Scorre sotto traccia il nuovo e inedito legame tra ambienti del crimine organizzato e i vertici della curva Nord dell’Inter. A svelare l’intreccio sono le 12 pagine con cui la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Milano ha accolto in parte la richiesta di sorveglianza speciale per due anni a carico del milanese Vittorio Boiocchi, classe ’52, ritenuto il nuovo capo del tifo organizzato nerazzurro che ha preso le redini del comando dopo gli scontri di Santo Stefano del 2017 tra ultras dell’Inter e quelli del Napoli. Scontri durante i quali è morto Dede Belardinelli, capo degli ultrà del Varese da sempre alleati con gli interisti.

Boiocchi – oggi ai domiciliari – è stato arrestato il 3 marzo scorso assieme al pluripregiudicato sardo Paolo Cambedda perché trovato con una pistola, un taser, manette e alcune pettorine della Guardia di finanza. L’ipotesi della Squadra Mobile è che i due in concorso con altri stessero per mettere a segno una rapina. Ma questo è solo l’ultimo capitolo di una vita, quella di Boiocchi, votata al crimine. Scrive il giudice: “Boiocchi annovera reati già nel 1974 con una serie di rapine a mano armata e ha riportato un totale di 10 condanne definitive per reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione, porto e detenzione illegale di armi, nonché rapina, sequestro di persona e furto. Lo stesso è inoltre noto a quest’Ufficio in quanto esponente di spicco della tifoseria organizzata della squadra di calcio dell’Inter e perché dal 1992 al 2018 ha trascorso in carcere un periodo totale di 26 anni e tre mesi”.

I suoi rapporti con il crimine organizzato sono noti da tempo e certificati nelle sentenze. Si legge, infatti del suo coinvolgimento tra il 1996 e il 1997 “quale responsabile delle operazioni finanziarie” di “un’associazione a delinquere finalizzata all’importazione di ingenti quantitativi di cocaina dalla Colombia, dove erano stati stabiliti duraturi ed affidabili contatti con i fornitori, nonché ingenti quantitativi di eroina dalla Turchia. L’associazione di cui faceva parte, che vedeva coinvolti anche i fratelli Giuseppe e Stefano Fidanzati (plenipotenziari storici di Cosa nostra a Milano, ndr), gli hanno permesso di instaurare stretti contatti con esponenti di “cosa nostra” siciliana (in particolare con la cosca dei Mannino), nonché con esponenti della mafia del Brenta, legami grazie ai quali aveva sviluppato la capacità di reperire in breve tempo motonavi per il trasporto della droga da far distribuire su tutto il territorio milanese e nella città di Genova”.

Legami che scontata la pena Boiocchi ha continuato a tenere in piedi come dimostra un controllo di polizia avvenuto nel luglio del 2020 presso il bar Calipso di via Correggio. Qui, scrive il giudice, viene controllato “unitamente a Vincenzo Facchineri e Antonio Canito”. Il primo “è diretto appartenente della ‘ndrina Facchineri, fratello di Luigi, divenuto boss dell’organizzazione criminale a seguito della morte nel 2011 del padre Michele, detto Il Papa”. Vincenzo Facchineri “è un pluripregiudicato che annovera numerosissimi precedenti penali e di polizia per estorsione, usura, sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione, porto abusivo e detenzione armi, omicidio volontario, strage, stupefacenti, ricettazione, fabbricazione e commercio di armi, favoreggiamento, morte con lesione come conseguenza di altro delitto e associazione per delinquere di stampo mafioso”.

Mentre Canito, detto Canniggia, è un ras del quartiere di Baggio “direttamente legato al clan Magrini, famiglia appartenente alla malavita barese”. Anche Canito “pluripregiudicato” ha precedenti “per furto, rapina, lesioni personali, stupefacenti, truffa, ricettazione, ricettazione di armi, associazione per delinquere, omicidio volontario, lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio e, nel 2014, tentato omicidio doloso”. Nell’aprile 2013, Canito fu coinvolto in una faida per un debito di droga con esponenti calabresi della case popolari di via Fleming, non lontano dallo stadio Giuseppe Meazza. Anche in quel frangente fu coinvolto il clan Magrini, storici trafficanti già protagonisti di vertice in alcune indagini per droga anche legate alla mafia serba, e in contatto con Enzo Anghinelli, l’ultrà milanista scampato ad un agguato in via Cadore nell’aprile del 2019. Poco prima di quegli spari, il 15 gennaio, in via Quinto Romano nel quartiere di Baggio fu gambizzato il fratello di Canito. Caso che però è stato ormai archiviato. Insomma, la figura di Boiocchi si porta dietro un milieu criminale di tutto rispetto e che si incrocia con gli interessi della curva nord dell’Inter.

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