Sono passati due anni da quando il Parlamento lasciò scadere il tempo concesso dalla Corte costituzionale per riempire il vuoto normativo sul suicidio assistito, prima di pronunciarsi sul caso di Marco Cappato, finito a processo per aver aiutato a morire l’ex dj Fabo accompagnandolo in Svizzera. Ma se allora la Lega si mise di traverso, facendo arenare la discussione sulla proposta di legge sull’Eutanasia legale (cinque, in realtà, i testi presentati alla Camera), oggi parte la raccolta di firme per un referendum promosso dall’associazione Luca Coscioni di cui Cappato è tesoriere. Il testo, depositato il 20 aprile scorso in Corte di Cassazione, prevede una parziale abrogazione dell’articolo 579 del codice penale (omicidio del consenziente), che impedisce la realizzazione di della cosiddetta “eutanasia attiva”. “In caso di approvazione – spiega l’associazione – si passerebbe dal modello della ‘indisponibilità della vita’, sancito dal codice penale del fascismo nel 1930, al principio della ‘disponibilità della vita’ e dell’autodeterminazione individuale, già introdotto dalla Costituzione repubblicana, ma che ora deve essere tradotto in pratica. Il referendum, come aveva spiegato a ilfattoquotidiano.it Marco Cappato, punta a tutelare “anche i pazienti che non siano dipendenti da trattamenti di sostegno vitale, come i malati di cancro, per i quali è comunque già intervenuta la Consulta”. C’è tempo fino al 30 settembre per raccoglierne 500mila firme: i primi tavoli a Milano (angolo tra Corso Garibaldi e via Statuto) e Roma (Largo Argentina), mentre entro il 30 giugno saranno allestiti in tutta Italia.
IL MESSAGGIO DI DANIELA – Nel corso della conferenza stampa che si è tenuta presso la sala stampa della Camera dei Deputati, è stato trasmesso il video messaggio di Daniela. Trentasette anni, pugliese, affetta da una grave forma di tumore al pancreas, avrebbe voluto poter scegliere di porre fine alle sue sofferenze: “Ho vissuto una vita da persona libera. Vorrei essere libera di morire nel migliore dei modi”. Non ha fatto in tempo ad andare in Svizzera per ricorrere al suicidio assistito. Aveva contattato l’Associazione Luca Coscioni e a febbraio aveva chiesto alla Asl di Roma, dove viveva, e al relativo Comitato Etico, la verifica e l’attestazione delle condizioni necessarie per poter ricorrere al suicidio assistito, in applicazione della storica sentenza 242/2019 emessa dalla Corte Costituzionale, proprio nell’ambito del processo a Cappato. Una sentenza secondo cui non è punibile “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Daniela, però, aveva dovuto impugnare una risposta negativa. Alla fine, era ricorsa d’urgenza al Tribunale di Roma per ottenere le verifiche previste, ma l’udienza era stata fissata al 22 giugno. Considerata la situazione, è stato chiesto di anticipare la decisione, ma nessuno ha mai risposto. Daniela è morta il 5 giugno.
COSA CAMBIEREBBE – Con l’intervento referendario l’eutanasia attiva sarebbe consentita nelle forme previste dalla legge sul consenso informato e il testamento biologico e in presenza dei requisiti introdotti dalla sentenza della Consulta, mentre rimarrebbe punita se il fatto è commesso contro una persona incapace o contro una persona il cui consenso sia stato estorto con violenza, minaccia o contro un minorenne. Ad oggi, invece, in Italia l’eutanasia attiva è vietata sia nella versione diretta (se il medico somministra il farmaco alla persona che ne faccia richiesta, violando l’articolo 579 del codice penale), sia nella versione indiretta (se qualcuno prepara il farmaco che viene poi assunto in modo autonomo dalla persona) e, in questo caso, si incorre nel reato di istigazione e aiuto al suicidio (articolo 580 del codice penale), fatte salve le cause di esclusione introdotte nel 2019 dalla Consulta. Forme di eutanasia passiva, ovvero praticata astenendosi dall’intervenire per tenere in vita il paziente in preda alle sofferenze sono già considerate penalmente lecite, soprattutto quando l’interruzione delle cure ha lo scopo di evitare l’accanimento terapeutico. “Ma molti casi ambigui creano condotte ‘complesse’ o ‘miste’, che non consentono spesso di distinguere con facilità se si tratti di eutanasia mediante azione od omissione e, soprattutto – spiega l’associazione – pongono il problema di una possibile disparità di trattamento ai danni di pazienti gravi e sofferenti affetti però da patologie che non conducono di per sé alla morte per effetto della semplice interruzione delle cure. Da qui l’esigenza di ammettere l’eutanasia a prescindere dalle modalità della sua esecuzione concreta (attiva e omissiva)”.
UNA BATTAGLIA FATTA DI STORIE – Dopo la conferenza, l’appuntamento è proseguito in Largo Argentina per l’avvio della raccolta nella Capitale. C’era anche Mina Welby, ma moglie di Piergiorgio Welby, attivista e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni affetto da distrofia muscolare, per il quale non solo fu negata la richiesta dei legali di porre fine all’accanimento terapeutico (a staccare il respiratore fu il medico, poi assolto dall’accusa di omicidio del consenziente), ma gli furono anche negati i funerali con rito religioso. La funzione non religiosa, è bene ricordarlo, fu celebrata davanti alle porte chiuse della parrocchia che, anni dopo, avrebbe invece accolto quelli trionfali del boss dei Casamonica. Tra le altre persone malate assistite dall’associazione c’è anche Mario (nome di fantasia). Ha 43 anni, abita in un paesino delle Marche e a causa di un grave incidente stradale che gli ha provocato la frattura della colonna vertebrale con la conseguente lesione del midollo spinale, è tetraplegico con altre gravi patologie da 10 anni. Le sue condizioni sono irreversibili. Si era visto negare da ASL e tribunale la possibilità di accedere all’iter previsto dalla sentenza 242, ma proprio in questi giorni, con una nuova ordinanza storica (la prima del genere in Italia) il Tribunale di Ancona ha ribaltato la decisione del giudice precedente, imponendo alla ASL di verificare le condizioni del paziente per accedere al suicidio assistito, attuando di fatto la sentenza della Consulta.
IL SOSTEGNO – “Mario ci ha messo 10 mesi passando per 2 udienze 2 sentenze, per vedere rispettato un suo diritto, nelle sue condizioni” commenta l’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’associazione, secondo cui “non è possibile costringere gli italiani a una simile doppia agonia. Occorre una legge. Per questo – aggiunge – a fronte di un Parlamento paralizzato e sordo persino ai richiami della Corte costituzionale è necessario un referendum”. Da qui alle prossime settimane sarà possibile aderire alla campagna anche presso avvocati e notai registrati. “Il loro ruolo – spiega Cappato – è fondamentale nell’ambito della raccolta firme, perché hanno la facoltà di autenticarle, insieme a cancellieri, parlamentari, sindaci, assessori, consiglieri comunali, consiglieri regionali e dipendenti comunali”. Fanno già parte del comitato promotore del referendum Radicali Italiani, Partito Socialista Italiano, Eumans, Volt, Più Europa, Possibile, Sinistra italiana e Federazione dei Verdi. Il Comitato è aperto all’adesione di associazioni, partiti, movimenti sindacati e altre organizzazioni e, tra primi sostenitori, ci sono l’ARCI nazionale e la CGIL nuovi diritti.
Diritti
Eutanasia legale, parte la raccolta firme per il referendum: “Necessario agire a fronte di un Parlamento paralizzato e sordo”
L'iniziativa è promossa dall'associazione Coscioni. C’è tempo fino al 30 settembre per raccoglierne 500mila firme: i primi tavoli a Milano (angolo tra Corso Garibaldi e via Statuto) e Roma (Largo Argentina), mentre entro il 30 giugno saranno allestiti in tutta Italia
Sono passati due anni da quando il Parlamento lasciò scadere il tempo concesso dalla Corte costituzionale per riempire il vuoto normativo sul suicidio assistito, prima di pronunciarsi sul caso di Marco Cappato, finito a processo per aver aiutato a morire l’ex dj Fabo accompagnandolo in Svizzera. Ma se allora la Lega si mise di traverso, facendo arenare la discussione sulla proposta di legge sull’Eutanasia legale (cinque, in realtà, i testi presentati alla Camera), oggi parte la raccolta di firme per un referendum promosso dall’associazione Luca Coscioni di cui Cappato è tesoriere. Il testo, depositato il 20 aprile scorso in Corte di Cassazione, prevede una parziale abrogazione dell’articolo 579 del codice penale (omicidio del consenziente), che impedisce la realizzazione di della cosiddetta “eutanasia attiva”. “In caso di approvazione – spiega l’associazione – si passerebbe dal modello della ‘indisponibilità della vita’, sancito dal codice penale del fascismo nel 1930, al principio della ‘disponibilità della vita’ e dell’autodeterminazione individuale, già introdotto dalla Costituzione repubblicana, ma che ora deve essere tradotto in pratica. Il referendum, come aveva spiegato a ilfattoquotidiano.it Marco Cappato, punta a tutelare “anche i pazienti che non siano dipendenti da trattamenti di sostegno vitale, come i malati di cancro, per i quali è comunque già intervenuta la Consulta”. C’è tempo fino al 30 settembre per raccoglierne 500mila firme: i primi tavoli a Milano (angolo tra Corso Garibaldi e via Statuto) e Roma (Largo Argentina), mentre entro il 30 giugno saranno allestiti in tutta Italia.
IL MESSAGGIO DI DANIELA – Nel corso della conferenza stampa che si è tenuta presso la sala stampa della Camera dei Deputati, è stato trasmesso il video messaggio di Daniela. Trentasette anni, pugliese, affetta da una grave forma di tumore al pancreas, avrebbe voluto poter scegliere di porre fine alle sue sofferenze: “Ho vissuto una vita da persona libera. Vorrei essere libera di morire nel migliore dei modi”. Non ha fatto in tempo ad andare in Svizzera per ricorrere al suicidio assistito. Aveva contattato l’Associazione Luca Coscioni e a febbraio aveva chiesto alla Asl di Roma, dove viveva, e al relativo Comitato Etico, la verifica e l’attestazione delle condizioni necessarie per poter ricorrere al suicidio assistito, in applicazione della storica sentenza 242/2019 emessa dalla Corte Costituzionale, proprio nell’ambito del processo a Cappato. Una sentenza secondo cui non è punibile “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Daniela, però, aveva dovuto impugnare una risposta negativa. Alla fine, era ricorsa d’urgenza al Tribunale di Roma per ottenere le verifiche previste, ma l’udienza era stata fissata al 22 giugno. Considerata la situazione, è stato chiesto di anticipare la decisione, ma nessuno ha mai risposto. Daniela è morta il 5 giugno.
COSA CAMBIEREBBE – Con l’intervento referendario l’eutanasia attiva sarebbe consentita nelle forme previste dalla legge sul consenso informato e il testamento biologico e in presenza dei requisiti introdotti dalla sentenza della Consulta, mentre rimarrebbe punita se il fatto è commesso contro una persona incapace o contro una persona il cui consenso sia stato estorto con violenza, minaccia o contro un minorenne. Ad oggi, invece, in Italia l’eutanasia attiva è vietata sia nella versione diretta (se il medico somministra il farmaco alla persona che ne faccia richiesta, violando l’articolo 579 del codice penale), sia nella versione indiretta (se qualcuno prepara il farmaco che viene poi assunto in modo autonomo dalla persona) e, in questo caso, si incorre nel reato di istigazione e aiuto al suicidio (articolo 580 del codice penale), fatte salve le cause di esclusione introdotte nel 2019 dalla Consulta. Forme di eutanasia passiva, ovvero praticata astenendosi dall’intervenire per tenere in vita il paziente in preda alle sofferenze sono già considerate penalmente lecite, soprattutto quando l’interruzione delle cure ha lo scopo di evitare l’accanimento terapeutico. “Ma molti casi ambigui creano condotte ‘complesse’ o ‘miste’, che non consentono spesso di distinguere con facilità se si tratti di eutanasia mediante azione od omissione e, soprattutto – spiega l’associazione – pongono il problema di una possibile disparità di trattamento ai danni di pazienti gravi e sofferenti affetti però da patologie che non conducono di per sé alla morte per effetto della semplice interruzione delle cure. Da qui l’esigenza di ammettere l’eutanasia a prescindere dalle modalità della sua esecuzione concreta (attiva e omissiva)”.
UNA BATTAGLIA FATTA DI STORIE – Dopo la conferenza, l’appuntamento è proseguito in Largo Argentina per l’avvio della raccolta nella Capitale. C’era anche Mina Welby, ma moglie di Piergiorgio Welby, attivista e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni affetto da distrofia muscolare, per il quale non solo fu negata la richiesta dei legali di porre fine all’accanimento terapeutico (a staccare il respiratore fu il medico, poi assolto dall’accusa di omicidio del consenziente), ma gli furono anche negati i funerali con rito religioso. La funzione non religiosa, è bene ricordarlo, fu celebrata davanti alle porte chiuse della parrocchia che, anni dopo, avrebbe invece accolto quelli trionfali del boss dei Casamonica. Tra le altre persone malate assistite dall’associazione c’è anche Mario (nome di fantasia). Ha 43 anni, abita in un paesino delle Marche e a causa di un grave incidente stradale che gli ha provocato la frattura della colonna vertebrale con la conseguente lesione del midollo spinale, è tetraplegico con altre gravi patologie da 10 anni. Le sue condizioni sono irreversibili. Si era visto negare da ASL e tribunale la possibilità di accedere all’iter previsto dalla sentenza 242, ma proprio in questi giorni, con una nuova ordinanza storica (la prima del genere in Italia) il Tribunale di Ancona ha ribaltato la decisione del giudice precedente, imponendo alla ASL di verificare le condizioni del paziente per accedere al suicidio assistito, attuando di fatto la sentenza della Consulta.
IL SOSTEGNO – “Mario ci ha messo 10 mesi passando per 2 udienze 2 sentenze, per vedere rispettato un suo diritto, nelle sue condizioni” commenta l’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’associazione, secondo cui “non è possibile costringere gli italiani a una simile doppia agonia. Occorre una legge. Per questo – aggiunge – a fronte di un Parlamento paralizzato e sordo persino ai richiami della Corte costituzionale è necessario un referendum”. Da qui alle prossime settimane sarà possibile aderire alla campagna anche presso avvocati e notai registrati. “Il loro ruolo – spiega Cappato – è fondamentale nell’ambito della raccolta firme, perché hanno la facoltà di autenticarle, insieme a cancellieri, parlamentari, sindaci, assessori, consiglieri comunali, consiglieri regionali e dipendenti comunali”. Fanno già parte del comitato promotore del referendum Radicali Italiani, Partito Socialista Italiano, Eumans, Volt, Più Europa, Possibile, Sinistra italiana e Federazione dei Verdi. Il Comitato è aperto all’adesione di associazioni, partiti, movimenti sindacati e altre organizzazioni e, tra primi sostenitori, ci sono l’ARCI nazionale e la CGIL nuovi diritti.
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Il Cairo, 4 mar. (Adnkronos) - I leader arabi concordano di istituire un fondo fiduciario per finanziare la ricostruzione della Striscia di Gaza, devastata dalla guerra, sollecitando il contributo internazionale per accelerare il processo di ricostruzione. Secondo il comunicato finale del vertice della Lega araba al Cairo, visionato dall'Afp, il fondo "riceverà impegni finanziari da tutti i paesi donatori e dalle istituzioni finanziarie" per realizzare progetti di ricostruzione nel territorio.
Tel Aviv, 4 mar. (Adnkronos) - Il Ministero degli Esteri israeliano afferma che la dichiarazione del vertice arabo tenutosi al Cairo per discutere della ricostruzione di Gaza non ha affrontato la realtà della situazione successiva al massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023. "È degno di nota che il feroce attacco terroristico di Hamas non venga menzionato e che non vi sia nemmeno una condanna di questa entità terroristica omicida, nonostante le atrocità documentate", afferma la dichiarazione.
il ministero elogia invece il piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di trasferire i cittadini di Gaza, sostenendo — nonostante Trump parli di trasferire tutta la popolazione della Striscia — che in base a questo, "c'è un'opportunità per i cittadini di Gaza di scegliere liberamente. Questo deve essere incoraggiato".
Sana'a, 4 mar. (Adnkronos) - Gli Houthi hanno abbattuto un drone statunitense nei cieli della città portuale di Hodeidah nello Yemen. Lo ha dichiarato portavoce del gruppo, Yahya Saree, in un post su Telegram.
Washington, 4 mar. (Adnkronos) - Secondo due fonti informate sui colloqui, gli Stati Uniti e l'Ucraina potrebbero firmare l'accordo sui minerali già oggi. Lo rende noto Abc News, secondo cui Trump ha indicato ai suoi principali consiglieri che vorrebbe concludere l'accordo prima del suo discorso congiunto al Congresso.
Il Cairo, 4 mar. (Adnkronos) - Il vertice arabo convocato al Cairo ha adottato un piano egiziano per la ricostruzione di Gaza. Lo ha affermato il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi in una dichiarazione conclusiva. Il piano mira a contrastare le proposte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per una "Riviera mediorientale" con un piano per ricostruire la Striscia devastata senza sfollare la sua popolazione.
Parigi, 4 mar. (Adnkronos/Afp) - Il presidente francese Emmanuel Macron ha accolto con favore la volontà del suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky “di riprendere il dialogo con gli Stati Uniti d'America”, secondo quanto riferito dall'Eliseo.
Il capo di Stato “ha ribadito la determinazione della Francia a lavorare con tutte le parti interessate per attuare una pace solida e duratura in Ucraina”, ha dichiarato la presidenza.
Roma, 4 mar. (Adnkronos) - Elly Schlein è netta sul piano lanciato oggi da Ursula Von der Leyen. "Noi non ci stiamo", la posizione della segretaria del Pd. Una linea che, pur con sfumature diverse, trova d'accordo anche l'area riformista dem. Servono "modifiche", dice Lorenzo Guerini. In particolare, a mettere tutti d'accordo è la bocciatura della proposta della presidente della Commissione Ue sulla possibilità di dirottare i fondi di Coesione sulle spese per la difesa. E non solo. Anche la deroga al patto di Stabilità da parte dei singoli Stati, fuori da regia e investimenti comuni sulla difesa, è giudicata un errore trasversalmente tra i dem.
Schlein ha già annunciato che porterà la posizione del Pd alla riunione dei Socialisti e Democratici giovedì mattina a Bruxelles, il pre-vertice che precede il Consiglio europeo straordinario. In vista dell'appuntamento Schlein oggi ha sentito il premier spagnolo Pedro Sanchez. "Una lunga conversazione sullo scenario internazionale e la complicata situazione mondiale", fanno sapere fonti dem. Quella del Pd è la delegazione più numerosa nella famiglia socialista europea. Senza l'ok dei socialisti il piano Von der Leyen traballa. "È il momento delle scelte e della chiarezza. Abbiamo bisogno di una risposta all'altezza della sfida globale - strategica, economica, politica - al ruolo dell'Europa nel mondo. E questa risposta non è quella presentata oggi", rimarca Schlein.
Negli equilibri interni al Pd, la sollecitazione dei riformisti è quella di lavorare per modificare il piano Von der Leyen, "aiutare ad andare nella direzione giusta" ed evitare che ci si arrocchi in un "no a tutti i costi". L'importante, si spiega, "è non mettere in discussione la necessità dell'aumento di risorse per la difesa europea". Per Guerini si tratta di un'esigenza "ineludibile". Quindi la sollecitazione del presidente del Copasir: "Ora bisogna mettersi al lavoro, innanzitutto all’interno del Pse, per confermare in maniera convinta il nostro impegno per maggiori investimenti e capacità militari europee provando a dare un indirizzo più coerente agli strumenti per farlo".
Per Schlein "quella presentata oggi da Von Der Leyen non è la strada che serve all’Europa. All’Unione europea serve la difesa comune, non il riarmo nazionale. Sono due cose molto diverse". Anche il titolo 'Rearm' ha fatto sobbalzare più di uno e anche la segretaria lo mette in evidenza. "Il piano Von Der Leyen, a partire dal titolo, punta sul riarmo e non emerge un indirizzo politico chiaro verso la difesa comune".
Quindi elenca i nodi: "Indica una serie di strumenti che agevolerebbero la spesa nazionale ma senza porre condizioni sui progetti comuni, sull’interoperabilità dei sistemi. Ci sono molti aspetti da chiarire, ad esempio su come funzionerebbe il nuovo meccanismo in stile Sure, per capire se finanzia progetti comuni o spesa nazionale. Ma questa -avverte- non è la strada giusta. Manca ancora la volontà politica dei governi di fare davvero una difesa comune e in questo piano della Commissione mancano gli investimenti europei finanziati dal debito comune, come durante la pandemia. Così rischia di diventare il mero riarmo nazionale di 27 paesi e noi non ci stiamo".
"Noi -insiste- abbiamo un’idea precisa. Quello che serve oggi è un grande piano di investimenti comuni per l’autonomia strategica dell’Ue, che è insieme cooperazione industriale, coesione sociale, transizione ambientale e digitale, sicurezza energetica e anche difesa comune. Anche, ma non solo! Magari cancellando le altre cruciali priorità su cui i governi sono più divisi. È irrinunciabile contrastare le diseguaglianze che sono aumentate. Per questo è inaccettabile utilizzare i fondi di coesione per finanziare le spese militari nazionali".
Punti critici che vengono rilevati anche dai riformisti. Per Guerini "la proposta Von der Leyen definisce giustamente l’obiettivo in termini di risorse", ma "così come è stata prospettata necessita di essere modificata: è sbagliato l’utilizzo dei fondi di coesione e c’è poco coraggio a sostenere un vero salto in senso europeo delle spese per la difesa". Avverte Alessandro Alfieri: gli strumenti "che mettiamo in campo devono portare ad una maggiore integrazione delle principali aziende della difesa europea. In questo senso, se non vengono messe condizionalità alle deroghe al patto di stabilità, l’aumento dei bilanci dei singoli Paesi verrà speso prevalentemente su mercati extra Ue, da cui oggi dipendiamo per l’80%. Aumentando la dipendenza strategica dagli Usa anziché diminuirla".
Per il coordinatore della minoranza dem, il Pd non dovrà far "mancare il proprio contributo in tutte le sedi così come spiegheremo che serve una narrazione diversa che convinca le opinioni pubbliche europee a sostenere la sfida ineludibile della costruzione della difesa europea. Magari chiamando questa sfida Protect Europe invece di Rearm. Perché anche il linguaggio ha la sua importanza...”.
Interviene anche Giorgio Gori a sollevare criticità: sarebbe "un errore - ritengo, da parte della Commissione Europea - autorizzare maggiori spese per la difesa dei singoli Stati membri, in deroga al patto di stabilità, fuori da una comune regia. Ciò finirebbe per approfondire la frammentazione, senza apprezzabili benefici per la sicurezza comune. La deroga dal patto dovrebbe invece essere autorizzata solo per gli investimenti comuni: così si porrebbero le condizioni per l'avvio di un vero sistema di difesa europeo". E poi "ugualmente discutibile appare poi la contrapposizione tra spesa per la difesa e spesa sociale, suggerita dalla facoltà per gli Stati membri di attingere ai fondi per la coesione". Intanto questa mattina la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno ha lanciato un appello via social per un'Europa 'Libera e forte' in 5 punti, difesa comune compresa. Oltre duemila, finora, le adesioni.