di Giovanni Casciaro
Continuano a susseguirsi tristi vicende per le persone migranti. Nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno si contano più di 500 morti, un numero di vittime triplicato rispetto allo stesso periodo del 2020. E accadono analoghe tragedie lungo tutte le rotte di migrazione, come riporta il sito dell’Organizzazione internazionale per la migrazione (Oim). Tragico è il resoconto del 2020: oltre 3.100 persone morte, pur escludendo i decessi senza testimoni.
In questo scenario, è inammissibile il mancato intervento delle autorità statali, mentre sono dolorose le testimonianze dei soccorritori delle Ong. “Ci siamo trovati letteralmente a navigare in mezzo ai cadaveri. E purtroppo siamo arrivati troppo tardi. Ma questa gente, 100, 120, 130 non lo sapremo mai, si poteva salvare se qualcuno fosse andato in loro soccorso quando hanno chiesto aiuto”, è la drammatica testimonianza di Alessandro Porro, soccorritore di Sos Mediterranée.
Nonostante ciò alcuni influenti politici italiani, pur esibendo una forte fede cristiana, continuano a manifestare avversione al soccorso operato dalle Ong e a indicare come “soluzioni del problema migranti” la chiusura dei porti, i blocchi navali, i respingimenti militari… impedire i salvataggi e usare cinicamente la morte come deterrente contro l’immigrazione.
Intanto i migranti affrontano viaggi pericolosi, esperienze atroci nei centri di detenzione e, arrivati alla meta, avversione, razzismo e schiavismo. Ma cosa spinge queste persone a emigrare e ad affrontare tanta sofferenza? Una parte delle ragioni si ritrovano nel “Rapporto globale sulle crisi alimentari 2021”, prodotto da una rete mondiale, formata dall’Ue, dalla Fao e dal World Food Programme dell’Onu. Dal rapporto risulta che nel 2020 sono state 155 milioni le persone esposte al rischio di insicurezza alimentare acuta, con un aumento di circa 20 milioni rispetto all’anno precedente. Almeno 28 milioni hanno affrontato un livello di insicurezza alimentare molto prossimo alla morte per fame. E purtroppo in Africa “l’insicurezza alimentare acuta ha colpito i vari paesi in maniera sproporzionata”.
Sono anche riportate le cause: i conflitti, con impatti devastanti per circa 100 milioni di persone; gli shock economici, anche conseguenti alla pandemia Covid-19; gli eventi meteorologici estremi. E ad aggravare la situazione, i potentati del “Nord”, con la complicità di autorità locali corrotte, si appropriano di terre, risorse minerarie ed energetiche dei “Paesi poveri”.
In modo diretto o indiretto, gli interessi e le politiche egemoniche dei “Paesi forti” portano all’impoverimento di intere regioni, le cui popolazioni sono costrette a lasciare le proprie terre. E la povertà è anche causa dell’espandersi dell’estremismo islamico. Emerge perciò la necessità di un grande cambiamento, già sperimentato da Ong e da altre organizzazioni della società civile, impegnate nella Cooperazione al “Sud” e al “Nord” del mondo con progetti finalizzati a rimuovere le cause della povertà con più obiettivi: fare un uso sostenibile di tutte le risorse a favore delle popolazioni locali; realizzare opportunità di lavoro e una equa distribuzione della ricchezza; salvaguardare le comunità agricole e diffondere pratiche agroecologiche; favorire il commercio equo.
Da anni però sono scarsi i fondi destinati dai governi italiani ai progetti di Cooperazione internazionale. Le Ong perciò sollecitano maggiori risorse per favorire condizioni dignitose di vita per tutti gli esseri in ogni regione del Pianeta. E per rendere possibile un vero cambiamento, richiedono nuove politiche globali improntate non all’accaparramento delle ricchezze e agli affari con guerre e vendita di armi, ma alla giustizia, alla salvaguardia dell’ambiente e alla soluzione pacifica dei conflitti. Nella consapevolezza che in un mondo interconnesso, le soluzioni per i problemi globali, come per la pandemia di Covid-19, per essere efficaci devono includere tutti.