Il 31 marzo scorso, a sorpresa, Elica, leader mondiale nella produzione di cappe aspiranti, annunciava una drastica riorganizzazione con 400 esuberi, la chiusura dell’impianto di Cerreto D’Esi e il trasferimento della produzione in Polonia dove è già attivo uno stabilimento. Un fulmine a ciel sereno. E con una coincidenza che ha del paradossale. Lo stesso giorno l’azienda di famiglia guidata da Francesco Casoli, ex senatore di Forza Italia, chiudeva i conti del primo trimestre del 2021 con risultati esplosivi. Le vendite salite del 23% a 137 milioni rispetto al primo trimestre del 2020 impattato solo in parte dal Covid. Il margine operativo lordo rettificato a livello di 14,4 milioni anch’esso in forte crescita anno su anno a +31%. Un ottimo risultato che fa a pugni con la motivazione dell’azienda che la nuova riorganizzazione con ben 400 esuberi serve “a garantire la continuità aziendale”.
Come se si trattasse di una questione di sopravvivenza. Sono ben altre le situazioni di crisi, a guardare i conti della multinazionale tascabile marchigiana. I risultati di bilancio sono assai lontani da una situazione che impone scelte così drastiche. Certo il 2020 ha visto una frenata con ricavi scesi del 5,7% e una redditività industriale che però ha segnato un buon 9,3% sui ricavi. Un livello di flessione ma non tale da mettere in pericolo la continuità aziendale, come affermano i vertici di Elica. E del resto i dati dei primi tre mesi dell’anno dimostrano che la svolta in positivo è già pienamente in corso.
Tra l’altro l’azienda ha confermato di recente agli analisti finanziari la cosiddetta guidance per il 2021, in cui per l’intero anno il management si aspetta ricavi consolidati per ben 490 milioni, 30 milioni in più delle stime degli analisti ferme a 460 milioni. Non solo ma quanto a margini di profitto le stime comunicate di recente dall’azienda indicano utili operativi intorno al 5,5% del totale ricavi, quindi oltre i 23 milioni di euro. Elica produce cassa, ha un debito finanziario netto di soli 60 milioni, la metà del patrimonio. Dove ci sia tutta questa emergenza tanto da chiedere un taglio di 400 dipendenti quasi il 40% della forza lavoro in Italia non si comprende.
L’azienda, nel comunicato di annuncio degli esuberi, parla di crisi della divisione Cooking Italia in cui dal 2016 avrebbe cumulato perdite operative per 21,6 milioni di euro. E in effetti le perdite ci sono, ma più a livello finanziario che industriale dato che il margine operativo lordo (la differenza tra ricavi e costi industriali) della capogruppo (entity italiana) è sempre stato positivo in tutti 5 gli anni. Per l’azienda in ogni caso il dato “impone quindi l’improcrastinabile decisione di riorganizzare l’area Cooking Italia, rivedendo il suo footprint industriale, condizione necessaria a salvaguardare il futuro del Gruppo”. Ma a vedere le cifre dell’intero bilancio consolidato, i numeri e le attese di un 2021 più che brillante, questa salvaguardia del gruppo appare non messa affatto a rischio.
In realtà a scorrere i bilanci si scopre che l’area che va male da tempo è la branch cinese. La Zheliang Elica Putian Ltd ha perso, solo nel 2020, 5 milioni di euro su 10 milioni di ricavi e ha patrimonio netto negativo per 4 milioni. L’azienda conferma l’impatto negativo sia economico che finanziario della controllata cinese e afferma che grazie a politiche di ristrutturazione la Zheliang sarebbe andata a break even nel primo trimestre del 2021.
Ma Elica ha avuto problemi anche in un contenzioso estero con la Esperanca Eletrometallurgica in cui ha dovuto pagare una somma di oltre 4 milioni per chiudere la vicenda. In più sempre a livello finanziario Elica tra il 2019 e il 2020 ha dovuto spesare tra perdite e svalutazioni su crediti e accantonamenti per rischi la cifra cumulata di altri 4 milioni di euro. Più che la marginalità industriale che resta buona, sono le partite finanziarie a pesare sul risultato netto della società.
Ora si apre il lungo tavolo di trattative sugli esuberi per i 400 dipendenti, ritenuti in eccesso. Si parlerà di mitigare l’impatto con ammortizzatori sociali di ogni genere (in parte pagati dallo Stato). Il tutto per qualche punto di margine di profitto in più. L’azienda dice che ammette il forte recupero di marginalità ma spiega che non è strutturale e cita il fatto che le scorte di materia prima sono state fatte prima dell’impennata inflazionistica che però avrà impatti dal quarto trimestre del 2021 e che la domanda di beni non è ancora strutturale, ma è un rimbalzo. Sta di fatto però che i vertici hanno confermato agli analisti le stime sull’intero anno con i ricavi boom a 490 milioni e un utile operativo al 5,5% dei ricavi. Tanta salute per l’azienda, tante preoccupazioni per i lavoratori che andranno in esubero.