Dopo il blitz di 500 agenti della polizia di Hong Kong nella sede del giornale pro-democrazia Apple Daily avvenuto ieri, oggi le copie del tabloid sono andate a ruba in tutte le edicole del territorio autonomo nel Sudest della Cina. Nonostante le 500mila copie date alle stampe, invece delle consuete 80mila. Una grande manifestazione di solidarietà dunque verso la testata, e un segnale di preoccupazione per lo stato di salute della libertà dei media. Alcune edicole del centro hanno annunciato il tutto esaurito già nelle prime ore del mattino. La prima pagina è dedicata proprio al raid della polizia e viene sottolineato anche l’avvenuto sequestro di 44 dischi di memoria come prova per l’indagine su eventuali attacchi all’autorità cinese. Da giugno 2020 è la prima volta che la nuova legge sulla sicurezza nazionale investe gli articoli di un giornale. Durante la retata, il direttore Ryan Law e i vertici della società editrice Next Digital, sono stati arrestati. E gli agenti hanno disposto il blocco di qualsiasi bene di proprietà dell’azienda per un valore di 2,3 milioni di dollari.
Lanciato 26 anni fa, il giornale raccoglie interventi a favore della democrazia nell’ex colonia britannica e pubblica inchieste sul potere, oltre a gossip e curiosità sulle celebrità. Ma non è la prima volta che la polizia fa irruzione all’interno della redazione: lo scorso anno un altro blitz aveva portato all’arresto del fondatore del quotidiano Jimmy Lai, attivista per la democrazia che non ha mai mancato di criticare aspramente il governo di Pechino. Anche in quell’occasione, il giornale aveva mandato in stampa un numero molto più alto di copie in segno di protesta. Non sono mancati gli appelli per il rilascio da parte della comunità internazionale. Per l’Ue e il Regno Unito l’azione conferma come la Cina non si stia occupando di sicurezza pubblica quanto di reprimere il dissenso. Mentre secondo gli Stati Uniti, che hanno chiesto il rilascio immediato del fondatore, del direttore e dei vertici arrestati, l’impiego “selettivo” della legge ha preso “arbitrariamente” di mira i media indipendenti. Il blitz si inserisce, infatti, in un contesto di repressione delle proteste a favore di una maggiore democrazia scoppiate a Hong Kong nel corso del 2019 a denuncia di come la Cina non abbia rispettato il principio “un Paese, due sistemi”, previsto per garantire all’ex colonia britannica lo status amministrativo speciale per un arco di tempo di cinquant’anni (ne sono ventiquattro) dal 1997, data del trasferimento di sovranità dalla Gran Bretagna a Pechino.