di Jakub Stanislaw Golebiewski
In qualità di Presidente dell’associazione Padri in Movimento, sono stato invitato a partecipare alla manifestazione davanti Montecitorio “Sui bambini non si PASsa” contro la Pas (Sindrome da alienazione parentale) e il prelievo forzoso dei bambini dalle famiglie da parte delle Istituzioni. Ero l’unico uomo, unico padre separato in una piazza rovente e stracolma di donne, mamme piene di dolore e sofferenza. Cosa può fare un padre, oltre a commuoversi ed emozionarsi, per cercare di cambiare questa situazione assurda che vede coinvolte umanamente tantissime madri come anche tanti padri ma soprattutto innocenti bambini?
Sicuramente deve promuovere un cambiamento per accelerare una necessaria ed indispensabile evoluzione culturale sul tema, abbattendo da una parte stereotipi che causano discriminazioni e violenze sulle donne, dall’altra pregiudizi che ingabbiano gli stessi uomini. Lo auspico da tempo questo cambiamento nelle relazioni tra donne e uomini, a partire dalla condivisione del lavoro di cura dei figli che oggi grava soprattutto sulle spalle delle madri con disparità di tempi che non ha eguali in Europa.
Qualche dato: in Italia, le donne svolgono 5 ore e 5 minuti di lavoro di assistenza e cura al giorno mentre gli uomini solo 1 ora e 48 minuti. Le donne si fanno carico del 74% del totale delle ore di lavoro non retribuito di assistenza.
Anche per queste ragioni sostengo e chiedo un maggiore coinvolgimento paterno nel lavoro di cura, che però non può essere preteso solo dopo una separazione, con la richiesta di tempi paritari, mantenimento diretto o imposto come un dogma, indipendentemente dalla capacità di accudimento, come pretendeva di fare il senatore Simone Pillon con il ddl 735.
Ci tengo a precisarlo, per me la parola bigenitoralità non è una parolaccia, ha un significato profondo, anche se oggi questo principio, legato alla L. 54/2006 è diventato strumentale a riaffermare con prepotenza la centralità del pater familias, secondo un paradigma patriarcale che pensavo avessimo definitivamente archiviato. I tentativi di restaurazione di un patriarcato ancora più aggressivo si possono leggere sui quotidiani, sfogliando le pagine di cronaca nera. Il principio sano è stato manipolato e bigenitoralità oggi si traduce in controllo paterno sulla ex moglie o compagna, impunità per le condotte agite durante la relazione, sollevazione da qualsiasi responsabilità genitoriale diretta o indiretta, perché “la colpa è sempre dell’altro genitore”, quello accudente.
La bigenitorialità resta comunque un valore prezioso quando inteso come responsabilità e coinvolgimento nel lavoro di cura dei padri e non deve trasformarsi in pretesa dopo la separazione perché essere padri è servizio, non esercizio di potere! Un figlio non è possesso, non è un oggetto che può essere prelevato da casa, sottratto ai suoi legami affettivi e amicali, al suo mondo e ai suoi luoghi, segregato in case famiglie, e sottoposto a “resettaggio” o a terapia della minaccia per poi essere riconsegnato ad un legittimo possessore in nome della bigenitorialità.
La bigenitorialità non può assolutamente prevalere sul benessere psicofisico del minore e il diritto alla bigenitorialità non può spingersi oltre il rifiuto del minore di incontrare l’altro genitore e lo stabilisce la Cassazione con l’ordinanza n° 11170 del 23 aprile 2019 in cui chiarisce che la bigenitorialità può essere esercitata anche in accezione negativa, significando che un minore, con capacità di discernimento, ovvero che ha capacità di agire ragionevolmente, in grado di comprendere la portata delle proprie azioni e di comportarsi di conseguenza, ha diritto anche a “non mantenere” un rapporto continuativo con un genitore.
E’ una pronuncia storica, che si aggiunge a quella recente sulla Pas che mettono in luce come il principio alla bigenitorialità, sia posto a tutela, innanzitutto, dei figli e non solo dei genitori.
Bambini, bambine, adolescenti sono persone, non cose su cui imprimere un marchio o piegare ad un tributo di amore che non si è stati capaci di ispirare. Dobbiamo comprendere che non si può estorcere l’amore da un figlio. Per esperienza personale posso assicurare che non c’è manipolazione che possa essere messa in atto se un padre è stato amorevole, empatico e presente e, se ci sono casi di madri ostative, bene, questi vanno opportunamente approfonditi con serietà e competenza, distinguendo caso per caso, tutelando sempre e comunque i figli.
I tribunali, che decidono le nostre sorti, qualora si presentino casi presunti o di reale manipolazione innescata da un conflitto, hanno il dovere di intervenire con rispetto ed etica in aderenza a leggi e trattati internazionali in vigore, per aiutare chi è in difficoltà nell’attraversare una dolorosa, traumatica e violenta separazione.
I figli però non devono pagare sulla loro pelle le separazioni e le istituzioni non possono tagliare in due i bambini per sciogliere un nodo gordiano che non hanno la capacità di slegare, affidandosi troppo spesso a cialtroni ed azzeccagarbugli che spacciano per scienza costrutti mai validati dalla comunità scientifica, come la Pas.
Ed è questa l’arma pericolosissima, la Pas, con la quale gli incapaci sottraggono definitivamente e violentemente i figli alle madri, con la complicità di un sistema ben rodato e noto ormai da tempo. Il rifiuto del bambino non viene indagato e la Pas si trasforma in violenza istituzionale con interventi traumatici. A questo punto mi chiedo: quale padre può volere questo per il proprio figlio se non un padre che si pensa padrone, possessore di un figlio, un pater familias?
Tutto ciò è inammissibile in un Paese che si dica civile ed è inaccettabile per le scelte di un uomo che si definisce padre. Oggi però i tempi sono maturi per una nuova sensibilità, una maggiore attenzione al problema e non dobbiamo cessare di battere il ferro finché è caldo. E’ fondamentale in questo momento continuare a denunciare le storture di un sistema che passa come un Caterpillar sulle donne, quelle che vogliono proteggere i figli da violenze e abusi, sui bambini, quelli che chiedono di vivere in serenità e amore con chi li accudisce, e anche su quei padri, come me e tanti altri nella mia associazione, che pagano un prezzo troppo alto a causa di uomini violenti, anaffettivi, pericolosi che impugnano la bigenitorialità come una spada per colpire solo madri e figli. I figli vanno posti al centro dell’interesse e non a margine del disinteresse istituzionale.