Lucio Mos, 66 anni, medico friulano e presidente dal 2019 della Società italiana di cardiologia dello sport, non lascia illusioni: "È del tutto impossibile tornare a giocare a calcio con un impianto antitachicardico addosso. In quella condizione, secondo i nostri protocolli, al massimo si può giocare a scacchi o a biliardo". Quella di Daley Blind, il difensore olandese che da due anni scende in campo con un dispositivo simile, è "una pratica pericolosissima". Il sistema italiano, spiega, è molto più stringente: "Basta pensare che all'estero non esiste nemmeno l'obbligo di idoneità sportiva agonistica"
“È del tutto impossibile tornare a giocare a calcio con un impianto antitachicardico addosso. In quella condizione, secondo i nostri protocolli, al massimo si può giocare a scacchi o a biliardo”. Non lascia spazio a illusioni Lucio Mos, 66 anni, medico friulano e presidente dal 2019 della Società italiana di cardiologia dello sport: la carriera di Christian Eriksen è finita il 12 giugno scorso, nell’attimo in cui il 29enne trequartista dell’Inter è stato colpito da un attacco cardiaco mentre era in campo con la nazionale danese nel match degli Europei contro la Finlandia. L’installazione sottocutanea di un Icd – il dispositivo cardiologico con cui il giocatore dovrà convivere, come ha fatto sapere la Federcalcio di Copenaghen – impedisce infatti di svolgere ogni tipo di attività sportiva agonistica, perlomeno nel nostro Paese.
Dottore, cos’è e come funziona l’Icd?
È un defibrillatore sottocutaneo che registra l’attività del cuore. Se riconosce un’aritmia cardiaca emette in automatico impulsi elettrici capaci di interromperla. Se i medici danesi hanno deciso di impiantarlo, significa che sono arrivati a una diagnosi di aritmia o quantomeno che la considerano probabile. D’altra parte il giocatore è stato defibrillato già in campo, il che mi aveva fatto ipotizzare che la causa del malessere fosse una fibrillazione ventricolare.
Dovrà tenerlo per la vita o potrebbe essere un’applicazione temporanea?
Diciamo che l’applicazione temporanea è possibile in astratto, ma nella pratica non ne ho mai vista una. Se venisse fuori che la causa dell’aritmia è una sindrome guaribile, come una miocardite subacuta, a un certo punto si potrebbe anche valutare di rimuovere il dispositivo. Ma lo considero difficilissimo.
Quindi Eriksen ha finito di giocare.
In Italia certamente sì. Lo escludono i protocolli cardiologici nazionali per l’idoneità allo sport agonistico, in vigore dal 2017, messi a punto dalla nostra società scientifica in collaborazione con le altre federazioni di settore. Le uniche attività fisiche consentite ai portatori di Icd sono quelle a bassissima intensità: parliamo degli scacchi, del biliardo, al massimo del golf. Il calcio è uno sport che comprende contrasti fisici e possibili traumi che metterebbero a rischio l’integrità del dispositivo, ad esempio rompendo gli elettrocateteri inseriti nel sistema venoso.
Nelle ultime ore, però, si è portato a esempio (dal medico dell’Italia del 2006 Enrico Castellacci, ndr) il caso di Daley Blind, il difensore olandese che soffre di miocardite e nonostante ciò scende regolarmente in campo, da due anni, con un dispositivo simile a quello che sarà applicato all’interista.
È una pratica pericolosissima, consentita in altri Paesi ma per fortuna non in Italia. D’altra parte il nostro sistema di regole è molto più stringente, ed è il motivo per cui riusciamo a diagnosticare in anticipo sempre più casi. Basta pensare che nel resto d’Europa – esclusa la Grecia – non esiste nemmeno l’obbligo di certificazione medica dell’idoneità sportiva agonistica, che da noi devono avere anche i bambini delle scuole calcio. I grandi club si muovono in autonomia, ma manca un quadro normativo.
Come mai, allora, in questo caso non si è riusciti a diagnosticare in anticipo la malattia?
Qualcosa purtroppo sfugge ancora, nonostante i progressi. C’è da considerare, poi, che anche in Italia e a livello professionistic le visite medico sportive si fanno in media ogni sei-sette mesi. Nell’intervallo tra un appuntamento e l’altro possono insorgere nuove patologie che sfuggono ai controlli.
Crede che Eriksen sceglierà di andare a giocare all’estero?
Se lo facesse, sbaglierebbe. Ma è vero che molti giocatori di Serie A che avevano delle cardiopatie, alcuni dei quali assistiti da me, hanno fatto questa scelta. Mi viene in mente Nkwankwo Kanu, l’ex attaccante dell’Inter a cui fu diagnosticata una cardiopatia congenita che lo costrinse a operarsi: l’anno dopo scelse di passare all’Arsenal.