Cinque euro all’ora contro 9 o 10. Ottocento euro lordi al mese contro i 1.300 previsti dal gradino più basso del contratto nazionale trasporti e logistica, che salgono anche a 1.800 – al netto dei premi di produzione – per chi ha maggiori qualifiche ed esperienza. Ci sono questi numeri, e la difesa di diritti acquisiti con fatica, dietro la nuova ondata di proteste e scioperi organizzati in tutta Italia dai Si Cobas, sfociati a Tavazzano in pesanti scontri su cui indaga la procura di Lodi e a Biandrate nella morte del sindacalista Adil Belakhdim, investito da un camion che ha forzato il blocco davanti al deposito Lidl. Da quando il sindacato intercategoriale si è affermato nel settore, le condizioni di lavoro e salariali nei magazzini in cui è la sigla più rappresentativa sono migliorate di gran lunga. Risultati che sono andati di pari passo con un forte aumento delle iscrizioni a scapito dei confederali e, in diversi casi, un’escalation di tensione con i big della logistica per cui gli hub lavorano. In parallelo si è mossa anche la magistratura, con inchieste eclatanti come quelle che hanno portato al commissariamento di Ceva Logistics Italia nel 2019 e più di recente al sequestro da 20 milioni a carico di Dhl Supply Chain Italy. Dimostrazione che il Far West delle cooperative spurie e del dumping salariale è tutt’altro che superato, in un settore che occupa 1 milione di persone.
“Nel 2012-2013 le condizioni nel settore erano schiavistiche“, racconta Tiziano Loreti del Si Cobas Bologna. “In molte cooperative si lavorava 14-15 ore al giorno a 700-800 euro e i faccini dormivano in macchina o direttamente nel magazzino. E’ in quel momento che abbiamo iniziato a fare una battaglia per i salari e i diritti“. Vuol dire pretendere il passaggio da contratti pirata o ccnl famigerati come il “multiservizi” o il “servizi fiduciari” (che prevedono paghe addirittura di 3,50 euro l’ora) a quello della logistica. E poi negoziare sui buoni pasto – “siamo arrivati a 8 euro, quando arriviamo in un nuovo magazzino li facciamo alzare gradualmente, subito a 5,90 e poi 7″ -, sul pagamento al 100% della malattia, su ferie e Tfr, sui premi di produzione, sull’assunzione a tempo indeterminato dopo 18 mesi di precariato. “In pochi anni abbiamo almeno raddoppiato gli stipendi. Nell’hub Tnt di Bologna, dove abbiamo una maggioranza schiacciante, oggi i lavoratori prendono anche 1800-1900 euro con orari normali, non 13 ore. E se ci sono picchi di produzione si contratta, come abbiamo fatto l’anno scorso per affrontare il rischio contagio. Ma in altri magazzini che sono stati aperti all’Interporto c’è chi si ferma ancora a 700-800 euro e magari fa straordinari non pagati“. Condizioni simili a quelle descritte ora dai lavoratori del centro logistico Lidl di Biandrate, che al fattoquotidiano.it hanno riferito di “straordinari assegnati come fossero un premio, per chi corre come un matto e non fa storie, abbassa la testa”.
I Si Cobas, nati nel 2010, chiamano in causa non solo i committenti (“nessuno è innocente”) ma anche Cgil, Cisl e Uil, che non hanno saputo o voluto intercettare le esigenze delle migliaia di lavoratori stranieri attivi nel settore, i più soggetti al ricatto dei contratti da pochi euro l’ora. E ora – come successo nel sito FedEx-Tnt di Padova – sono accusati di accettare accordi al ribasso con l’effetto collaterale di ridurre la presenza di lavoratori iscritti alla sigla più “conflittuale”. “Hanno scelto prima la concertazione e ora la cogestione: si siedono con i padroni e decidono cosa fare, hanno espunto il conflitto dal loro vocabolario mentre per noi è l’essenza della contrattazione“, continua Loreti. “Portiamo legalità, contratti decenti, stipendi importanti soprattutto perché parliamo molto spesso di famiglie monoreddito: è chiaro che questo per i committenti (i big della logistica che possiedono o prendono in affitto i magazzini ndr) è un problema. Sono interessi contrapposti”. La politica? Immobile, al netto delle “lacrime di coccodrillo che tutti versano oggi, a partire da Draghi. Ma sono mesi che aspettiamo che il ministro Giorgetti ci incontri al Mise sul caso della chiusura dell’hub FedEx di Piacenza. Quanto al ministro del lavoro Orlando, ci ha visti solo quando è stato costretto perché abbiamo occupato la sede del Pd”.
Proprio da Piacenza Mohamed Arafat, coordinatore provinciale Si Cobas e membro della segreteria nazionale, che è stato tra i fermati per le proteste e i picchetti precedenti la chiusura del sito di Piacenza, aggiunge un altro tassello: “Noi siamo riusciti in molti casi a cambiare situazioni di evasione totale, con pagamenti in contanti e busta paga in cui il lavoratore figurava in aspettativa…ma abbiamo pagato con denunce e repressioni. Ma si continuano a fare passo indietro: il rinnovo del Contratto nazionale della logistica firmato dai confederali è peggiorativo, tra il sesto e il quinto livello di inquadramento ne è stato aggiunto uno intermedio che allunga da 18 mesi a tre anni i tempi per salire di grado e avere l’aumento orario. La vacanza contrattuale è poco più di 200 euro e gli scatti di anzianità ridicoli”. E c’era proprio quell'”accordo bidone”, insieme alla richiesta di un tavolo di trattativa sui licenziamenti Fedex-Tnt, tra i punti al centro della mobilitazione indetta per oggi da Si Cobas, Adl Cobas e Usb Logistica. Adil Belakhdim, che aveva lavorato alla Tnt di Peschiera Borromeo e ora era in distacco sindacale, era a Biandrate per partecipate il picchetto davanti al magazzino Lidl. In un audio inviato giovedì sera invitava gli altri a partecipare per poi spostarsi a Roma per la manifestazione di sabato.