Sono contento che Nichi Vendola abbia annunciato un ritorno sulla scena politica: il suo contributo può riportare al centro del dibattito politico questioni fondamentali che solo persone della sua levatura umana e politica sono in grado di offrire.

Detto questo, credo che prima di farlo ci sia da ricucire una ferita. Il cuore e il corpo dei tarantini ancora sanguina. Personalmente ritengo la sua condanna nel processo Ambiente Svenduto un errore, ma non è per le presunte pressioni su Giorgio Assennato (che le ha negate ed è stato altrettanto ingiustamente condannato) che i tarantini sono feriti. La famigerata telefonata con il dirigente Girolamo Archinà, pur non rappresentando un reato, mostra chiaramente un volto diverso da quello in cui tanti tarantini, tra cui il sottoscritto, hanno creduto. Ricordo ancora con emozione il comizio conclusivo della campagna elettorale per le regionali 2010 a Bari dinanzi al teatro Piccinni: la mia fidanzata dell’epoca qualche giorno prima mi propose di partecipare ad Amnesty Jazz che si teneva proprio quel giorno al teatro Piccinni. Accettai subdolamente solo per poter sgattaiolare fuori a sentire Vendola: quando ascoltai “verso Sud” avevo i brividi.

Ecco, forse è per quelle parole d’amore verso questa terra che quella telefonata e quelle risate sono state così dolorose. Il tribunale di Bari – lo dico perché non ho paura della verità – ha condannato me, il direttore Peter Gomez e altri colleghi a risarcire a Vendola 50mila euro per aver pubblicato un video di quella telefonata, ritenuto suggestivo e diffamante per Vendola: non abbiamo gridato alla barbarie giudiziarie, non abbiamo accusato i giudici e l’intera magistratura. Non abbiamo invocato una riforma della giustizia. Abbiamo fatto appello e confidiamo nella giustizia e nel nostro avvocato. Al di là dell’aspetto processuale, però, quella risata è comunque un fatto: non una critica, un’opinione, un parere.

Vendola si è sempre difeso sostenendo che cercava di tenere buona l’Ilva per mediazione politica: c’era da salvaguardare l’ambiente, ma anche la questione dei lavoratori interinali. Io gli credo, ma credo sia opportuno che Vendola lo spieghi per bene ai tarantini. E non lo faccia da uno studio televisivo senza contraddittorio. Mi piacerebbe poter incontrare Vendola in una piazza a Taranto, davanti a tutti. Senza alcun pregiudizio, vorrei potergli porre una serie di domande che, da tarantino prima che da giornalista, conservo nel cuore da tempo. Vorrei poter ascoltare le sue risposte con l’animo sincero di chi, pur essendo ferito, rifiuta l’odio e il rancore.

Ecco, sarebbe bello se Nichi accettasse: la giustizia farà il suo corso e stabilirà se il video del Fatto lo ha diffamato o meno, ma nel frattempo potremmo tornare a confrontarci come rappresentanti della stampa e della politica su un tema – la questione tarantina – che per entrambi è stato un punto importante della vita. Mi piacerebbe davvero poterlo incontrare e intervistare. Quando e come preferisce, purché sia a Taranto. Farebbe bene a tutti. A noi tarantini e a Nichi.

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