Calcio

Italia-Svizzera, il precedente – Quando ‘Turbo’ Elsener rovinò la prima partita post Spagna ’82: “Mi marcava Gentile, ma riuscì a fare gol”

In 58 confronti ufficiali, che rendono gli elvetici gli avversari più frequente dell'intera storia azzurra, quello del 1982 rimane ancora oggi l'unico successo dei rossocrociati in terra italiana. Il protagonista di quella serata al fatto.it: "Ho un ricordo bellissimo, anche perché adoro la vostra terra, la vostra cultura, la vostra cucina e i vostri vini. Stasera? Siamo solidi, ma per noi non sarà facile"

Se il calcio fosse stato come la boxe, dove basta battere i detentori di un titolo per strappargli la corona, allora anche la Svizzera sarebbe stata campione del mondo per un breve periodo di tempo. A cominciare dal 27 ottobre 1982 quando, all’Olimpico di Roma, la nazionale elvetica s’impose sull’Italia di Bearzot alla prima uscita post Mundial, rovinando le celebrazioni azzurre per il titolo mondiale conquistato pochi mesi prima in Spagna. In 58 confronti ufficiali, che rendono la Svizzera l’avversario più frequente dell’intera storia azzurra, quello rimane ancora oggi l’unico successo dei rossocrociati in terra italiana. Un fatto di cui va particolarmente fiero Rudolf Elsener, l’autore del gol decisivo per gli elvetici, una deliziosa palombella a scavalcare un incerto Ivano Bordon – subentrato nella ripresa a Zoff – arrivata al culmine di una splendida combinazione con Sulser. “Ho un ricordo bellissimo di quella gara in Italia. Ho molti amici italiani. Per cui per me quella fu una partita davvero speciale. Segnare ai campioni del mondo è stato qualcosa di incredibile, soprattutto considerando che ero marcato a uomo da Claudio Gentile, un difensore famoso per i suoi modi ruvidi. In occasione del gol, però, riuscii a sfuggirgli”, racconta Elsener al fatto.it. “Ricordo ancora che prima di entrare in campo gli azzurri erano rilassati, forse persino troppo. Mentre noi facevamo riscaldamento nel tunnel degli spogliatoi, ricordo di aver sbirciato all’interno del loro e di aver visto che ingannavano l’attesa giocando a calcio-tennis con i borsoni da allenamento. Non sono usciti neanche per un piccolo risveglio muscolare. Penso che ci abbiano un po’ sottovalutati”.

Un peccato di hybris pagato a caro prezzo dai neocampioni del mondo. Anche perché la nazionale svizzera, allenata dal compianto Paul Wolfisberg – scomparso un anno fa – non era esattamente l’ultima arrivata. Oltre al capitano Heinz Hermann, lo storico primatista di presenze dei rossocrociati, Elsener era circondato da giocatori come il portiere Eric Burgener, il libero Alan Geiger e il centrocampista Lucien Favre, l’ex allenatore del Borussia Dortmund. “Non solo. C’era pure Heinz Lüdi, il più forte difensore svizzero dell’epoca, che era anche mio compagno di squadra allo Zurigo. Per non parlare dei miei amici del Grasshoppers, l’altro grande club zurighese dove ho iniziato la carriera. Gente come Roger Wehrli, Raimondo Ponte e Claudio Sulser. Calciatori che al giorno d’oggi avrebbero sicuramente giocato nei migliori campionati d’Europa”, ricorda Ruedi. “Insieme a loro – continua – ho vinto il campionato svizzero nel ’78, ma soprattutto quello stesso anno siamo arrivati ad un passo dalla finale di Coppa Uefa, perdendo in semifinale con i francesi del Bastia. Forse quello è l’unico rimpianto della mia carriera: potevamo essere la prima (e unica) formazione svizzera a raggiungere l’ultimo atto di una competizione europea”.

E poi c’era lui, Rudolf Elsener, una delle ali più veloci della sua epoca. Non a caso il suo soprannome era Turbo. Ad affibbiarglierlo era stato Karl-Heinz Charly Körbel, il recordman di presenze nella storia della Bundesliga e suo allenatore ai tempi dell’Eintracht Francoforte. L’ispirazione gli era venuta durante una partita con l’Arminia Bielefeld, quando Elsener aveva abbagliato tutti con la sua grande capacità di lasciare sul posto gli avversari scattando all’improvviso come un missile sulla fascia: “Nel vecchio stadio dell’Eintracht c’era una pista di atletica intorno al campo. Ad un certo punto ho intrapreso un duello con un avversario, ma in un primo momento lui mi ha impedito di involarmi verso la porta ostacolandomi con il corpo. Non ho mollato ed ho usato la pista d’atletica per circumnavigarlo grazie alla mia velocità, rientrando poi in campo davanti a lui. Da quel momento tutti mi hanno chiamato Turbo”, spiega Elsener.

L’esperienza a Francoforte, iniziata dopo aver convinto il presidente Karl Oberholzer a lasciare gli Hoppers, è stata piuttosto remunerativa dal punto di vista economico: “Guadagnavo circa 200mila franchi all’anno, anche se più della metà era destinata al fisco”. Ma soprattutto gli ha regalato esperienza internazionale, permettendogli di completarsi come giocatore, anche sotto un punto di vista realizzativo. In quella serata dell’autunno 1982 se ne sarebbe accorta anche l’Italia. Un paese che Elsener porta nel cuore. E non solo per quel gol storico: “Amo la vostra cultura, il vostro cibo ed in particolare il vostro vino. Vengo sempre in Italia a trascorrere le mie vacanze. Ho un debole per Forte dei Marmi, in Toscana”, confessa. Oggi Turbo Ruedi fa l’agente immobiliare e stasera sarà incollato davanti alla tv: “Per la Svizzera non sarà facile, anche se siamo una squadra molto solida. Mi auguro di vedere una bella partita“.