisabetta Gardini, per due legislature deputata di Forza Italia, per tre legislature eurodeputata e una giovinezza da socialista. A Cervarese Santa Croce (Pd) l’ex sindaco leghista Massimo Campagnolo. In consiglio comunale a Padova la leghista Elena Cappellini e l’ex assessore di Massimo Bitonci, Matteo Cavatton. A Treviso l’avvocato Fabio Crea, già esponente di rilievo di Forza Italia.
A Verona l’offensiva della Meloni è stata ancor più evidente. Ha accasato il consigliere regionale Stefano Casali e Andrea Bassi, che facevano parte del gruppo Centro Destra Veneto – Autonomia e Libertà, creato dopo l’uscita nel 2017 dalla “Lista Tosi per il Veneto”. E’ arrivato anche Massimo Giorgetti, già vicepresidente del consiglio regionale, entrato nel gruppo “Più Italia! – Amo il Veneto”, dopo aver lasciato Forza Italia, un assessore regionale di lungo corso, passato dall’era di Giancarlo Galan a quella di Luca Zaia. Acquisito a suo tempo anche Massimo Mariotti, storico esponente della destra sociale ed ex assessore comunale, che aveva appoggiato nel 2017 Sboarina, rinnegando Flavio Tosi a causa della sua “deriva centrista”. E nel 2019 Fratelli d’Italia ha acquisito Daniele Polato, assessore comunale alla sicurezza, ex di Forza Italia, eletto in Regione a settembre, primo per preferenze di FdI in Veneto. Non è diventato assessore solo per una condanna per falso legata alla presentazione di una lista dell’estrema destra. Quasi superfluo citare l’assessora regionale in carica Elena Donazzan, che ha militato nel Popolo della libertà, ma che alla radio ha convintamente cantato “Faccetta nera”.