Il presidente dell'Autorità anticorruzione torna a chiedere un rafforzamento dell'organico. Quanto alle semplificazioni per velocizzare i lavori, ha ricordato che gli affidamenti diretti riducono la concorrenza. Critiche anche sulla proroga delle norme che circoscrivono il perimetro del danno erariale: "E' il risultato di un doppio fallimento. L’assenza di disposizioni per definire correttamente l'ambito nel quale può e deve esercitarsi la discrezionalità amministrativa e l’assenza di competenze adeguate nella pubblica amministrazione"
Non è chiusa la partita tra il governo Draghi e l’Autorità nazionale anticorruzione. Il presidente Giuseppe Busia, presentando alla Camera la relazione annuale, ha ribadito che se l’esecutivo intende rafforzare la Ragioneria generale ai fini dei controlli sulla spesa dei fondi del Recovery ben venga, ma anche l’Anac ha bisogno di più risorse finanziarie e umane. Nel decreto sul reclutamento della pa, dopo l’allarme di Busia, è stato aggiunto un formale riconoscimento delle competenze dell’authority ma non sono previste assunzioni. “Le risorse attualmente disponibili”, ha detto il numero dell’Anac, “possono essere utilmente impiegate nella fase di impostazione e avvio dei progetti di sviluppo, ma non sono sufficienti per il loro completamento e per la loro gestione a regime”. Da Busia è poi arrivato l’ennesimo avvertimento sul fronte degli appalti pubblici, in vista della spesa dei fondi europei: “La discrezionalità amministrativa è, e deve rimanere, una componente essenziale dell’attività contrattuale pubblica”. Ma “perché possa essere esercitata correttamente, richiede stazioni appaltanti adeguatamente strutturate e dotate di elevate competenze specialistiche. La perdurante assenza delle stesse è invece fonte di ritardi e sprechi, anche quando non sfocia in fenomeni corruttivi”. In generale, “la migliore misura per garantire integrità alla pubblica amministrazione e per prevenire la corruzione” è la presenza “di funzionari capaci e competenti, orgogliosi del proprio ruolo“. Ma andrebbe rafforzata “la disciplina dei conflitti di interessi dei pubblici funzionari” che “si presenta ancora, per molti versi, scarna, frammentata o poco chiara“.
“Dopo le istituzioni internazionali e la ministra Cartabia nel suo discorso programmatico alla Camera, ora anche il presidente dell’Anac ammonisce sulla frammentarietà della normativa sui conflitti di interessi in Italia”, commenta Federico Anghelé, direttore di The Good Lobby. “Circa 28mila cittadini chiedono da due anni, attraverso una petizione promossa da The Good Lobby, che il nostro Paese si doti finalmente di una legge efficace che prevenga e sanzioni i conflitti di interessi. Legge che sarebbe indispensabile ora che inizieranno ad affluire i fondi del Recovery Fund europeo e che gli appetiti dei potenziali beneficiari vanno aumentando. Ci prepariamo a ricevere un’incredibile iniezione di denaro pubblico con le stesse lacune normative di prima, come se non si fosse il rischio che i fondi possano essere “manovrati” secondo interessi personali e clientelari. E invece di ragionare su come rendere più efficace e rigoroso l’apparato preventivo e di controllo sull’utilizzo dei fondi, non si fa che discutere di semplificazione quale sinonimo di “liberi tutti”.
“Anac non frena, supporta le stazioni appaltanti e aiuta a risparmiare” – “Lungi dall’essere un freno all’attività amministrativa, l’Anac, al contrario, fornisce supporto e assistenza, aiuta le stazioni appaltanti ad utilizzare correttamente le risorse pubbliche e a risparmiare, acquisendo beni e servizi migliori per la stessa amministrazione e i cittadini”, ha rivendicato il presidente Anac. “Basti pensare all’individuazione dei prezzi di riferimento per prodotti di uso corrente, come le risme di carta o i servizi di pulizia, ovvero alle iniziative ad hoc, come quella appena conclusa sull‘approvvigionamento di dispositivi medici per il diabete, che ha spinto le stazioni appaltanti verso procedure più trasparenti ed efficaci, con risparmi significativi a tutto vantaggio dei pazienti7. Si tratta di esempi tangibili di come trasparenza e concorrenza riducano i costi, liberando risorse a favore della collettività”. Mentre la corruzione ha come vittima “la collettività, con un prezzo altissimo pagato in termini di minori opportunità e servizi più cari o scadenti”, ha ricordato Busia. “Erode le radici della convivenza comune, il necessario coesistere di diritti e doveri, sui quali si fondano i vincoli di solidarietà economica e sociale richiamati dall’articolo 2 della nostra Costituzione. Come ha anche ricordato il presidente Mattarella in occasione della celebrazione del settantacinquesimo anniversario del referendum istituzionale del 1946, ‘La Repubblica è legalità’. La deviazione di risorse pubbliche a vantaggio di pochi, che sempre accompagna i fenomeni corruttivi, ricade innanzi tutto sui più deboli, su chi non ha i mezzi per fare da solo”.
“Va preservato il controllo affidato ad autorità indipendenti” – Per questo “nel mondo matura sempre di più la consapevolezza della complessità dei fenomeni corruttivi e la necessità di adeguate strategie di prevenzione e contrasto, come dimostra il memorandum firmato nei giorni scorsi dal presidente statunitense Joe Biden, che ha elevato l’anticorruzione a interesse fondamentale per la sicurezza nazionale, e come testimoniano anche le ulteriori misure sulla trasparenza e sulla prevenzione dei conflitti di interessi recentemente adottate dallo Stato della Città del Vaticano”. E in Italia? “Non entro nel merito delle scelte del governo di prevedere l’accentramento in capo alla cabina di regia di una serie di funzioni che mirano a dare attuazione al rispetto dei tempi” del Pnrr e “la previsione del rafforzamento di alcune strutture interne alla Ragioneria dello Stato e del ministero dell’Economia”, ha detto Busia, che all’inizio di giugno davanti alle bozze non ancora definitive del decreto assunzioni nella pa aveva parlato di “preoccupanti passi indietro” del governo sull’anticorruzione.
Ma è ‘importante che vi sia un altrettanto ampio rafforzamento per attività svolte da autorità indipendente come l’Anac. Come autorità noi guardiamo con favore ogni caso in cui l’amministrazione rafforza garanzie e presidi”, ma “il controllo affidato a un’autorità indipendente è importante preservarlo“. E per farlo servono risorse, anche perché il decreto Semplificazioni ha affidato all’authority competenze nuove come la gestione della banca dati degli operatori economici che sarà accorpata alla Banca dati dei contratti pubblici: “Per il periodo 2021-2026 saranno necessarie risorse aggiuntive umane, finanziarie e strumentali per lo sviluppo e la gestione dei servizi digitali stimabili nell’ordine di 3 milioni di euro nel 2021, 9 milioni nel 2022, 12 milioni nel 2023, 10,5 milioni nel 2024, 8 milioni nel 2025 e 7,5 milioni nel 2026″, ha sottolineato Busia. Per portare a compimento i progetti “saranno necessarie inoltre 15 unità di personale tecnico specializzato nella conduzione di progetti IT complessi e 4 unità di personale con competenze amministrativo-giuridiche per la gestione degli aspetti contrattuali, per la definizione delle convenzioni con gli enti certificanti di cui all’art.81 che interopereranno con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici nonché per la definizione dei provvedimenti di attuazione che dovrà emanare l’Autorità”.
“Con affidamenti diretti ampia sospensione della concorrenza” – Passando al merito degli appalti pubblici, Busia ha ricordato che “negli ultimi mesi l’attenzione generale si è comprensibilmente concentrata sull’esigenza di rendere più celeri le procedure. Questo è fondamentale non solo per rispettare le precise scadenze legate all’utilizzo dei fondi europei, ma anche perché, a regime, abbiamo bisogno di recuperare il non giustificabile divario temporale che ci separa da altri paesi”. Tuttavia, ha sottolineato, “falliremmo se tale accelerazione portasse a trascurare che il vero obiettivo è quello di costruire infrastrutture solide e funzionali, di acquistare beni di qualità e a prezzi convenienti, di ricevere e fornire ai cittadini servizi più efficienti. Ciò, garantendo una sana competizione fra gli operatori economici ed evitando che in essa si inserisca e magari prevalga chi usa comportamenti scorretti o risorse ricavate in modo illecito“. Finora invece per velocizzare si è puntato sulle deroghe al codice: “Le stazioni appaltanti hanno fatto larghissimo ricorso alle nuove procedure, che oggi consentono di assegnare le commesse in via diretta ad un operatore, anche senza un preliminare confronto fra preventivi. In particolare, spicca l’aumento del 242% dell’affidamento diretto di lavori fino a 150.000 euro registrato nel secondo semestre del 2020. Tale tendenza potrebbe essere addirittura accentuata a seguito dell’emanazione del decreto legge n. 77 del 31 maggio 2021, che ne estende la portata per i servizi e le forniture entro la soglia di 139.000 euro fino al 30 giugno del 2023”. Questa “tanto ampia sospensione della concorrenza fra imprese inciderà sull’assetto del mercato, riguardando il 58% degli affidamenti di lavori e il 53% di quelli per servizi e forniture, nei quali opera un tessuto di micro, piccole e medie imprese, tanto rilevanti per l’assetto produttivo del nostro Paese”.
“Per esercitare discrezionalità la pa ha bisogno di competenze adeguate” – Inoltre, “in tempi di emergenza si è inteso ovviare alla cosiddetta ‘paura della firma’ circoscrivendo eccezionalmente il perimetro del danno erariale – ha sottolineato Busia – Il perpetuarsi di tale scelta normativa è purtroppo il risultato di un doppio fallimento: da un lato, l’assenza di disposizioni sufficientemente chiare per definire correttamente l’ambito nel quale può e deve esercitarsi la discrezionalità amministrativa. E, dall’altro, ancora una volta, l’assenza di competenze adeguate nella pubblica amministrazione, necessarie per esercitare in modo responsabile tale discrezionalità, senza incorrere in errori o rischi di ‘cattura’, anche inconsapevole, da parte degli attori privati”.
La durata dei contratti, ha ricordato il presidente Anac, “incide negativamente soprattutto sulle opere maggiori, per le quali i tempi di realizzazione possono arrivare fino a oltre 15 anni (meno di 3 anni servono invece per gli appalti fino a 100.000 euro)”. In questo lungo lasso di tempo, “l’affidamento occupa in media 6 mesi (si arriva a un massimo di 20), mentre pesano di più le autorizzazioni, i passaggi amministrativi tra una fase e l’altra, i ricorsi e i contenziosi, le varianti ma anche i fallimenti delle imprese. Il decreto 77/2021 mira opportunamente ad accorciare la durata di alcuni snodi amministrativi ma, affinché tale intento non rimanga sulla carta o conduca a risultati indesiderati – pensiamo ai rischi per la tutela dei beni culturali e del paesaggio – occorre assicurare adeguate risorse alle amministrazioni che tali tempi sono chiamate a garantire”. L’Autorità ha formulato alcune proposte per bilanciare opportunamente trasparenza e rapidità di azione, concentrandosi soprattutto su digitalizzazione dei contratti pubblici e qualificazione di stazioni appaltanti e imprese. La completa informatizzazione è un obiettivo richiestoci con forza anche dall’Unione europea, e si deve accogliere con favore lo sforzo fatto in tale direzione con il richiamato decreto 77/2021. Occorre puntare sulla digitalizzazione dell’intero ciclo di affidamento, dalla programmazione al collaudo, che troverà elemento centrale nella piena valorizzazione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici”.