Christian Eriksen sta bene, è tornato a casa dopo l’operazione con cui gli è stato impiantato un defibrillatore automatico. E questa è la notizia più importante. Ma il suo caso non è ancora finito. C’è il lato umano, l’unico che in fondo conta davvero, con le manifestazioni d’affetto da tutto il mondo e il sospiro di sollievo per il pericolo scampato. Ma poi c’è il lato sportivo, con la carriera a rischio e i tanti interrogativi sul futuro. E c’è anche il lato finanziario, che riguarda l’Inter, che rischia di perdere uno dei suoi campioni più importanti. Cosa succede quando a un calciatore viene diagnosticata una malattia che gli impedisce di proseguire temporaneamente (si spera) o definitivamente (nessuno se lo augura) l’attività agonistica? È quello che si chiedono un po’ tutti i tifosi nerazzurri. Perché la prima preoccupazione era e resterà sempre la salute di Eriksen, ma per l’Inter quanto capitato al campione danese sarà sicuramente un duro colpo. Dal punto di vista sportivo, perché perde almeno temporaneamente uno dei suoi pezzi più pregiati, e quindi, di conseguenza, anche da quello economico.

È presto per dire se Eriksen potrà continuare a giocare. Di certo, secondo la normativa, con il defibrillatore che gli è stato impiantato non potrebbe farlo in Italia (mentre è concesso all’estero, come dimostra il caso dell’olandese Blind). Al momento l’Inter deve fare i conti con l’indisponibilità del calciatore, e le ricadute finanziarie di questa assenza. A partire dallo stipendio: Eriksen è uno dei calciatori più pagati della rosa e della Serie A, con i suoi 7,5 milioni di euro netti a stagione (circa 10 lordi, grazie alle agevolazioni fiscali sugli stranieri). A termini di regolamento, dopo 6 mesi consecutivi di inattività, il club può chiedere la risoluzione del contratto (o una sua riduzione). Dunque sulla carta l’Inter dovrà pagarlo almeno fino a dicembre. Qui poi intervengono le varie assicurazioni. Quella obbligatoria, prevista dal contratto collettivo e stipulata per ogni professionista, ha come beneficiario il calciatore (che si vede riconosciuto una parte dello stipendio, un indennizzo o una rendita a seconda dei casi). Insomma, appena verrà definita la casistica in cui rientra Eriksen (inabilità temporanea o definitiva?) la questione salariale dovrebbe risolversi, senza troppe ricadute per entrambe le parti.

Diverso, invece, il discorso per il valore del calciatore. C’è un fondo Uefa destinato all’indennizzo ai club per i loro calciatori infortunati durante le partite internazionali, ma non è questo il caso. Dunque la perdita per l’Inter rischia di essere pesante. A meno che la società non abbia stipulato un’assicurazione anche “patrimoniale”: è una polizza che copre non solo lo stipendio ma anche il “cartellino” del giocatore, esiste nel mondo nel calcio anche se non è particolarmente diffusa, varia da club a club e anche da calciatore a calciatore, quindi non è possibile sapere se per Eriksen ne sia stata prevista una e di che entità. Generalmente questo tipo di assicurazione copre il valore a bilancio del giocatore, il suo ammortamento. Che però nel caso di Eriksen è basso, essendo arrivato il giocatore quasi a parametro zero: al 30 giugno 2021 saremo sotto i 20 milioni di euro, quindi comunque molto meno del valore di un giocatore del suo calibro. Senza contare altre variabili, come la possibilità che Eriksen possa essere considerato idoneo all’attività all’estero e non in Italia: in quel caso l’Inter sarebbe praticamente costretta a lasciarlo andare. E nell’immediato, comunque dovrà sostituirlo. Quasi impossibile, per uno come lui.

Twitter: @lVendemiale

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