Il trentesimo compleanno dal carcere e un biglietto scritto dalla sua cella per ringraziare e incoraggiare gli azzurri nel giorno di Italia-Svizzera. Patrick Zaki, detenuto a Tora, in Egitto, da quasi un anno e mezzo, fa arrivare il suo augurio alla nazionale su un foglietto che Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international Italia, ha postato sui social (sopra). “Oggi Patrick Zaki ha ringraziato per gli auguri di compleanno e poi, in italiano, ha aggiunto una frase… Allora grazie tre volte, Patrick, per il tifo dal carcere egiziano dove sei detenuto, innocente, da quasi 500 giorni! #ItaliaSvizzera #freepatrickzaki”.

Zaki ha trascorso il suo secondo compleanno dietro le sbarre al Cairo, dove è in custodia da oltre un anno accusato di terrorismo e istigazione alla violenza. Intanto cresce il pressing sul governo di una parte del mondo politico e della società civile per concedergli la cittadinanza italiana. Gli attivisti che si battono per la liberazione di Patrick continuano a chiedere il perché della sua detenzione, ormai rinnovata periodicamente mentre il ricercatore è in condizioni fisiche e soprattutto psicologiche sempre più compromesse. Bologna, città dove Patrick studiava, ha ricordato il suo compleanno con una mostra, allestita lungo uno dei suoi portici più simbolici, dal titolo ‘Patrick patrimonio dell’umanità’, che ricorda anche altri prigionieri di coscienza.

Pur avendo piena consapevolezza della delicatezza della situazione, delle preoccupazioni di familiari e attivisti, il governo italiano tuttavia prende tempo. Il timore è che il riconoscimento della cittadinanza italiana possa irrigidire ulteriormente l’Egitto sul caso. Lo stesso ministro degli Esteri Luigi Di Maio qualche settimana fa in una intervista televisiva aveva sottolineato l’urgenza di liberare Patrick ma senza “illudersi” che sia più facile farlo “aumentando la portata mediatica del caso”. Intanto i deputati del Movimento 5 Stelle nella commissione Esteri chiedono di coinvolgere Europa e Nazioni unite, per non lasciare l’Italia da sola, e propongono di “valutare un ricorso presso la Convenzione contro la tortura, adottata delle Nazioni unite nel 1984. Ci sono gli estremi per sancire gli abusi subiti da Zaki e per mettere ulteriore pressione internazionale all’Egitto”.

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